I manager? Snobbati dalle famiglie

Come vengono scelti i manager e qual è la chiave del successo nel capitalismo familiare? È da tempo opinione diffusa, fra aziendalisti ed esperti del settore, che uno dei fattori chiave per favorire lo sviluppo della media impresa sia la sua progressiva managerializzazione: ossia l’ingresso di manager esterni ad affiancare i membri della famiglia nella conduzione dell’impresa. Un trend che, seppur ancora a fatica, inizia a prendere piede anche a Nordest come dimostrano i dati contenuti nello studio “Governance Nord Est” realizzato da Adacta Advisory che rileva come il 40% delle società adotti un sistema di governance unitario. In queste aziende l’amministratore unico è nel 79% dei casi anche azionista e le percentuali aumentano nelle società a proprietà diretta, ossia in quelle familiari.
Dall’analisi emerge anche che nelle aziende del Nordest la dimensione media del Cda è di 3,2 unità, un dato che risulta essere direttamente proporzionale rispetto alla dimensione delle aziende. Il 51% dei membri dei Cda sono azionisti e la presenza dei soci tra gli amministratori aumenta al diminuire della dimensione. Le aziende familiari vedono poi un coinvolgimento diretto degli azionisti nella gestione, con la percentuale di componenti del Cda anche azionisti pari al 71%.
«Ma è il momento di smitizzare la narrazione che le imprese del Nordest non siano in grado di utilizzare i manager», spiega Giovanni Costa, professore emerito di Strategia d’impresa all’università di Padova, «prendiamo ad esempio un fenomeno come Luxottica: non si sottolinea mai abbastanza come uno degli artefici di quel successo, Roberto Chemello, sia stato uno dei primi laureati nella nuovissima laurea di Economia aziendale di Ca’ Foscari, la prima a trasformare un corso di laurea sostanzialmente per la formazione di commercialisti in un corso per la formazione di manager. E sempre a Ca’ Foscari hanno studiato Gianmario Tondato da Ruos, che ha condotto Autogrill alla fusione con Dufry, e Stefano Beraldo, attualmente amministratore delegato di Ovs, dopo essere stato alla guida prima del gruppo De’ Longhi e poi di Coin. Sottolineo anche quanto sta facendo Enrico Marchi con Finint che con Save, e un approccio manageriale, ha trasformato e fatto crescere non solo l’aeroporto ma l’intero sistema Venezia. E alla guida, è giusto dirlo, c’è anche una donna, Monica Scarpa».
Un altro osservatorio privilegiato sullo stato della managerializzazione delle aziende è certamente quello di Gianni Gajo, uomo d’impresa e di finanza, partner fondatore e presidente di Alcedo dal 2000 con un passato in realtà come San Remo, Marzotto, San Paolo Imi, Permasteelista e 21 Investimenti.
Negli ultimi decenni Gajo ha assistito all’evoluzione dell’impresa nordestina e, forte anche della sua laurea in Psicologia oltre che in Economia, spiega che per crescere manager e imprenditori devono «sperimentare l’elasticità».
«Prima la crisi finanziaria del 2008, poi il Covid e ora la guerra», spiega, «i mercati cambiano in continuazione e per restare al passo il manager deve essere costantemente informato su quello che accade nel mondo. E preparato a cambiare rapidamente rotta a seconda delle esigenze. Abbiamo di fronte anni di grandi cambiamenti, nei quali la produzione avverrà a livelli quantitativamente inferiori ma qualitativamente superiori. Esattamente come nessuno, se non per caso, aveva previsto la crisi finanziaria del 2008, nessuno è ora in grado di prevedere cosa accadrà ed è quindi necessario che gli imprenditori si affidino a manager pronti alla flessibilità». Il punto debole però sembrano essere le scuole di formazione.
«La questione è che preparano bene dal punto di vista tecnico», aggiunge, «ma non insegnano la flessibilità che ora è necessaria per guidare un’azienda». E a Nordest le cose non sembrano procedere alla velocità che richiede un contesto globale sempre più complesso. «In Veneto il passaggio di consegne dall’imprenditore al manager avviene ancora un po’ troppo lentamente», aggiunge Gajo, «ma è un fenomeno culturale che con il tempo è destinato a migliorare».
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