Prima di tutto la fabbrica, addio a Paolo Marzotto

PADOVA - Tosto e duro, simpatico e buono: messi così, suonano come gli identikit di due persone diverse, perfino opposte. Non nel caso di Paolo Marzotto, nel ricordo di chi gli è stato a lungo vicino e l'ha conosciuto bene. Una figura complessa, quella dell'imprenditore scomparso l'altro ieri a Vicenza, capace di declinare la dimensione imprenditoriale con quella del rapporto umano, la passione per l'economia con quella per l'arte, la prudenza nell'amministrare con il gusto della sfida.
Personaggio eclettico, è stato definito: un aggettivo che ne rende in pieno la dimensione, e che ne ha contraddistinto le scelte fino all'ultimo. Ancora un mese fa, sulla soglia dei 90 anni, si era speso in prima persona assieme alla moglie per gli anziani delle case di riposo, messi a rischio dalla pandemia provocata da Covid.Un percorso del più classico vecchio Veneto, il suo, maturato a partire dalla gavetta sul campo malgrado fosse incardinato in una delle più prestigiose e collaudate dinasty imprenditoriali.
Fin dai 18 anni (in un'epoca in cui la "laurea" della maturità avveniva ancora ai 21), il papà Gaetano junior l'aveva mandato al fronte in fabbrica assieme al fratello Pietro. Lo ricordava lui stesso, e con soddisfazione: «Ci immerse da subito negli affari, era deciso, ci diceva cosa fare e dove andare». Erano gli anni dell'immediato secondo dopoguerra, in un Veneto messo in ginocchio da due conflitti mondiali in meno di trent'anni, dove tutti avevano pagato dazio alle devastazioni, inclusa una potenza come quella dei Marzotto. Ma quella "fase due" venne affrontata con grande determinazione, portando la regione dalla miseria al benessere nell'arco di appena un paio di generazioni.
Quel "tosto e duro, simpatico e buono", Paolo l'aveva maturato sul campo, nel rapporto umano che è stato uno degli ingredienti del tanto decantato "miracolo veneto". E anche questo ci teneva a sottolinearlo: «Essere imprenditori, allora, significava tra le altre cose stare in fabbrica curando un rapporto costante con i dipendenti. Così riuscivi a cogliere molti dettagli importanti. Oggi il contatto è molto meno personale».
Lo raccontava con orgoglio, spiegando quanta soddisfazione gli desse il fatto che «ancora adesso, a distanza di tanti anni, ci sono ex dipendenti che si ricordano di me e mi salutano con affetto». Ma il suo impegno non si era limitato alla casa-madre: aveva ricoperto numerosi ruoli su vari fronti industriali, rivestendo ruoli di primo piano. Certo, aveva dovuto attraversare anche momenti molto duri, specie all'inizio degli anni Duemila, con la traumatica rottura in casa per le radicali divergenze sulle strategie aziendali con il fratello Pietro; a seguito delle quali quest'ultimo nel 2004 aveva ceduto il proprio pacchetto azionario, chiudendo del tutto la partita con una scelta che aveva avuto il rumore di una deflagrazione: «Si erano irrimediabilmente deteriorati i rapporti all'interno dell'azionariato familiare», annota l'economista Giorgio Roverato, il più autorevole studioso delle vicende della dinasty veneta.
Anche Paolo aveva girato pagina, ma senza rinunciare alla passione del fare impresa, anzi: già da qualche anno si era dedicato alla produzione di vini in una tenuta del Palermitano, con un successo testimoniato dai numeri. Nel giro di una quindicina d'anni, aveva portato le 500 bottiglie annue iniziali a 450mila, con un fatturato di 3 milioni. Senza trascurare l'omaggio alle radici: a una delle sue collezioni vinicole aveva assegnato l'etichetta di "Agnus", con un richiamo alla sua terra natale, la vicentina Valle dell'Agno.
E se in passato aveva coltivato una passione di famiglia come l'automobilismo da competizione, vincendo pure numerose e prestigiose gare, poi si era tuffato con altrettanta dedizione nella coltivazione del bello, mettendo assieme nella sua villa di Monte Berico a Vicenza una collezione di quadri e sculture di assoluto rilievo; e aveva praticato la nobile arte del mecenatismo, a partire dal generoso sostegno alle attività della Fondazione Marzotto e a quelle di Progetto Musica, per non parlare dell'attivo impegno a difesa del patrimonio artistico e architettonico.Non si era dedicato alla politica attiva, anche qui d'altra parte uniformandosi a una sostanziale tradizione di famiglia: i Marzotto avevano dato solo tre esponenti al Parlamento italiano, due dei quali nel periodo monarchico e prefascista, Gaetano senior e suo figlio Vittorio Emanuele (peraltro con quattro mandati ciascuno); e uno con la Repubblica, Vittorio, eletto nel 1953 nelle file del Partito Liberale di Giovanni Malagodi.
Le sue idee comunque le aveva, e non si faceva problemi a manifestarle: come quando, nel 2005, si era schierato per Romano Prodi, mentre il fratello Giannino aveva preso le parti di Silvio Berlusconi. Dopo la scomparsa di Umberto, Pietro, Vittorio, Italia, Giannino e ora Paolo, dei sette figli di Gaetano junior oggi rimane solo Laura. In un Veneto, un'Italia e un mondo così diversi dalla loro lunga storia.--
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