Dal supercomputer Leonardo agli impianti per l’idrogeno: Thermokey corre

L’azienda di Latisana mette a segno un più 43% nel biennio.Il ceo Visentini: «Ma il trend è a rischio se non troveremo personale»

Elena Del Giudice
Anche tecnologia made in Fvg nel supercomputer Leonardo
Anche tecnologia made in Fvg nel supercomputer Leonardo

Che cos’hanno in comune il tecnopolo di Bologna che ospita “Leonardo”, uno degli otto supercomputer pre-exascale che formeranno la rete di calcolo europea ad alte prestazioni in costruzione a Bologna, il più grande impianto di elettrolizzazione a idrogeno Pem al mondo per l’idrogeno verde,  l’Iter, Neutral Beam Test Facility di Padova, le fragole e i microprocessori?

Gli impianti di raffreddamento di Thermokey. L’azienda friulana - sede a Latisana, 215 addetti - continua a crescere. «Mai accaduto di iniziare un anno - racconta Giuseppe Visentini, ceo di Thermokey - con un portafoglio ordini da 25 milioni di euro». Né archiviare un anno, il ’22, con un fatturato di 50 milioni di euro (che porta a +43% il trend dell’ultimo biennio), di cui l’80% realizzato all’estero e una previsione di 60 milioni a dicembre ’23.

Lo stabilimento per la produzione di chip in Bulgaria con i sistemi di raffreddamento di Thermokey
Lo stabilimento per la produzione di chip in Bulgaria con i sistemi di raffreddamento di Thermokey

Un mix di fattori alla base del successo di Thermokey, primo fra tutti «la domanda di impianti di raffreddamento per i data center - spiega Visentini - che rimane molto sostenuta, e ovviamente la tecnologia che proponiamo che consente di farlo con un ridotto consumo energetico. Nei nostri impianti utilizziamo i dry cooler, sistemi che agiscono raffreddando l’acqua, non l’ambiente, che andrà a raffreddare i data center». E le previsioni confermano il trend. «Del resto - aggiunge il ceo - il Covid ha impresso una spinta ulteriore al digitale, siamo tutti connessi a varie piattaforme e ai social,poi le criptovalute, l’intelligenza artificiale, l’industria 4.0... tutti servizi che necessitano di essere abilitati dai data center che, di conseguenza, aumentano di numero. Di fronte ad un mercato che avanza, il tema vero è come raffreddare queste macchine in modo efficiente».

Ecco che di fronte a prospettive così rosee, Thermokey si deve strutturare per mantenere il trend, e qui arrivano le difficoltà che si chiamano «risorse umane. La nostra crescita - rimarca Visentini - dipende dalla nostra capacità di trovare persone». La caccia ai talenti è aperta, la certezza di individuarli invece non c’è. «Persone specializzate nell’Ict sono introvabili, gli ingegneri termodinamici lo stesso». E dunque? «La sfida è risultare attrattivi - risponde il ceo -. Cerchiamo di esserlo con lo smart working, il ristorante interno (che, rinnovato, inauguriamo a breve),offrendo opportunità di carriera e condivisione di valori». E l’aspetto economico? «Certo, anche quello. Forse ciò che ci penalizza è la collocazione, un po’ decentrata rispetto alla città».

Giuseppe Visentini
Giuseppe Visentini

Thermokey, dopo aver internazionalizzato negli anni 2000 avviando due stabilimenti all’estero, ha - prima di altri - concentrato la produzione in Friuli. Perché? «Perché sono convinto che innalzando la qualità dei prodotti, anche con l’innovazione, si possa essere competitivi anche producendo in Italia. Un altro vantaggio è dato dalla velocità di consegna, che è possibile se sei tu ad occuparti di tutte e le fasi produttive e ti basi su fornitori vicini. Ovviamente puoi garantire qualità solo se presìdi la produzione». In sostanza dimostrate che si può essere competitivi anche in Italia, non giocando solo sul costo del lavoro. «Assolutamente sì. La sfida è essere attrattivi e bravi. Non vinco pagando poco il personale, ma pagando bene collaboratori validi, motivati e capaci che mettano passione e cervello in quello che fanno e impegnandoci nel miglioramento continuo».

Per chiudere torniamo al personale: gli ingegneri che mancano dove li cercherà? In Cina, dove pare abbondino? «Può essere una soluzione, il lavoro da remoto è già una realtà affermata. Non cogliere le opportunità del mercato perché non si trovano collaboratori da assumere, dopo che nel ’22 avremmo potuto fare ancora meglio se non avessimo patito la carenza di chip, sarebbe davvero un peccato».

Riproduzione riservata © il Nord Est