Tenuta Della Casa apripista nella corsa ai vini resistenti ai cambiamenti climatici
Renato Della Casa punta sul progetto Piwi, al quale aderiscono otto aziende del Nord Est

“Resistenti quando sono piante e uva, resistenti quando diventano vino”: recita il motto del progetto Piwi (acronimo che deriva dal tedesco, e significa resistente). Dietro al progetto guidato da Nicola Biasi, eccellenza tra gli enologi, i vini del futuro, in grado di sfidare il cambiamento climatico.
Otto le aziende agricole, che operano nel Nord Est tra Fvg, Veneto e Trentino che hanno aderito alla sfida che sta dando risultati soprattutto sul fronte della qualità. Le varietà Piwi, non riconosciute dalle certificazioni Doc (come il Collio) sono ottenute incrociando cloni di viti classiche (Sauvignon, Chardonnay, Tocai o Merlot) con viti asiatiche o americane, con un obiettivo: renderle resistenti ad alcune delle principali malattie. Che si fanno sentire sempre di più con il mutamento del clima.
I risultati si stanno facendo tangibili: per le uve dei vini Piwi si è passati dai 25-30 trattamenti all’anno di antiparassitari a 0-4, con grande risparmio di acqua (decine di ettolitri a ogni trattamento), dei consumi di gasolio dei macchinari agricoli, e di Co2. Due le aziende in Fvg, Albafiorita a Latisana e la Tenuta Della Casa di Cormons. Le altre sono Cà da Roman a Vicenza, Colle Regina a Farra di Soligo nel trevigiano, Poggio Pagnan di Mel e Villa Di Modolo a Castions nel bellunese, Vigneti Vinessa a Lumini di San Zeno di Montagna nel veronese, e Vin De La Neu a Coredo, Predaia-Trento.
Tra i protagonisti una figura di rilievo come Renato Della Casa che guida l’omonima Tenuta. Per vincere la sfida dei vini Piwi ha deciso di mollare tutto, a cinquant’anni dopo 26 da direttore generale delle Assicurazioni Generali a Bruxelles. È tornato alle origini per dare nuova vita all’azienda agricola fondata dai genitori (40 anni fa) passando ai vini di qualità “resistenti”. «Mi sono messo a fare tutt’altro - racconta - anche se con un bagaglio sulle spalle carico di capacità di visione progettuale».
L’azienda produce il vino dal 2019, ma è ancora una startup: investimenti di alcuni milioni di euro, fatturato di alcune centinaia di migliaia, 5 dipendenti fissi che diventano 20-25 quando la stagione lo richiede. Un’azienda immersa in un bosco sul Collio tra i vigneti a Novali, a pochi passi dalla Slovenia e da Cormons che è anche agriturismo con otto camere e un’area naturale dedicata alla fattoria didattica utilizzata da due scuole (Montessori e Steiner).
“Sinfonia”, un bianco, e “Opera” un rosso, i due vini Piwi prodotti accanto ad altri assemblaggi di vitigni autoctoni. Tutti con nomi musicali “gli accordi del Collio” visto che Renato ha studiato pianoforte al Conservatorio e ha dato il nome “La Pausa del Collio” alla tenuta. Tante le innovazioni, la principale è la cantina (unica in Fvg) con vasche di cemento non vetrificato che “respirano”. Gioielli di produzione italiana, ma utilizzate soprattutto dai francesi.
«Fare vino è qualcosa di bellissimo, caratterizza la storia dell’Italia e dell’umanità - conclude Della Casa - ma la produzione non può essere una causa del declino ambientale. Bisogna pensare al futuro e al mondo, che lasceremo ai nostri figli che dovranno godere delle stesse bellezze di cui godiamo noi. Impossibile smettere di fare vino, è necessario trovare tutte le soluzioni per continuare nel totale rispetto della Natura e dell’essere umano. I vini Piwi attualmente sono forse la soluzione migliore per garantire la sostenibilità ambientale, non si riesce con altri metodi. Sono i vini per vincere la sfida del cambiamento climatico».
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