Volkswagen, la Cina e la scomparsa dell’auto europea
La decisione del gruppo tedesco di produrre in Asia la nuova generazione di auto elettriche rivela il rischio di desertificazione del settore in Europa. Gli imprenditori del Nord Est suonano l’allarme

Il sorpasso è avvenuto da tempo. E, per tentare di recuperare terreno, c’è chi prova a correre anche su un altro circuito. Volkswagen ha avviato la produzione di auto elettriche interamente realizzate in Cina, nel centro di Hefei. Destinate al momento al solo mercato asiatico, le auto saranno prodotte a costi inferiori del 50% rispetto a quelli sostenuti in Germania. Un tentativo di recuperare competitività rispetto ai produttori cinesi che, non solo sull’elettrico, dettano ormai il passo a livello globale.
Nel primo semestre del 2025 la produzione automobilistica globale è aumentata del 3,5%, raggiungendo i 37,7 milioni di vetture. A guidare la crescita è ancora una volta l’Asia, che contribuisce per oltre il 60% e rappresenta quasi la metà di tutte le immatricolazioni di auto nuove. L’Europa si ferma al 15,9%. Nei primi sei mesi dell’anno nel Vecchio continente sono state costruite 5,9 milioni di auto, in calo del 2,8% rispetto allo stesso periodo del 2024. La Germania si conferma primo produttore con una quota del 35,2%. Fanalino di coda l’Italia: il primo semestre ha fatto segnare un meno 33%, con appena 136 mila unità prodotte.
Se l’Europa arranca, la Cina corre. Nel Paese la produzione è cresciuta del 12%, sfiorando i 13 milioni di veicoli nei sei mesi, trainata dai sussidi governativi, dalla ripresa della domanda interna e dall’aumento delle esportazioni. Non a caso il Dragone è oggi la principale fonte di importazione di auto nuove nell’Ue: nei primi sei mesi del 2025 la crescita è stata del 36%, con 465 mila vetture arrivate in Europa. Oltre un quarto delle importazioni totali da Paesi extra Ue.
«La decisione di Volkswagen ha fatto scalpore, ma di fatto i costruttori cinesi sono presenti già da tempo sui mercati occidentali con prezzi concorrenziali. E anche la qualità dei veicoli prodotti in Cina è ormai paragonabile a quella occidentale». Enrico Carraro, presidente di un gruppo da 736 milioni di euro nel 2024, segue da tempo un approccio local for local. Tra i nove stabilimenti attivi nel mondo, il gruppo di Campodarsego specializzato in sistemi di trasmissione per trattori e veicoli off-highway ne conta uno anche in Cina. «Abbiamo uno stabilimento con 300 persone che serve il mercato domestico, ma continuiamo a produrre anche in Europa. In Friuli, a Maniago, abbiamo linea di produzione di componentistica per veicoli stradali».
Al di là dei timori sull’arretramento del vessillo europeo, per Carraro servire quei mercati può rivelarsi un’opportunità per la componentistica italiana. «Il settore, come quello dell’automotive, subirà dei profondi mutamenti nei prossimi anni, ma poi si arriverà a un livellamento: certi prodotti saranno più convenienti se realizzati in Cina, altri se fatti in Europa. A noi come Italia conviene investire in prodotti ad alto contenuto di ricerca per riuscire a competere».
Produrre su altri mercati potrebbe, dunque, rivelarsi una carta vincente non solo per i grandi come Volkswagen, ma anche per i nostri campioni della componentistica. «Noi ci siamo riusciti perché avevamo una dimensione che ci permetteva di farlo. Il problema si pone per le aziende più piccole non hanno la possibilità di fare questo tipo di espansione e spesso neppure quella di investire in ricerca e sviluppo», sottolinea Carraro, che vede spiragli positivi per il settore dopo due anni di guerre e crisi del mercato tedesco. «Sembra che adesso ci troviamo sulla flat zone, la zona piatta finale del calo. Si può intravedere un’inversione di tendenza positiva verso la metà del 2026».
Non è stupito dalla decisione del gruppo tedesco Lorenzo Terraneo, ad della goriziana Miko, azienda produttrice della microfibra Dinamica che ha proprio nell’automotive la sua destinazione principale. «È una conseguenza del boom del mercato elettrico in Cina. Noi stessi stiamo lavorando molto sui veicoli elettrici anche in Europa. Altro sarebbe l’impatto se si producessero in Cina auto per il mercato europeo», ragiona l’ad.
La società, che ha da poco mandato in archivio un 2024 da 184 milioni di ricavi, in crescita del 10%, è parte di un gruppo presente anche in Usa e Cina. «Per chi come noi è già fornitore di Volkswagen potrebbe essere un’opportunità: può darsi che ci chiedano di fornire materiale anche per le auto prodotte in Cina. Nel nostro caso, poi, ci sarebbe il vantaggio di un gruppo che produce già sul posto».
D’altronde, anche in un settore di nicchia come quello dei rivestimenti per auto la concorrenza cinese si comincia a sentire. «È un rischio per la filiera. Così come il fatto che in Europa si facciano sempre meno macchine: vediamo i piani produttivi da qui a cinque anni e tutti i grossi gruppi prevedono di produrre meno. Per fortuna ci sono anche tante case automobilistiche nuove arrivate in Europa, soprattutto giapponesi, ma anche la Tesla in Germania e Byd, il grosso gruppo cinese che produrrà in Ungheria. L’arrivo di nuovi marchi può aprire nuove opportunità».
È più pessimista sulle prospettive dell’auto europea Luca Businaro, ad della montebellunese Novation Tech – 117 milioni di ricavi consolidati nel 2024 - specializzata nella lavorazione di materiali compositi e fibra di carbonio, da sempre partner strategico per l’industria automobilistica europea. «L’auto europea forse non sta scomparendo, ma rischia di sparire se l’Europa non si sveglia».
Per Businaro la mossa della Volkswagen è diretta conseguenza di due fattori: la decisione cinese di agevolare il più possibile la produzione locale di auto elettriche, bloccando le vendite di veicoli europei, e la scelta dell’Unione europea di spingere sull’elettrico imponendo alle case produttrici di seguire una strada non ancora matura. «Competere sull’elettrico è una partita difficilissima e a oggi saremmo perdenti», avverte Businaro. «L’auto elettrica è prettamente cinese perché i cinesi hanno investito 20 anni fa su queste tecnologia e sulle terre rare. Ora la norma europea (che fissa al 2035 lo stop alle auto a benzina e diesel, ndr) ha imposto alle case automobilistiche di bilanciare la vendita tra auto a motore endotermico e auto elettriche. È una norma assurda, perché non si possono rispettare le quote di auto elettriche e di conseguenza non si possono produrre altre auto a motore endotermico».
Germania e Italia chiedono da tempo di rivedere la normativa e il nostro Paese, insieme a Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Bulgaria ha chiesto formalmente una correzione di rotta sul regolamento, parte del pacchetto Fit for 55. La tanto attesa revisione era attesa per il 10 dicembre, giorno in cui la Commissione avrebbe dovuto presentare un piano di misure per il rilancio del settore. Tutto rinviato, invece, almeno stando alle dichiarazioni del commissario ai Trasporti, Apostolos Tzitzikostas, che ha parlato di uno slittamento di qualche settimana per presentare «un pacchetto automobilistico che sia veramente completo e includa tutti gli aspetti necessari». Intanto l’auto europea aspetta. Sperando di non finire, dalle retrovie, direttamente fuori strada.
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