Dall’Australia ad Aspi: i guai che hanno causato il nuovo ko di De Eccher

Il colosso friulano delle costruzioni dopo il mancato prolungamento della misure protettive dai creditori valuta iniziative giudiziarie che permettano all’azionista Sagitta Sgr di guadagnare tempo

Luca Piana
Il quartier generale di Rizzani De Eccher alle porte di Udine: per il gruppo lavorano 1.800 persone
Il quartier generale di Rizzani De Eccher alle porte di Udine: per il gruppo lavorano 1.800 persone

Una lite arbitrale internazionale, relativa alla realizzazione di alcuni ponti e viadotti in Australia, i costi non previsti per la costruzione di una bioraffineria e di un grattacielo in Olanda, i ritardi del Ministero delle Infrastrutture nell’approvazione del piano economico e finanziario di Autostrade per l’Italia (Aspi), che hanno comportato uno slittamento di lavori per circa 850 milioni di euro.

Sono queste alcune delle cause che, nell’aprile scorso, il gruppo friulano Rizzani De Eccher aveva elencato per motivare una richiesta che aveva del clamoroso: ottenere una nuova procedura di composizione negoziata per mettersi al riparo dai creditori, a pochi mesi di distanza dal precedente accordo di ristrutturazione, omologato dal Tribunale di Udine nell’ottobre 2024.

È stata questa richiesta l’origine della seconda fase della crisi del gruppo, che si è conclusa una settimana fa, l’11 dicembre.

Passati altri 240 giorni in cui il gruppo è stato al riparo dalle richieste dei creditori, con le proroghe via via concesse in sede giudiziaria, il giudice Francesco Saverio Moscato del Tribunale di Trieste ha detto no a un’ulteriore estensione: «La richiesta di misure cautelari, così come formulata, si risolve in una sostanziale prosecuzione oltre il termine massimo di 240 giorni degli effetti già assicurati dalle misure protettive, senza che siano stati allegati e dimostrati i presupposti di fatto e di diritto idonee a giustificare una simile estensione».

Da venerdì 12 dicembre, dunque, i creditori che vorranno difendere i loro diritti non troveranno ostacoli – ad esempio - nel presentare richieste di pignoramento oppure di avviare procedimenti per accertare l’insolvenza della società.

La notizia della decisione del Tribunale, pubblicata ieri in esclusiva dal nostro giornale, ha suscitato grande preoccupazione.

Oltre al lavoro dei dipendenti del gruppo, che stando a stime più aggiornate sono attualmente circa 1.800, Rizzani De Eccher rappresenta un tassello importante di numerose grandi opere in Friuli Venezia Giulia, in Veneto e in tutta Italia, dai lavori di rifacimento dell’ospedale Cattinara a Trieste all’Autostrada A4, dalla bretella per portare l’Alta Velocità all’aeroporto Marco Polo di Venezia alla ferrovia tra Palermo e Catania.

La sua crisi ha già determinato forti ritardi in molti cantieri, che ora rischiano di aggravarsi ulteriormente e che, di conseguenza, hanno focalizzato sulla crisi l’attenzione della Regione Friuli Venezia Giulia e del Ministero delle Infrastrutture guidato da Matteo Salvini.

Sagitta Sgr, la società che gestisce il fondo specializzato in ristrutturazioni che oggi controlla Rizzani De Eccher attraverso la società Construction Holding, non ha risposta alla richiesta di commenti.

Secondo quanto è stato possibile ricostruire, la società sta valutando se nell’ordinanza del Tribunale di Trieste esistono spiragli per un’impugnazione oppure per la richiesta di nuove e diverse misure cautelari, che diano a Sagitta e ai fratelli Marco e Claudio de Eccher – attualmente titolari di un 24 per cento di Construction Holding – qualche residuo spazio di manovra. Il fatto è che la crisi di Rizzani De Eccher dura ormai dall’agosto 2023 e che gli effetti del primo piano di salvataggio dell’autunno scorso – che era stato approvato dalla maggioranza dei creditori - sono ormai svaniti, lasciando il gruppo friulano alle prese con un indebitamento stimato in circa mezzo miliardo di euro.

«Non sono ancora stati stipulati accordi vincolanti con i creditori finanziari, né vengono indicati passaggi negoziali determinati – per tempi, contenuti e controparti – tali da conferire alla prospettiva di risanamento un grado di concretezza significativamente maggiore rispetto al quadro già vagliato in occasione dei decreti che hanno concesso e via via prorogato le misure protettive», ha scritto il giudice Moscato, aggiungendo che «non emergono elementi nuovi che giustifichino una ulteriore compressione dei diritti dei creditori oltre il limite temporale imposto dal legislatore».

A pesare sulle prospettive c’è, in particolare, la rapidità con cui è esplosa la seconda crisi di Rizzani De Eccher, che soltanto nel dicembre 2024 aveva annunciato il cambio di controllo con il passaggio a Sagitta Sgr, l’arrivo di un nuovo team di manager, la ricapitalizzazione della società ad opera – e sotto varie forme – della stessa Sagitta, dei fratelli de Eccher, della Cassa depositi e prestiti e del gruppo assicurativo Zurich, nonché il sostegno finanziaria da parte di istituzioni del calibro di Intesa Sanpaolo, Unicredit e Sace.

Se dal fronte bancario, oggi, giungono segnali rassicuranti sul fatto che tale sostegno non sia ancora venuto meno e che si possa ancora arrivare a una soluzione, reta il fatto che quel primo piano è naufragato alle prime difficoltà, come il contenzioso sui viadotti australiani, i costi sulle opere realizzate in Olanda e gli asseriti ritardi del Ministero delle Infrastrutture e di Autostrade per l’Italia. —

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