Rizzani De Eccher, ora i creditori possono chiedere l’insolvenza

Il Tribunale di Trieste non ha concesso la proroga delle misure di protezione. Respinta la richiesta del gruppo: «Non ci sono prospettive concrete di accordo»

Luca Piana

La crisi finanziaria del gruppo Rizzani De Eccher, una delle maggiori imprese di costruzioni rimaste nel Nord Est, entra in una nuova e più difficile fase. L’11 dicembre, infatti, il Tribunale di Trieste ha respinto la domanda di estendere nuovamente le misure di protezione nei confronti dei creditori, che arrivavano a scadenza il giorno successivo e che hanno finora impedito ricorsi in via giudiziaria per ottenere una dichiarazione d’insolvenza.

La decisione firmata dal giudice della sezione specializzata in materia d’impresa, Francesco Saverio Mozzato, che potrebbe ora riaprire le porte alle richieste dei creditori, giunge esattamente un anno dopo l’annuncio della firma dell’operazione di riassetto che, sulla carta, avrebbe dovuto mettere in salvo un gruppo con oltre 2.000 addetti, impegnato in cantieri di grande importanza, dal rifacimento dell’ospedale Cattinara di Trieste alla bretella dell’Alta Velocità per l’aeroporto di Venezia, dal raddoppio della ferrovia Palermo-Catania alla costruzione di dieci cavalcavia sulla A4 fra San Donà e Portogruaro.

Il 16 dicembre 2024, infatti, era stato firmato l’accordo definitivo per il cambio degli assetti proprietari del gruppo, un passaggio che doveva affidare il ruolo di perno finanziario dell’operazione a un fondo specializzato in operazioni di ristrutturazione, gestito da Sagitta Sgr. Per effetto dell’accordo era stata creata una nuova società, battezzata Construction Holding, nella quale il fondo aveva il 76 per cento del capitale, mentre il resto era suddiviso fra i due fratelli Marco e Claudio de Eccher, da sempre il volto dell’azienda.

Pochi giorni prima, il 9 dicembre, il tribunale di Udine aveva omologato l’accordo di ristrutturazione del debito del gruppo friulano e, di conseguenza, il percorso di rilancio che era stato predisposto: «Grazie al nuovo management e al rafforzamento finanziario, l’azienda guarda al futuro con ottimismo», diceva un comunicato diffuso all’epoca da Sagitta, che sottolineava il sostegno garantito dagli istituti bancari, a cominciare da Intesa Sanpaolo e UniCredit, nonché da istituzioni come la Sace.

I fatti, in realtà, hanno iniziato a non andare secondo le attese già nel giro di qualche settimana, dimostrando la non sostenibilità del piano omologato a dicembre. Il 18 febbraio di quest’anno, a meno di due mesi dalla nomina, ha infatti rassegnato le dimissioni Alberto Franzone, l’amministratore delegato che era stato scelto da Sagitta per guidare il rilancio, seguito a maggio dal nuovo direttore finanziario Massimo Sala. Nel frattempo, il 9 aprile, Rizzani De Eccher ha presentato una nuova istanza di composizione negoziata della crisi, cercando nuovamente la protezione dai creditori con la motivazione di dover ultimare il risanamento.

Questa seconda fase della crisi, deflagrata in maniera tanto repentina, ha portato alla stesura di un nuovo piano di rilancio, elaborato a cavallo dell’estate. Il nuovo piano prevedeva la costituzione di una ulteriore società (“newco”), che avrebbe dovuto acquistare le attività operative più importanti (“core”) da Rizzani De Eccher, che sarebbe andata invece incontro alla liquidazione. Per garantire la liquidità necessaria per compiere l’operazione, Construction Holding avrebbe garantito alla newco risorse per 55 milioni, in parte messe a disposizione di tasca propria, in parte coinvolgendo altri investitori.

È in quest’ambito che, probabilmente, vanno inquadrati gli approcci fatti con potenziali partner pubblici come Invitalia e Friulia, di cui sono circolate indiscrezioni nei mesi scorsi. Il piano prevedeva una manovra molto articolata anche sul debito del gruppo, che ammonterebbe a circa mezzo miliardo di euro, con trattamenti differenziati per i creditori strategici, quelli non strategici assistiti da particolari garanzie, e gli altri.

Passati i 240 giorni previsti dal codice, al momento di prolungare la protezione dai creditori, il Tribunale di Trieste ha però valutato che l’ulteriore tempo dato a Sagitta e a Rizzani De Eccher per uscire dallo stallo non sia stato utile: «Lo stesso ricorso (quello presentato dal gruppo, ndr) dà atto che non sono ancora stati stipulati accordi vincolanti con i creditori finanziari, né vengono indicati passaggi negoziali determinati – per tempi, contenuti e controparti – tali da conferire alla prospettiva di risanamento un grado di concretezza significativamente maggiore rispetto al quadro già vagliato in occasione dei decreti che hanno concesso e via via prorogato le misure protettive», ha scritto il giudice, osservando che nel frattempo non sono emersi fatti tali da giustificare «una ulteriore compressione dei diritti dei creditori oltre il limite temporale imposto dal legislatore».

Riproduzione riservata © il Nord Est