Espansione all’estero qualità e agriturismi I piani di Zonin1821 nell’era di 21 Invest

la storia
Si è conclusa da poco la vendemmia lungo i filari delle tenute di proprietà del Gruppo Zonin1821, nelle zone tra le più vocate d’Italia. «Confermiamo un’ottima vendemmia dal punto di vista qualitativo, nonostante le rese si siano rivelate minori in alcuni contesti», assicura Giacomo Manzoni di Chiosca, chief agronomist dell’azienda vitivinicola. Ora il lavoro passa in cantina, sotto le cure degli enologi del gruppo vicentino. A primavera si terrà invece la vendemmia nelle tenute di Dos Almas in Cile. Tutto nasce nel 1821 da Giovanni Battista (Giobatta) Zonin e Girolamo Antonio Zonin, tra i possessori di un Ronco Arborato Vitato, terreno destinato alla coltivazione della vite nella zona di Gambellara (Vicenza). Dopo 200 anni, l’azienda vinicola della famiglia Zonin è giunta alla settima generazione.
E festeggia il traguardo del bicentenario rinnovando completamente il top management: un anno fa è arrivato il nuovo amministratore delegato Pietro Mattioni, ex Campari e Illy, che ha introdotto numerose novità. Ad affiancarlo ci sono i tre fratelli Zonin: Domenico (presidente), Francesco e Michele (vicepresidenti). Ai tre figli Gianni Zonin aveva affidato negli anni scorsi le azioni e poi la guida della società di famiglia. Dal 2018 l’azienda è partecipata al 36,1% da 21 Invest di Alessandro Benetton. Il fatturato 2020 del gruppo vicentino con sede a Gambellara è stato di 190 milioni, quinto produttore di vino del Paese. Così suddiviso: 24% da vini fermi a marchio Zonin, 19% Prosecco Zonin, 19% vini delle tenute, a cui si aggiungono i vini di Castello del Poggio, marchio chiave negli Stati Uniti, con un 17%. «Abbiamo registrato quantitativi minori della vendemmia – spiega Pietro Mattioni, ceo di Zonin1821 - ma ci attendiamo grandi vini. Intanto le vendite stanno crescendo al ritmo del 10/11% rispetto al 2020 e in crescita anche sul 2019». L’export si mantiene intorno all’85%, con i vini che raggiungono 140 Paesi. Le tenute di proprietà sono: Ca’ Bolani in Friuli-Venezia Giulia, Tenuta il Bosco in Lombardia e Castello del Poggio in Piemonte, in Toscana Castello di Albola e Rocca di Montemassi, poi in Puglia la Masseria Altemura, e in Sicilia troviamo Principi di Butera. All'estero Barboursville Vineyards in Virginia (Usa) e Dos Almas (Cile).
Nella scorse settimane sono iniziati i festeggiamenti per i 200 anni, e si continuerà nelle prossime settimane. Intanto si preparano le novità, che sono sotto il segno dell’hospitality. «Vogliamo far avvicinare sempre più i nostri consumatori al luogo dove si produce il vino – continua Mattioni - per spiegare il territorio, il modo di lavorare: è un elemento di grande attrazione e generazione di valore. Queste attività stanno andando molto bene al Castello di Albola e in questi giorni abbiamo inaugurato l’agriturismo nella tenuta di Principi di Butera. E vorremmo allargare ad altre nostre realtà». Negli ultimi due anni è cresciuto l’interesse dei fondi di investimento sul settore vitivinicolo italiano. «C’è un grande fermento, tra acquisizioni e consolidamenti – aggiunge l’ad di Zonin1821 – che continueranno per almeno due anni. Tra cinque anni vedremo come andrà, i valori in gioco sono grandi, i ritorni attesi sono alti. Noi siamo apposto, non abbiamo bisogna di nulla». Ma non esclude l’attenzione al mercato da parte di Zonin1821 se vi saranno opportunità. Il settore sta affrontando anche un cambiamento nei consumi e modalità, accelerati dal post pandemia. Mercati in crescita sono Uk, Germania e Usa. Preoccupa invece la situazione nei paesi del Centro Europa, per il ritorno del lockdown. «Registriamo anche un cambiamento delle località dove si consuma – conclude Mattioni – nella horeca vanno meglio i locali di periferia. Un esempio è Londra dove in periferia si cresce a doppia cifra».
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