Il friulano di Harvard che salva le viti dal clima impazzito
Il mago della potatura Marco Simonit su innalzamento delle temperature ed eventi meteo estremi. La sua Lezione a Boston a un simposio con luminari del settore enologico e manager di grandi aziende vinicole

Come salvare i vigneti dagli effetti del clima impazzito. È stato questo il tema che Marco Simonit, friulano di Cormons, il potatore di vigne più noto al mondo, ha sviluppato nel corso della sua lezione di mezz’ora all’università di Harvard, a Boston, uno dei templi internazionale della conoscenza. Il professionista - che vanta consulenze con maison del calibro di Romaneè Conti in Francia, nella Napa Valley in California, in Australia e in tutti i territori più vocati per il vino - è stato fra i relatori del “Vine to mind: decanting wine's future with data Science & AI” un simposio che ha visto radunati all’università di Harvard luminari del settore enologico, menti pionieristiche della ricerca, manager di grandi aziende vinicole.
La lezione a Harvard
Due le sessioni di lavori, la seconda è stata appunto dedicata a “Clima e uva” e ha affrontato la questione di come in un mondo in cui il cambiamento climatico ridisegna i confini, il “Data science” possa essere la bussola che guida l’evoluzione della viticoltura. Ad aprirla è stato Simonit con un intervento dedicato alla progettazione del vigneto di fronte al cambiamento climatico, che ha riscosso un notevolissimo interesse.
«In futuro produrremo vino in altura o a latitudini più alte rispetto a oggi», questa una delle pietre miliari del pensiero del potatore. «Sapevamo che avremmo dovuto affrontare nuove sfide in molti aspetti della nostra vita, ma credevamo che sarebbe stato un problema per le prossime generazioni - ha detto Simonit alla platea di Harvard - . Ci siamo però resi conto di recente che il cambiamento climatico è qui, possiamo vederlo e sperimentarne gli effetti ogni giorno. Innalzamento delle temperature medie, eventi estremi come siccità, colpi di calore, forti tempeste, stanno determinando una frequenza sempre maggiore di effetti sui principali distretti vitivinicoli in ogni parte del mondo».
Le aree viticole
«Per sfuggire a questi problemi sono necessarie nuove aree viticole. Quindi abbiamo focalizzato due punti che riteniamo essenziali. Innanzitutto, per l’emisfero settentrionale, considerato lo spostamento a Nord della coltivazione della vite già in atto, la ricerca di distretti vinicoli nelle zone più fresche. E poi quella che potremmo chiamare “viticoltura d’alta quota”, ovvero l’impianto di vigneti ad altitudini più elevate. In questo contesto è utile favorire la resilienza delle piante alle variabili climatiche: da un lato, preservando l’efficienza del sistema di conduzione dell’acqua nelle piante e migliorando le riserve nel legno vivo, dall’altro gestendo tralci e grappoli nel rispetto delle norme che garantiscano il vigore della pianta. Le densità di impianto dovrebbero essere riconsiderate, al fine di ridurre l’uso di acqua e di risorse e avere spazio sufficiente per lo sviluppo dell’architettura delle piante. Bisogna progettare “architetture dinamiche”, che possono essere sviluppate e modificate in base alla vita dell’impianto: saranno loro a costituire la spina dorsale dei germogli e dei grappoli e diventeranno un punto chiave per adattare le piante al terroir».
Uno speech, quello di Simonit, molto applaudito e che ha riscosso consensi da esperti e produttori convenuti alla prestigiosa università americana. «È stata una grande soddisfazione - racconta oggi Marco Simonit della sua esperienza in cattedra - sono molto contento e orgoglioso, felice e sorpreso, fin da quando mi hanno contattato e proposto di essere tra i relatori dell’evento che fa incontrare ogni anno accademici e industria per un confronto, uno scambio di idee, valutazioni e pareri sul futuro del settore. Già adesso alcune case vinicole prestigiose si stanno spostando verso il Nord Europa. Acquistano ettari di terreni in Danimarca, Svezia, nel Sud dell’Inghilterra. È in corso una migrazione della viticoltura in luoghi a Nord e sempre ad altitudini più elevate, dove le temperature sono acettabili. È sempre più difficile far resistere le piante alle condizioni estreme, in un verso e nell’altro, non solo nell’aspetto delle temperature fuori scala, ma anche in quello delle precipitazioni, le bombe di pioggia, le grandinate devastanti e quanto vediamo spesso un po’ dappertutto».
La carriera
Marco Simonit, che con lo storico socio Pierpaolo Sirch ha fondato l’omonima società, ha cominciato la sua carriera quasi per gioco, sperimentando e affinando le sue rivoluzionarie tecniche di potatura in un paio di filari di un vecchio vigneto del Collio che, a metà degli anni Novanta, gli mise a disposizione Mario Schiopetto, uno dei padri del Rinascimento del bianco friulano. Da allora l’ascesa è stata vertiginosa e oggi quello di Marco Simonit è forse il nome più conosciuto a livello internazionale. Sono oltre 160 le aziende, in Italia e all’estero, che si sono affidate a questo gruppo accreditato con università e istituti di ricerca per formare, teoricamente e praticamente, gli addetti alla potatura manuale dei vigneti. Tra le collaborazione, solo a Nord Est, vi sono quelle con Ferrari, Lageder, Allegrini, Ruggeri, Zenato, Nino Franco, Cecchetto, Manincor, Villa Sandi e Costaripa. In Francia è stato consulente di Domaine de la Romanée- Conti e di altri Châteaux bordolesi, a iniziare da Château d’Yquem (Premier Cru Supérieur, che produce il più famoso e pregiato dei Sauternes), Château Latour, Château Angelus, Domaines Leroy per continuare con Château Haut Bailly, Château Lynch Bages, Château Batailley, Château Pichon Longueville Comtesse de Lalande, Domaine Leflaive ed Hennessy. Vanta anche consulenze con Louis Roederer, di cui la squadra di professionisti di Simonit&Sirch segue i vigneti di tutte le etichette nei vari continenti. In Spagna lavora con Pago de Carraovejas, Marques de Riscal e Muga, in Portogallo con Ramos Pinto, Cortes de Cima e Prats&Symington, in Italia con Biondi Santi, Bellavista, Sella&Mosca, Feudi di San Gregorio. Negli Usa con Quintessa, Flowers, Cathy Corison, Shafer Vineyards e altri in Australia, Sudafrica, Cile e adesso pure in Giappone.
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