Imprese, la sete di lavoratori: «Indispensabile fidelizzarli»
I casi Baxi, Alf Group Pmp e Dallan: il lavoro è una risorsa strategica al pari delle materie prime e delle reti commerciali

C’è chi pensa di aprire ai propri dipendenti il capitale sociale dell’azienda di famiglia, chi se la cava allargando il bacino territoriale di riferimento per reclutare il personale, chi guarda alla disoccupazione femminile come ad una risorsa e chi, invece, preferisce andare sul vago a proposito delle proprie strategie di reclutamento.
Ma tutti sono concordi nel ritenere il lavoro una risorsa strategica, al pari delle materie prime, delle reti commerciali e dell’innovazione tecnologica. Una risorsa senza la quale la crescita delle aziende e lo sviluppo del territorio rischiano di subire contraccolpi davvero pesanti.
Molto chiaro nell’esprimere la propria preoccupazione è Alberto Favero, amministratore delegato e presidente di Baxi Italia parte del colosso europeo BDR Thermea attivo nel settore dei sistemi per il riscaldamento dell’acqua. Una realtà che nel Vicentino è forte di circa 850 dipendenti e che fatturava nel 2023 circa 365 milioni, puntando a chiudere il 2024 sulla stessa soglia. «Per ora ce la caviamo abbastanza bene» spiega Favero, che è anche vicepresidente di Confindustria Vicenza.
«Tuttavia negli ultimi anni l’area territoriale da dove provengono i nostri collaboratori si sta allargando. Prima erano pochi chilometri, ora sono poche decine di chilometri. Abbiamo buoni stipendi, welfare aziendale e adottiamo politiche di fidelizzazione che hanno un costo complessivo sempre maggiore. Il problema è che se le previsioni saranno corrette, già nel 2027, nel solo Vicentino inizieranno a mancare diecimila persone in età da lavoro. E questo rischia di essere un problema».
Un problema che si somma al turnover sempre più rapido delle persone, la cui formazione deve essere sempre più approfondita per poter interagire con tecnologie più complesse. «Siamo parte di grande gruppo internazionale. La nostra efficienza e la nostra produttività sono messe quotidianamente a confronto con gli altri stabilimenti nel mondo» aggiunge Favero.
«Quando assumo non solo ho costi relativi al welfare, ai servizi e allo stipendio ma anche legati alla formazione. Noi qui facciamo principalmente assemblaggio ma il lavoro va imparato e i tempi per farlo non sono rapidi. Se una persona se ne va poco dopo il percorso di formazione mi trovo ad avere speso tempo e denaro per niente. E questo appesantisce i miei indicatori. Ma il problema rimane l’inverno demografico di questo Paese. E contro questo fenomeno, come singole aziende, non possiamo fare molto. Per questo la politica deve intervenire con scelte serie e ragionate sulla questione migratoria. L’alternativa è lo svuotamento delle imprese e dei territori. Ma sia chiaro: le imprese che vogliono sopravvivere si muovo dove ci sono le risorse e il personale è una delle più strategiche. Senza persone le aziende saranno costrette o a chiudere o ad andarsene».
Meno drastico ma altrettanto strutturale è il pensiero di Maria Cristina Piovesana, amministratore delegato e presidente di Alf Group , past president di Assindustria Veneto Centro e già vicepresidente di Confindustria. «Il modello di sviluppo che ha fatto grande il Nord Est si è fermato e dobbiamo fare qualcosa per dargli nuova vitalità» dice Piovesana. «Un tempo le imprese sul territorio offrivano la possibilità ai loro dipendenti di creare degli spin off. Aziende fornitrici che nascevano dall’impresa madre grazie al supporto di ordini e di capitale che lo stesso imprenditore garantiva al suo dipendente-partner industriale. Tutto ciò senza passare per il sistema bancario. È nato così un sistema di filiere locali e distretti produttivi che hanno saputo diventare protagonisti nel mondo».
Un modello che, per mille motivi, negli anni ha perso di slancio. «Ora dobbiamo fare fronte a grandi problemi demografici, a un turnover aziendale sempre più forte ma anche ad una produttività che non è certo al meglio» aggiunge Piovesana. «Il contratto culturale che legava imprenditore e dipendente si è sfibrato e dobbiamo pensare a rinsaldarlo. Per farlo vorremo permettere ai dipendenti di partecipare al capitale sociale delle nostre imprese. Realtà che sono il frutto della fatica e dell’ingegno degli imprenditori ma anche dell’impegno e della partecipazione dei lavoratori. Potremmo così contare su una motivazione maggiore e su sistemi più stabili tanto più nel contesto di percorsi di innovazione che necessitano di solidità e competenze».
Ma le nuove tecnologie possono portare anche vantaggi insperati. È il caso della Pmp Industries di Coseano in provincia di Udine. Una società del settore della meccanica che nel 2023 fatturava 143 milioni di euro e che, forte di un piano di investimenti 2022-25 da oltre 80 milioni di euro, si è posta l’obiettivo di raggiungere il 300 milioni di euro, di sola crescita organica, entro il 2027. Forte di 1.100 dipendenti nel mondo Pmp (quasi 500 solo ad Udine) l’azienda punta ad assumere oltre 200 nuove figure entro quella data. «Ad aiutarci nella sfida della crescita del personale» spiega il patron di Pmp Luigino Pozzo «è proprio il nostro piano di investimenti. Un piano che sta modificando dalle fondamenta il nostro lavoro. Un lavoro che avrebbero potuto fare solo uomini robusti ora è nella possibilità anche di molte donne. E proprio da questo bacino stiamo pescando per le nostre assunzioni: le donne cercano lavoro più degli uomini, sono mediamente più stabili e a livello di efficienza non hanno nulla da invidiare a nessuno. Attualmente nello stabilimento di Coesano le donne sono circa 150 ma il ritmo di crescita delle assunzioni al femminile sta accelerando in tutte le divisioni, produzione compresa». E se ogni imprenditore trova la soluzione più adatta a sé, c’è anche chi preferisce tenere le proprie carte coperte.
«Sempre di più le risorse umane diventano strategiche anche come elemento della competizione, tanto più in un contesto come quello che si sta delineando» spiega Andrea Dallan, amministratore delegato di Dallan Spa che produce impianti per la lavorazione di lamiere. «Abbiamo politiche di fidelizzazione, stipendi competitivi e relazioni strutturate con il mondo della scuola e delle università. Abbiamo un budget dedicato alle risorse umane e fino ad ora non abbiamo registrato gravi difficoltà di reperimento del personale. Ma in questi anni le nostre strategie di reclutamento sono diventate un elemento strategico e preferiamo custodirle come un segreto industriale».
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