Alajmo tra i paperoni d’Italia della ristorazione

Dopo un 2022 che ha visto un sorpasso sul pre-Covid, con il raggiungimento di un fatturato complessivo di 16 milioni, la proiezione per l'esercizio in corso va verso i 20 milioni. L'azienda veneta ha visto negli ultimi anni una profonda riorganizzazione, investimenti sul digitale-dal nuovo sito con la piattaforma e-commerce-e il rilancio della Alajmo Academy per la formazione del personale

Marcia a vele spiegate l'alta cucina italiana nel 2023, dopo la navigazione a vista del periodo di emergenza sanitaria e dopo la ripartenza lo scorso anno che ha visto un complessivo +64% di ricavi per le prime cinque realtà. A guidare la classifica stilata dall'Ufficio Studi Pambianco tre le insegne del lusso la galassia Langosteria, che ha archiviato un ottimo 2022 a 28,2 milioni di ricavi, a fronte dei 19,4 milioni del 2019.

Considerando invece il giro d'affari complessivo del gruppo, e quindi anche il fatturato che fa capo a Cheval Blanc Paris per Langosteria Parigi, il valore si avvicina ai 40 milioni di euro. Considerando i nuovi progetti messi a terra quest'anno, il volume di giro d'affari di tutto il gruppo, inclusi i ristoranti di Parigi e St Moritz (aperto nel 2023), dovrebbe salire ulteriormente con una previsione oltre quota 56 milioni (dai circa 40 precedentemente menzionati).

Nel frattempo, Da Giacomo, forte di un 2022 con fatturato quasi triplicato che si è attestato sui19,8 milioni contro i 7,7 milioni del 2019, spinge sull'internazionalizzazione per consolidarsi e Massimo Bottura punta sui nuovi progetti che gonfiano le vele delle sue società, balzate dagli 11,3 milioni del pre-Covid a un solido 18,2 milioni del 2022.

Netto lo slancio pure per il Gruppo Alajmo. Dopo un 2022 che ha visto un sorpasso sul pre-Covid, con il raggiungimento di un fatturato complessivo di 16 milioni, la proiezione per l'esercizio in corso va verso i 20 milioni. L'azienda veneta ha visto negli ultimi anni una profonda riorganizzazione, investimenti sul digitale-dal nuovo sito con la piattaforma e-commerce-e il rilancio della Alajmo Academy per la formazione del personale.

Chiudono il quintetto di testa i fratelli Cerea, nel cui portafoglio la ristorazione pesa il 35% dei ricavi. E infatti, pur crescendo da 8,4 a 14,3 milioni, il fatturato post-pandemia del segmento ristorazione è comunque una quota più piccola rispetto ai volumi che il gruppo bergamasco sviluppa tra eventi e catering.

Tra i format più pop della ristorazione lungo la Penisola a guidare la classifica stilata da Pambianco, il Gruppo Cremonini che guarda positivamente il primo semestre 2023 con ricavi in crescita rispetto allo stesso periodo del 2022. L'anno scorso la divisione ristorazione del gruppo aveva recuperato (o quasi) le performance del 2019, riportando su livelli soddisfacenti i ricavi. Si parla, infatti, rispettivamente di 636 e 662 milioni di euro.

Nella top cinque del segmento l'altro colosso, Cigierre, nel 2022 ha sfiorato il dato 2019 (386 milioni di ricavi in ristorazione rispetto ai 388 pre-pandemia) e a fine anno pronosticava un 2023 in crescita, tanto da annunciare una previsione di 550 milioni di consolidato di gruppo, ma la seconda parte dell'anno potrebbe indurre alla prudenza.

My Chef Ristorazione ha recuperato meno, chiudendo il 2022 a 143 milioni (26 in meno del 2019), facendosi quasi raggiungere da La Piadineria, che sembra il player con più benzina nel motore. Il gruppo ha infatti chiuso il 2022 a 139 milioni di fatturato consolidato, superando con decisione i98 milioni del 2019 (pur con ebitda sceso dal 31%al 22%), e quest'anno sembra tenere un buon passo.In quinta posizione, con un distacco reso più netto dall'evoluzione dell'ultimo biennio, Vera Ristorazione: dopo aver archiviato il 2019 con 74 milioni di fatturato, il recupero è stato lento e complesso, tanto che nel 2022 ha chiuso a 58 milioni e riportato la marginalità in attivo, ma con ebitda passato dal 10 al 4 per cento.

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