Antenne smart e batterie. Dalla Fiamm nasce Horien
La divisione dedicata all’automotive era rimasta alla famiglia veneta Dolcetta. Nel 2023 il gruppo chiude con un fatturato globale di 155 milioni a +11,6%

Elettra 1938 cambia nome in Horien e punta sempre più sulle tecnologie per la transizione energetica ed elettrica.
La storica azienda vicentina produttrice di avvisatori acustici, antenne e batterie ha chiuso il 2023 con un fatturato globale di 155 milioni di euro (+11,6% sul 2022) e un Ebitda più che raddoppiato di 11 milioni. La Fiamm di Montecchio Maggiore originariamente si chiamava Elettra, fondata negli anni Trenta del secolo scorso da Giacomo Pellizzari. Rinominata in seguito Fiamm dal nuovo proprietario Giulio Dolcetta, nel dopoguerra l’azienda era diventata un nome mondiale nell’ambito degli accumulatori di energia e degli avvisatori acustici per veicoli. Poi negli anni Dieci del ventunesimo secolo, il ramo batterie per veicoli è stato ceduto ai giapponesi di Hitachi Chemical, che a sua volta nel 2020 è stata acquisita da Showa Denko.
È rimasto invece di proprietà italiana, con la famiglia Dolcetta, il business degli avvisatori acustici e delle antenne, con il marchio Fiamm Horns & Antennas, e quello delle batterie al nickel-cloruro di sodio FZSonick. La divisione Fiamm Sound & Connecitivity, rinominata Horien Automotive Solutions, opera nella componentistica automotive e con 131 milioni di ricavi l’anno scorso (+9%) è leader mondiale nel mercato degli avvisatori acustici.
«Un’auto su tre al mondo e una su due in Europa monta i nostri dispositivi», dichiara l’amministratore delegato Giovanni Zola. «Da alcuni anni stiamo diversificando il portafoglio prodotti per servire la crescente domanda di mobilità elettrica e interconnessa. Quindi con più modelli di Avas (Acoustic Vehicle Alert System), gli avvisatori obbligatori per le auto elettriche e ibride, e con le antenne di connessione di ultima generazione come Gnss, 5G e V2X».
A Montecchio Maggiore si producono componenti auto per il mercato europeo, «che tutto sommato, pur non essendo in un momento facile, ci assicura una certa stabilità di volumi ogni anno, che puntiamo di accrescere con le nuove tecnologie». Gli altri siti produttivi della divisione Horien Automotive Solutions sono in Messico, Usa, Brasile e Cina.
La divisione FZSoNock, rinominata Horien Salt Battery Solutions, è invece localizzata nel Canton Ticino in Svizzera. E con un fatturato nel 2023 di 24 milioni di euro (+40% sul 2022) è pioniera nel comparto delle batterie al cloruro di sodio per lo stoccaggio e il backup di energia in ambienti che richiedono un elevatissimo livello di sicurezza. Come per esempio gli impianti oil&gas e i siti minerari. «Le cosiddette batterie al sale hanno come materia prima principale il sodio, un prodotto molto diffuso e di facile reperimento, e assicurano standard elevatissimi di sicurezza in quanto non infiammabili», spiega Zola.
«La domanda, pur essendo un mercato molto di nicchia, è in forte crescita. Tant’è che stiamo pensando di aprire un secondo sito produttivo in Italia. Oggi vendiamo in Europa, Usa e Cina. Le applicazioni vanno dalla crescente domanda di accumulo di energia da fonti rinnovabili in contesti residenziali, commerciali e industriali al backup di energia nei settori oil & gas, utility e telecomunicazioni».
Il mercato dei sistemi di accumulo di energia (Bess - Battery Energy Storage Systems) è in forte crescita a livello mondiale, trainato dallo sviluppo delle fonti rinnovabili. L’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) ha rilevato che nel 2023 la capacità globale installata è raddoppiata rispetto all’anno precedente, arrivando a 86 GW. E prevede che crescerà ad almeno 760 GW nel 2030. Quando, secondo uno studio di McKinsey, il mercato mondiale di queste tecnologie raggiungerà un valore tra i 120 e i 150 miliardi di dollari. Le batterie predominanti oggi per i Bess sono quelle agli ioni di litio, ma in Horien sono convinti che ci sia spazio anche per quelle al cloruro di sodio laddove determinati requisiti tecnici e di sicurezza sono richiesti. «Non a caso – conclude Zola – se fino a pochi anni fa eravamo l’unico operatore al mondo a sviluppare questo tipo di accumulatori, adesso sappiamo che ci stanno lavorando anche altre aziende in Germania e in Cina».
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