Dentro lo stabilimento di Ronchi dove Leonardo costruisce i droni
Il nostro viaggio all’interno del sito industriale in provincia di Gorizia, stabilimento strategico che sta per beneficiare della nuova joint venture con i turchi di Baykar. La fabbrica oggi occupa 307 dipendenti diretti ai quali si affiancano 10 figure specializzate, soprattutto ingegneri all’opera come consulenti esterni

Si fa presto a dire droni. Se ne sente parlare in modo inquietante e con frequenza drammatica in relazione alle aree funestate dalle guerre, specialmente in Ucraina. «In realtà – spiega l’ingegner Fabio Pauluzzo, responsabile dello stabilimento Leonardo di Ronchi dei Legionari e capo del business dei velivoli senza equipaggio del gruppo – è come dire automobili, è un termine onnicomprensivo, è un mondo. Nel caso delle auto parliamo di Ferrari, di Panda o di che altro? Ecco, per i droni è lo stesso, come sono diversi la destinazione e l’impiego di questi apparecchi».
Visitando il sito di Ronchi, cioè lo stabilimento Leonardo situato proprio accanto all’aeroporto civile, si capisce immediatamente che sui droni custodisce competenze specifiche estremamente pregiate. Quella dei sistemi aerei a pilotaggio remoto, in termine tecnico Uas (Uncrewed Aerial Systems, sistemi aerei senza equipaggio), è infatti l’attività principale di una realtà produttiva che occupa poco più di 300 dipendenti diretti e un altro centinaio di specialisti esterni, in buona parte ingegneri. Molti di loro impegnati a progettare, sviluppare e produrre proprio velivoli senza pilota che, a seconda delle indicazioni dei committenti, possono essere adattati per adempiere a impieghi civili (per esempio di protezione civile oppure per estinguere gli incendi), agire come velivoli spia o essere attrezzati con sistemi d’arma (missili o bombe).

Quando si pensa allo stabilimento di Ronchi, a ogni modo, non bisogna immaginare una lunga catena di montaggio, o a modalità produttive da grande industria. Innanzitutto i velivoli senza equipaggio e gli shelter a terra che ospitano il pilota e il responsabile dei sensori di bordo, vengono prodotti in serie limitate: per dire, del modello Falco Evo – sistema senza equipaggio destinato alla sorveglianza di vaste aree anche in condizioni critiche, pesante 650 chili e in grado di volare fino a 7 mila metri di altitudine con un’autonomia di venti ore di volo – può uscire dal capannone un esemplare al mese. In un anno lo stabilimento di Ronchi produce circa 200 fra droni e radiobersagli, l’altra specialità della casa insieme ai sistemi di simulazione di volo. I radiobersagli sono droni da esercitazione della famiglia Mirach, utilizzati per fare esercitare gli operatori radar e quelli della difesa aerea.
«È vero – spiega l’ingegner Pauluzzo – non ci sono forti economie di scala, anche perché queste lavorazioni sono eseguite a un altissimo livello di precisione e competenza tecnica».
Certamente i singoli velivoli hanno un alto contenuto tecnologico e quindi un valore proporzionalmente ingente».

«Per dare un ordine di grandezza – continua - , il valore di un Falco Evo sta sotto i 2 milioni di euro, e complessivamente superano quell’importo, da soli, il sistema radar e le telecamere montati sul velivolo. Insomma, pochi pezzi ma di grande valore. E alla stessa impressione di un sofisticatissimo artigianato del drone si arriva valutando la classe di fatturato cui può essere assimilato il sito di Ronchi, che sta fra i 150 e i 200 milioni di euro, come una media industria di quelle che punteggiano il Nord Est.
Visitando i reparti, quindi, si assiste ad assemblaggi che riescono a coniugare tecnologie d’avanguardia (anche quelle relative alle dotazioni di bordo: radar, telecamere, sensori) e manualità da tecnici super specializzati, mentre è del tutto assente la ricerca di efficienza di tipo fordista.
Ora tutto questo mondo dei droni di Leonardo, globale com’è il gruppo eppure allo stesso tempo radicato nel territorio isontino, è pronto a entrare in una nuova era. Sta per partire infatti sul piano operativo l’alleanza di Leonardo con i turchi di Baykar, che ha dato vita alla società Lba Systems, partecipata pariteticamente dai due partner. D
opo la firma del memorandum of understanding a novembre 2024 e della joint venture circa un mese fa, dal 2026 si entra in produzione. Il focus dell’alleanza è in particolare sul versante dell’offerta, vale a dire che si tratta di ottimizzare la varietà dei modelli prodotti dai due gruppi, di svilupparne di nuovi e quindi di andare sul mercato (in particolare i Paesi Ue e Nato) con proposte che reggano il confronto con le produzioni statunitensi.

Saranno tre i siti produttivi al servizio della nuova società: Villanova d’Albenga (qui e a Genova Baycar ha acquistato di recente le attività di Piaggio Aerospace), Grottaglie in Puglia e appunto Ronchi dei Legionari (entrambi siti di Leonardo). In provincia di Gorizia la nuova società continuerà a produrre i radiobersagli della famiglia Mirach e un modello turco che si chiama Tb3 e si sovrappone alla famiglia Falco, che potrebbe via via uscire di scena.
«Prevediamo – spiega l’ingegner Pauluzzo – di aver bisogno di assunzioni e di dover costruire nuovi spazi produttivi proprio in relazione con l’alleanza italo turca. Al momento però non abbiamo numeri, il progetto è in fieri e capiremo più avanti in che modo affrontare il nuovo scenario».
Di certo per il gruppo Leonardo la nuova alleanza nei velivoli senza equipaggio ha un’importanza strategica rilevante. Forse non primaria in confronto ad esempio con la joint venture italo-britannico-giapponese per il Global Combat Air Programme (Gcap), che punta a realizzare il caccia di nuova generazione in grado di fare concorrenza alla famiglia degli F35 prodotta dagli americani di Lockheed Martin. Però l’alleanza italo-turca nei droni sicuramente è di grande impatto. Anche sul territorio. Perché lo stabilimento di Ronchi si prepara non solo ad adeguare i propri spazi fisici, ma anche a dare nuove opportunità ai propri giovani e ad ampliare la base occupazionale.
«A Ronchi – spiega Alessandro Gnuva, responsabile del personale - reclutiamo costantemente giovani provenienti in particolare dal Malignani di Udine, dall’Its Malignani, dall’università di Udine e di Trieste e da quella di Padova. Nel primo caso parliamo in particolare di tecnici aeronautici, nel caso dei laureati il bacino cui attingiamo è quello dei laureati Stem. Certamente fare parte di un gruppo internazionale come Leonardo è un plus che offriamo a chi comincia da noi il proprio percorso professionale, qualcosa di unico anche sotto il profilo delle possibilità di fare carriera».

In effetti è intuitivo che un colosso come Leonardo rappresenti una sfida lavorativa interessante. Si parla di un gruppo che nel 2024 ha totalizzato ricavi per 17,8 miliardi (più 11%), conta nel mondo oltre 60 mila dipendenti e ha una presenza internazionale consistente nel Regno Unito, in Polonia e negli Stati Uniti.
E lo confermano due laureati Stem entrati nello stabilimento di Ronchi negli ultimi anni. Simone Malisani, 32 anni di Udine, ingegnere aeropaziale laureato al Politecnico di Torino, si occupa della struttura dei velivoli senza pilota: «È un ambiente interessante e offre la possibilità di crescita professionale, per ora qui a Ronchi, un domani vedremo». Sulla stessa lunghezza d’onda Luca Pussini, 30 anni e anche lui di Udine, ingegnere specializzato nella programmazione di sistemi software: «L’azienda è grande – dice – e dà la possibilità di relazioni importanti, ad esempio il lavoro che da qui conduco con Roma nella business unit per l’intelligenza artificiale è estremamente stimolante».
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