Piano Generali per il welfare: «Ruolo strategico delle Pmi»

La presentazione del Welfare Index con i ministri Roccella e Calderone

Piercarlo Fiumanò
Giancarlo Fancel, country manager & Ceo di Generali Italia
Giancarlo Fancel, country manager & Ceo di Generali Italia

Rafforzare il sistema del welfare in Italia con un patto pubblico-privato in cui le piccole e medie imprese investano di più in sostegni economici per i lavoratori. Sul dossier sono scese in campo le Generali che ieri hanno presentato a Roma con i ministri Eugenia Maria Roccella (Famiglia) e Marina Elvira Calderone (Lavoro) l’ultimo Welfare Index dal quale emerge che il 75% delle 7000 piccole medie imprese italiane che hanno partrecipato ha un livello alto o molto alto di welfare aziendale: «Una parte sempre più rilevante delle Pmi utilizza già la protezione sociale come un asset strategico per i dipendenti, le loro famiglie e l’intera comunità in cui un’azienda opera», osserva il country manager & Ceo di Generali Italia, Giancarlo Fancel.

Il welfare aziendale diventa strategico per sopperire «alle difficoltà del bilancio nazionale che hanno portato a una riduzione della spesa sanitaria pubblica la quale, secondo le previsioni del Def, si ridurrà di un altro 6,2% nel 2027», scandisce il report. L’emergenza pandemica sembra una storia già lontana. Una quota significativa della spesa di welfare nel nostro Paese per una cifra calcolata in 140 miliardi (5.600 euro l’anno) continua però a pesare sulle famiglie che sostengono in modo diretto il 22% della spesa sanitaria italiana, il 71% di quella assistenziale per la cura dei figli e degli anziani e il 16% della spesa per l’istruzione.

Intanto la spesa sanitaria è scesa nel 2022 a 39,3 miliardi (1.537 euro annui per famiglia). Il costo dell’assistenza agli anziani e alle persone non autosufficienti grava per 2,4 milioni sulle famiglie (circa 14 mila euro annui il costo). Gli italiani spendono così per i bisogni sociali il 21% del proprio reddito netto, mentre la media europea è del 17%: «Ciò ha provocato nelle fasce più vulnerabili della popolazione italiana, negli ultimi anni, un forte aumento della rinuncia a prestazioni essenziali per la salute, la qualità della vita (specie degli anziani) e l’istruzione».

Ed è qui che possono entrare in campo le imprese per ricostruire un sistema di riforme da indirizzare verso i bisogni di protezione sociale. Come sottolinea il Welfare Index di Generali «le iniziative che rientrano nel welfare aziendale sono le polizze sanitarie aziendali (10%), i fondi sanitari istituiti dal contratto integrativo (3%) e l’adesione ai fondi pensione che oggi sta perdendo progressivamente slancio. Gli iscritti ai fondi pensione in Italia sono 9,2 milioni, pari al 36,2% dei lavoratori dipendenti e autonomi, ma solo 6,7 milioni (26,3% dei lavoratori) versano effettivamente contributi.

E poi c’è il terzo settore che coinvolge più di 894 mila lavoratori dipendenti (circa il 4% degli occupati dipendenti in Italia) e contribuisce per un valore di 84 miliardi, il 5% del Pil italiano. Parliamo di un sistema al quale partecipano quasi 4,7 milioni di volontari e 16,5 milioni di associati.

La pandemia dal 2020 al 2022 ha imposto un salto di qualità alla consapevolezza del ruolo sociale delle imprese. Ma c’è molta strada da fare. Poco diffusa è la conoscenza dei flexible benefit, ovvero la possibilità di erogare somme non tassate spendibili liberamente per l’acquisto di determinati beni e servizi per il benessere della famiglia. Meno del 10% delle aziende erogano importi differenziati per condizioni familiari e bisogni, per esempio per sostenere le famiglie con figli a carico. Alla presentazione del Welfare Index di Generali, la ministra del Lavoro Calderone si è impegnata a «intervenire per il rafforzamento dei fringe benefits e degli incentivi al welfare aziendale legato alla produttività» nella prossima legge di bilancio.

Secondo l'analisi del Welfare index, le Pmi possono diventare «un punto di riferimento per le comunità grazie alla loro diffusione sul territorio e raggiungono il 44% delle famiglie italiane, delle quali 3,2 milioni a vulnerabilità alta o molto alta». L'osservatorio indica inoltre che le imprese che puntano sul welfare hanno vantaggi in termini di produttività e successo economico: «Come Generali -sottolinea ancora Fancel- siamo certi che attraverso una partnership tra il settore pubblico e il privato che coinvolga le istituzioni, gli enti territoriali, le famiglie, le imprese e il terzo settore si possa contribuire in maniera importante a rinnovare il welfare del Paese e a guardare con fiducia al futuro».

Generali Italia, oltre a fornire servizi di welfare per i suoi 13 mila dipendenti, offre soluzioni per le imprese assicurate e promuove progetti per la diffusione della cultura del welfare. «Vogliamo creare valore condiviso nel lungo termine per tutti gli stakeholder» sintetizza il top manager della compagnia.

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