Chiaramonti: «Per la transizione tante le soluzioni utili, ma i biofuel sono pronti»

Il professore di Economia dell’energia aprirà il Forum di lunedì 2 dicembre all’M9 organizzato da Nord Est Multimedia: «I combustibili alternativi possono dare un contributo molto alto per ridurre le emissioni»

Marco Panara

L’Unione Europea ha fissato al 29 per cento la quota dei combustibili rinnovabili nel settore dei trasporti entro il 2030.

David Chiaramonti, docente al Politecnico di Torino è uno studioso delle energie rinnovabili, dei biocombustibili sostenibili, delle filiere basate su materie prime biologiche e un esperto delle analisi di sostenibilità.

Cominciamo a delimitare il campo. Quando parliamo di combustibili rinnovabili e trasporti a quali mezzi ci riferiamo?

«Auto, mezzi pesanti, mezzi agricoli, navi e aerei possono usare combustibili diversi. Da un punto di vista tecnico i combustibili alternativi possono servire tutti i settori del trasporto, possono essere sia liquidi che gassosi e il contributo potenziale al raggiungimento degli obiettivi è molto alto».

Quali prodotti rientrano nella categoria dei biocombustibili?

«Sono derivati da zuccheri o da lipidi (oli e grassi animali), dai primi tipicamente l’alcol che è un sostituto della benzina e dal quale possono derivare combustibili per aerei. Dagli oli derivano combustibili quali il biodiesel per motori a gasolio, e l’Hvo (hydrotreated vegetable oil), un idrocarburo di origine biologica che può sostituire il gasolio. Con lo stesso processo si può produrre, assieme all'Hvo, il Saf (Sustainable aviation fuel), utilizzabile per l’aviazione. Poi ci sono altre filiere che producono combustibili liquidi da biomasse, che richiedono processi ancor più complessi, e che si stanno sviluppando sempre di più».

Quali sono le materie prime per i biocombustibili?

«Gli oli fritti e le colture su terreni marginali sono quelle più sostenibili, anche chiamate “avanzate” in alcuni contesti, poi ci sono quelle “convenzionali”, quali ad esempio colture oleaginose di vario genere, che tuttavia quantitativamente oggi non contribuiscono molto alla produzione complessiva italiana. Per quelle zuccherine ricordiamo invece ad esempio la canna da zucchero utilizzata soprattutto in Brasile».

Il problema che si è posto negli ultimi anni è da un lato la necessità di preservare ecosistemi preziosi e dall’altro la competizione con le colture alimentari delle produzioni agricole che andavano a rifornire impianti di produzione di biocombustibili.

«In realtà è possibile produrre materie prime per biocombustibili sostenibili senza distruggere ecosistemi e senza andare in competizione con le colture alimentari. La strada è una applicazione ottimale della rotazione delle colture sui terreni che messe nella giusta sequenza possono migliorare la salute del suolo e fornire cibo per gli uomini, mangimi per gli animali e materie prime per l’energia, e tutto ciò rendendo anche l’agricoltura più sostenibile. Il problema non è la contrapposizione di un tipo di coltura contro un altro tipo di coltura ma la qualità del progetto».

La produzione attuale può soddisfare la domanda?

«Nel 2021 la produzione europea è stata di 16,5 milioni tonnellate equivalenti di petrolio, ma ci sono ampi margini di crescita, pari ad almeno 2,5 volte questo valore. Con l’evoluzione delle tecnologie lignocellulosiche questo potenziale potrà aumentare notevolmente. La filiera di biogas e biometano è inoltre particolarmente importante per l’Italia perché abbiamo molti impianti, circa 2.200, e in Europa il potenziale produttivo è di 15 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti nel 2030 e 45 nel 2050».

Qual è l’impatto climatico e ambientale della produzione e dell’utilizzo dei biocombustibili?

«Il punto chiave è la produzione della materia prima e, come abbiamo già detto, dipende dalla qualità del progetto. Tecnicamente oggi è possibile una produzione assolutamente sostenibile anche di quantità importanti».

I biocombstibili sono una alternativa all’elettrico per il trasporto privato?

«Non è corretto parlare di alternativa. L’obiettivo climatico è talmente importante che dobbiamo utilizzare tutte le soluzioni, ciascuna secondo le sue caratteristiche. Non c’è e non ci deve essere una contrapposizione, ma complementarità. Ci sono filiere agroindustriali che sono già oggi sviluppate e pronte a fornire volumi significativi di prodotto, e altre che nella transizione possono contribuire attraverso un percorso di sviluppo, quindi in tempi più lunghi. Ci sono poi settori come il marittimo e l’aviazione per i quali è difficile ipotizzare un futuro elettrico nel breve o medio termine, per questi due settori il biocombustibile è indispensabile. E può essere molto importante per i mezzi agricoli e per i trasporti pesanti su strada a lunga percorrenza».

Il prezzo dei biocombustibili non è però competitivo con i combustibili fossili.

«I paesi hanno degli obiettivi di decarbonizzazione. Nel 2030 nel mix europeo dei combustibili la quota di quelli rinnovabili dovrà arrivare al 29 per cento e questo impegno già crea un mercato. Lo sforzo dei produttori sarà di avvicinare il prezzo il più possibile a quello dei combustibili fossili. Che sono un competitor difficile perché hanno oltre un secolo di storia alle spalle, ma la dimensione del mercato e l’evoluzione della tecnologia favoriranno un processo di avvicinamento che sarà diverso per i vari settori: certamente più complesso - ma già oggi possibile - servire il trasporto aereo, che richiede carburanti con caratteristiche chimico-fisiche molto avanzate, tecnicamente meno difficile per il combustibile marittimo».

Quali sono le controindicazioni?

«Il settore è già fortemente controllato e regolato attraverso certificazioni di sostenibilità rigorose e riconosciute a livello europeo e internazionale. Se le filiere agricole sono ben progettate e condotte, a supporto dello stesso comparto agricolo, e combinando tutti i benefici ambientali, le controindicazioni sono minime o assenti».

Ci sono ostacoli allo sviluppo di queste tecnologie?

«Soprattutto normativi e regolatori, perché la policy del settore è molto complessa e articolata: c’è l’aspetto ambientale, dell’indipendenza energetica, della fiscalità, dell’agricoltura, delle foreste. Ma è anche la bellezza di questo settore, perché nella complessità si possono trovare filiere virtuose e opportunità innovative».

L’evento all’Auditorium M9

«Transizione energetica e sostenibilità: la sfida della neutralità tecnologica»: promosso da Gruppo Nordest Multimedia, in collaborazione con ENI, il Forum vedrà la partecipazione di autorevoli esponenti del mondo istituzionale, accademico e industriale, uniti dall’obiettivo di esplorare le strategie e le soluzioni per un futuro più sostenibile. Dopo un intervento d’apertura sul contributo dei biocarburanti nel mondo dei trasporti e della transazione energetica, seguiranno due tavole rotonde di approfondimento. Nella prima verrà dato spazio ai rappresentati di primarie realtà aziendali italiane per illustrare le iniziative concrete intraprese per ridurre l’impatto ambientale dei trasporti, nonchè le prospettive di sviluppo tecnologico e innovazione sostenibile. Invece, la seconda approfondirà le politiche nazionali ed europee per sostenere le imprese nel percorso di transizione energetica.

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