I viticoltori del Carso sfidano il Prosecco con un vino di nicchia, il Glera 18-10

TRIESTE Calato un asso destinato a mutare le sorti di una partita in apparenza scontata. È stato presentato nei giovedì sera, in anteprima alla Lokanda Devetak di San Michele del Carso, il primo Skerk Glera, uno straordinario vino frizzante realizzato con metodo ancestrale. Un Prosecco, non Prosecco: nulla a che vedere con il modaiolo, standardizzato, vino da aperitivo conosciuto ai più, quello che si è fagocitato ettari di territorio tra il Veneto e il Friuli in nome del profitto (466 milioni il numero di bottiglie di prosecco Doc distribuite nel 2018, per vendite al dettaglio di 2,369 miliardi), che si vendemmia in settembre e si trova sulle tavole a Natale.
Questo Glera 18-10 di Skerk è diverso a iniziare dal nome, un manifesto di sincerità. Non si chiama Prosecco perché i vecchi disciplinari che i produttori del Carso hanno tirato fuori dalle soffitte o dalle vecchie cantine consentivano di denominare così il vino solo se vendemmiato dopo il 18 ottobre, festa di San Luca. Ora con i cambiamenti climatici il meteo non è più quello che caratterizzava il costone carsico ottocentesco e, quindi, la vendemmia avviene intorno al 10 ottobre.
Una vendemmia su mezzo ettaro di vigna che apparteneva a venti proprietari, ripiantata 12 anni fa da Sandi Skerk che ha dato i suoi frutti dopo tutto questo tempo, a dimostrazione che per i viticoltori del Carso le parole d’ordine sono “territorio”, quello fatto di pochi centimetri di terra, tanta pietra, bora e mare, “varietà autoctone”, enologia a basso impatto, “macerazione” che regala una qualità sensoriale unica e, specialmente, “tempo”. Il vino è diverso anche all’olfatto, al palato e soprattutto per il colore. È un vino ottenuto per il 95 per cento da uve glera coltivate su 11 pastini con due o tre filari ognuno e una resa di 10, 15 quintali di uva all’anno: numeri e tempi di realizzazione, circa nove anni, ben diversi dal lontano parente veneto. L’uva viene diraspata e poi fermenta sulle bucce in botti grandi di legno per una decina di giorni, con molte follature.
Dopo lo svinamento e la pressatura si mette il vino in botti di legno per un anno. Le bollicine fini e persistenti di questo nuovo Glera 18–10, per preservare la tecnica della macerazione, si ottengono prelevando una piccola quantità di mosto dalla nuova annata e facendo stare il vino ben quattro anni sui lieviti, dopodiché viene sboccato. La storia di questo vino, come delle altre eccellenze – la nuova Vitovska 67 di Skerlj e gli eccezionali Kamen di Beniamino Zidarich nasce in vigna e lascia poco spazio all’enologo in cantina. Nasce in un territorio duro, a volte ostile, ma profondamente vero. Ecco perché il piccolo Davide armato di fionda, anche nell’epoca del business a tutti i costi, ha la possibilità di vincere contro Golia, gigante moderno, corazzato e poco romantico, dell’imprenditoria vitivinicola. — © RIPRODUZIONE RISERVATA
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