A Venezia l’ultimo “battiloro”. Un viaggio nella bottega di Marino Menegazzo dove viene custodita un’arte antica
Battuto rigorosamente a mano, l’oro si trasforma in foglie sottilissime impiegate nell’arte, nel mosaico, nell’oggettistica ma anche nell’alimentare e nella cosmetica

VENEZIA. L’ultimo battiloro, mestiere antico, che sopravvive solo a Venezia dove, come qualche centinaio d’anni fa, si “batte” l’oro rigorosamente a mano per trasformare il metallo in foglie sottilissime e preziose.
E’ Marino Menegazzo l’ultimo artigiano ancora attivo in Italia e in Europa.
E nascosto in una piccola corte dalle parti di Fondamente Nuove, nel sestiere di Cannaregio, all’interno di quella che in passato era l’abitazione di Tiziano Vecellio c’è l’antico laboratorio “Mario Berta Battiloro” che Marino ha ereditato dalla sua famiglia e in cui lavora oggi insieme a sua moglie Sabrina e alle sue due figlie, Eleonora e Sara, come raccontano da 1600 Venezia.

Dalle sue mani, e dai suoi martelli, esce una foglia sottilissima, quasi impercettibile, d’oro, al pari di quella che riveste l’angelo del Campanile di San Marco, che si triva tra i mosaici della Basilica, nella Madonnina del duomo di Milano, sulla croce e sulla corona della Madonna di Lourdes in Francia e in tantissime altre chiese o basiliche in tutto il mondo.
È la foglia d’oro prodotta a Venezia che viene ancora lavorata con una tecnica antichissima che si mantiene inalterata dal XVIII secolo a oggi che la città ha raggiunto i 1600 anni di vita.

Marino Menegazzo, oggi ha 67 anni e da quando ne ha 22 dedica la sua vita a quest’arte antica quanto preziosa, e insieme alla sua famiglia continua a lavorare l’oro, l’argento e gli altri materiali preziosi battendoli a mano, con martelli che vanno dai quattro agli otto chili per quattro ore al giorno senza fermarsi mai e portando avanti una tradizione preziosissima che regala a Venezia un importante primato.
Diverse le applicazioni. L’arte, certo, ma anche il settore alimentare e quello cosmetico.

«Siamo alla quarta generazione di battiloro - sottolinea Eleonora Menegazzo, della famiglia Berta-Menegazzo e figlia di Marino - Il laboratorio che vediamo oggi aprì nel 1926 dalla famiglia Rivani e nel 1969 nostro nonno, Mario Berta, rilevò l’attività poiché dopo un incidente stradale tutta la famiglia Rivani morì. Da allora a oggi c’è la famiglia Berta-Menegazzo. Dopo la morte di mio nonno i miei genitori rilevarono l’attività facendoci crescere respirando arte, manualità e trasmettendoci l’amore per una tradizione che oggi, per noi, è un grande orgoglio portare avanti e avvicinarla sempre di più al nostro mondo, all’innovazione, alla contemporaneità. Negli anni, infatti, ci siamo aperti a diversi settori e oltre a occuparci di decorazioni artistiche produciamo anche oro alimentare, maschere anti-age in foglie d’oro e stiamo andando verso la frontiera del make-up»

Perdurata fino a oggi, quella del battiloro è un’arte artigianale introdotta in città nell’anno 1000 dall’Oriente e, nello specifico, da Bisanzio. La sua massima espansione ci fu, però, nel Settecento. Nel XVIII secolo, infatti, in città esistevano circa 340 di botteghe di battiloro professionisti. Oggi ne resta solo una, quella di Marino Menegazzo ma la tecnica utilizzata è sempre la stessa da oltre tre secoli, così come gli strumenti del mestiere di cui vengono usati ancora oggi i pezzi originali.

«Per arrivare alla realizzazione di una foglia d’oro ci sono otto ore di lavoro e si parte dalla fusione di un lingotto che, diventando liquido viene versato all’interno di uno stampo per ottenere un nuovo lingotto di dimensioni ridotte e dalla forma stretta e alta - spiega Eleonora Menegazzo - Poi questo materiale viene assottigliato con un macchinario e successivamente tagliato in piccoli quadratini che vengono poi inseriti in carte pergamino. Questi pezzettini vengono battuti con un macchinario d’epoca, un Maglio del 1926 che trasforma i quadratini in foglie rotonde del diametro di 11 cm. Queste vengono tagliate con un coltello a lama lunga in quattro parti. Ogni singolo quarto viene inserito in nuove plastiche più sottili, raccolti in gruppi di circa 1600/1700 pezzettini di oro che vengono poi battuti a mano dal maestro Marino Menegazzo. Il tempo di battitura va dai 50 minuti, per spessori grossi, quindi per ori che devono essere applicati all’esterno, fino alle due ore per spessori sottili come il mosaico, il settore alimentare o quello cosmetico. Al termine della battitura c’è il taglio e confezionamento, mestiere esclusivamente femminile, dove ogni singola foglia viene estratta delicatamente con pinze di legno, posizionate su un cuscino di pelle scamosciata, soffiata delicatamente nel centro per aprirla e poi tagliata in verticale e orizzontale. La foglia viene poi inserita nel libretto di carta seta»

Oggi l’oro si acquista nei banchi di metalli preziosi ma ai tempi della Serenissima era il Doge a dare agli artigiani dell’oro questo prezioso materiale. Tra tutti i mestieri della città, infatti, quello del battiloro era l’unico a essere considerato un’attività nobile e i battiloro erano i soli artigiani a poter sposare, a Venezia, donne appartenenti ai ceti più nobili. Il Doge consegnava l’oro ogni giorno ai battiloro, però, al termine della giornata glielo chiedeva indietro. I battiloro, infatti, dovevano riconsegnare giornalmente il materiale avanzato al Doge facendolo recapitare prontamente a Palazzo Ducale. La paura del Doge, infatti, era che i battiloro potessero sfruttare la materia prima che avevano a disposizione per comprare un esercito e sfidarlo, un rischio troppo alto per la Repubblica.
Dalla caduta della Serenissima a oggi questo mestiere è andato perdendosi sempre di più fino quasi a scomparire del tutto e lasciando traccia della sua esistenza solo nel lavoro che Marino continua a portare avanti e nella memoria storica dei veneziani. Anche la mariegola che regolamentava questo mestiere, come tutti i lavori artigianali della città, è stata persa, probabilmente dietro qualche scaffale o mobile antico, lasciando aperte le speranze di poter essere ancora trovata in futuro.
Non ci sono scuole che insegnano a diventare battiloro, si tratta di tradizione manuale tramandata oralmente da secoli. Oggi, questo duro ma importantissimo mestiere, lo si può imparare solo in questo laboratorio veneziano, facendosi guidare dalla sapienza del maestro Marino Menegazzo, acquisita, a sua volta, da suo padre e ancora prima da suo nonno.
«Per diventare tagliaoro ci vogliono dai 2 ai 3 mesi mentre per diventare battiloro ci vogliono dai 2 ai 3 anni - spiega Eleonora - Quello del battiloro è un mestiere particolarmente difficile e prettamente maschile dove bisogna avere un’ottima coordinazione, memoria e forza»
Riproduzione riservata © il Nord Est