Fotovoltaico, la sfida alle energie rinnovabili passa dal Veneto

Una nuova stagione di investimenti, dopo la sparizione di quello che fu il distretto del fotovoltaico padovano. 

Negli ultimi anni sono cresciute aziende come FuturaSun, che che ha in programma di avviare nel 2023 una giga factory ed Energy che sta triplicando gli spazi produttivi per far fronte alla crescente domanda dei sistemi di accumulo

Federico Piazza

La notizia che Intel costruirà in Veneto una delle sue super giga factory europee di microchip interessa molto anche il settore delle energie rinnovabili. A partire dal fotovoltaico, che di componenti elettronici ne fa fortemente uso per gli inverter, e che avrebbe bisogno di costruire una filiera integrata completa in Europa per ridurre la dipendenza dalla Cina.

Questo riguarda anche il Nordest, dove c’era una volta il distretto fotovoltaico padovano, formato da aziende nate e cresciute nel primo decennio degli anni 2000 sulla spinta degli incentivi di mercato.

L’industria fotovoltaica veneta nel 2022

Molte di queste realtà oggi non ci sono più, messe fuori mercato dopo il 2010 dalla concorrenza cinese. Ma quelle rimaste e le nuove nate hanno l’opportunità di cogliere la prossima onda nel mercato italiano ed europeo verso gli ambiziosi obiettivi 2030 sulle energie rinnovabili dell’Ue.

Negli ultimi anni sono per esempio cresciute aziende come FuturaSun srl ed Energy spa. La prima è un produttore di pannelli con sede a Cittadella che ha in programma di avviare nel 2023 una giga factory in Veneto, oltre a quella già operante in Cina, per servire più da vicino il mercato europeo.

La seconda, società quotata in borsa all’Euronext Growth Milan, con la nuova sede di Sant’Angelo di Piove di Sacco sta triplicando gli spazi produttivi in Veneto per far fronte alla crescente domanda italiana e internazionale dei suoi sistemi di accumulo. Ma quali sono le prospettive che possa effettivamente svilupparsi in Veneto e in Italia una filiera integrata di produttori di wafer, celle, pannelli, batterie, accumulatori, inverter?

Il fotovoltaico nel 2022 in Europa, Italia, Veneto Il fotovoltaico europeo dovrebbe aggiungere 39 GW di nuova capacità nel 2022, secondo le previsioni di SolarPower Europe, che raggruppa 270 organizzazioni di settore in Europa. Le installazioni di impianti fotovoltaici e di relativi sistemi di storage energetico stanno crescendo anche in Italia, ma i numeri sono ancora lontani da quelli di paesi come Germania, Spagna e Paesi Bassi.

«Quest’anno si prevede in Italia un raddoppio della potenza installata rispetto al 2021, arrivando a 2 GW. Ma siamo sempre pesantemente sotto rispetto ai target Ue, visto che dovremmo fare 7-8 GW all’anno», commenta Andrea Rovera, consigliere di Italia Solare, associazione di oltre 1000 imprese italiane che promuove la generazione distribuita di energia da fonti rinnovabili, in particolare il fotovoltaico, integrata con le smart grid, la mobilità elettrica e le tecnologie efficientanti.

Il Veneto, secondo i dati Gaudì comunicati da Terna relativi al primo semestre 2022, è la quarta regione italiana come potenza cumulata dopo Puglia, Lombardia ed Emilia Romagna. E la seconda dopo la Lombardia come numeri di impianti fotovoltaici installati (158.577) e come capacità cumulata connessa di sistemi di accumulo (216 MWh).

Il futuro della filiera industriale europea

Tra le finalità di SolarPower Europe, a cui è associata Italia Solare, c’è lo sviluppo in Europa di una filiera industriale completa del fotovoltaico. Una sfida difficile, visto che il settore a livello globale è saldamente in mano cinese.

«Questo è il momento in cui, con un po' di volontà, si possono fare dei passi in avanti rispetto al gap con l’Estremo Oriente», sottolinea Rovera. «La componente meno complessa su cui si può agire sono i moduli, dove in Europa resta una capacità produttiva di circa 7 GW. Che è poco. Per dare un ordine di grandezza, solo il principale produttore mondiale di panelli, la cinese Longi, ha una capacità di assemblaggio dieci volte superiore. I primi sei produttori al mondo sono cinesi e forniscono il 90% dei pannelli fotovoltaici sul mercato mondiale».

Sicuramente servono investimenti su grande scala. «Una linea di produzione integrata di wafer, celle e moduli, partendo dal materiale base Polysilicon, richiede un investimento di mezzo miliardo di euro a GW», spiega Rovera.

«E 1 GW è il taglio critico minimo. Se un produttore di moduli non ha almeno una capacità di 1 GW non è nessuno, visto che i grandi player cinesi hanno decine e decine di GW di produzione. Quindi, visto che da noi realisticamente non si può pensare di arrivare alle dimensioni cinesi, servirebbero almeno tante fabbriche di 1 GW se pensiamo che in Italia l’obiettivo è di 7-8 GW aggiuntivi l’anno».

Cosa manca

Anie Rinnovabili, l’associazione nazionale delle imprese di settore di Confindustria, vede in Italia e in Europa un’effettiva possibilità di crescita nei prossimi cinque anni soprattutto del comparto dell’assemblaggio dei pannelli fotovoltaici e dei sistemi di accumulo energetico.

Ma manca, e realisticamente continuerà a latitare nonostante i proclami e gli obiettivi ufficiali del piano RepowerEU e dei Pnrr nazionali, la produzione di componente essenziali quali wafer in silicio, celle fotovoltaiche e batterie agli ioni di litio. Così l’autonomia europea rimane una chimera.

Osserva il presidente di Anie Rinnovabili, Alberto Pinori: «Verrà prodotto in Cina gran parte di quello che si installerà in Europa, e questo ci rende ricattabili perché non abbiamo il controllo sui prezzi e addirittura potremmo potenzialmente rimanere senza forniture se le relazioni con la Cina dovessero deteriorarsi per problemi politici, tipo eventuale crisi Taiwan, e i cinesi decidessero di tagliare il nostro mercato».

Alcune iniziative industriali di ampio respiro si stanno comunque sviluppando con fondi Ue. Come per esempio, in Italia, la 3Sun Gigafactory di Enel Green Power a Catania dove si realizzano celle e moduli fotovoltaici bifacciali ad alte prestazioni, che sarà ampliata a una capacità di 3 GW. Mentre il progetto di Seri Industrial prevede una nuova grande fabbrica di batterie elettriche industriali, storage e per veicoli nell’ex stabilimento Whirlpool di Caserta.

Cosa fare? «L'indipendenza energetica passa attraverso una visione globale europea, con una volontà politica comune di arrivare a una logica di autonomia energetica», dichiara Pinori. «Questo non significa applicare direttive per obbligare a raggiungere determinati obiettivi, bensì significa indipendenza produttiva e di prezzo, dai microchip alle celle al litio per le batterie sino alle celle fotovoltaiche. Realisticamente si può far nei prossimi cinque anni? Spero di sì. Sviluppare una filiera è complesso, occorrerebbe partire subito. Al momento nell’Ue non hanno compreso che va fatto».

Anie Rinnovabili sottolinea in particolare come la produzione di celle, il cui costo pesa per il 70/80% sul prezzo finale dei pannelli, non sia economicamente sostenibile in Europa. La capacità produttiva europea è inferiore a 1 GW.

«Per cambiare la situazione e non rischiare di sprecare investimenti produttivi in piani industriali destinati al fallimento, l’Ue dovrebbe decidere ex ante che la produzione di celle fotovoltaiche nel continente è strategica. Ma per fare ciò – precisa Pinori – occorrerebbe stabilire un prezzo delle celle calmierato a quello cinese, magari con un piccolo gap in più sul prezzo finale del pannello che sia accettabile dal mercato. Mentre sull'assemblaggio dei pannelli, in Europa si lavora bene: si è infatti in grado di fare economie di scala, senza bisogno di alcun tipo di aiuto, con risparmi e miglior qualità ed efficienza su trasporti, logistica, tempistiche, servizio».

Rovera è ottimista che nel campo dei moduli fotovoltaici si riesca ad avere nel giro di qualche anno delle realtà in grado di fare volumi importanti: «L'obiettivo di SolarPower Europe è di 20 GW di capacità produttiva in Europa. Altri vorrebbero arrivare a 100 GW, non solo quindi per l’autosufficienza ma anche per servire mercati extra europei. Se 1 GW necessita di mezzo miliardo di euro di investimenti, per 20 GW di capacità occorre investire 10 miliardi. Non sono numeri grandissimi, se si pensa che per ridurre le bollette in Italia si parla di decine di miliardi di euro».

Il Polysilicon

Per realizzare i pannelli fotovoltaici servono vetro, alluminio, materie plastiche. Ma alla base di una filiera integrata c’è il Polysilicon, il materiale con cui si producono le celle. Su questo fronte in Europa c’è già il gruppo tedesco Wacher Chemie, tra i principali produttori mondiali di Polysilicon, ma Rovera nota che «il suo output da 20 GW l'anno è già sold out per i prossimi anni, totalmente assorbito dai clienti cinesi».

E certamente per potenziare la produzione di Polysilicon servono investimenti importanti, che solo grandi gruppi possono fare in una logica strategica di lungo periodo. Anche perché si tratta di un processo industriale molto energivoro, tant’è che in Cina, dove si trovano sette dei primi dieci produttori mondiali di Polysilicon con una quota mondiale più che raddoppiata in dieci anni che oggi arriva a oltre l’80% per le applicazioni nel solare, gli impianti si trovano in genere in prossimità di grandi bacini idroelettrici con disponibilità di energia a basso costo.

Le batterie

Anche i sistemi di accumulo dell’energia sono fatti solo in piccola parte in Italia ed Europa, e si basano comunque su batterie agli ioni di litio quasi completamente importate dall’Estremo Oriente. Alla base c’è inoltre il problema dell’approvvigionamento del litio, anch’esso spesso controllato a livello internazionale da compagnie minerarie e di trasformazione cinesi, e comunque non disponibile nel Vecchio Continente dove pure ci sarebbero rilevanti giacimenti non sfruttati.

Gli inverter

Per gli inverter, cuore elettronico degli impianti fotovoltaici, è risaputo che i colli di bottiglia nelle filiere internazionali dei microprocessori, componenti fondamentali, stanno colpendo tutti i numerosi settori industriali che ne fanno uso. Investimenti per potenziare la produzione europea sono in corso, e in questo settore i grandi player non sono solo cinesi e taiwanesi. Come l’americana Intel, con i suoi importanti investimenti in Europa, compreso quello in Veneto nei prossimi anni.

«Quella degli inverter è la sfida più difficile – osserva Rovera – perché la produzione per essere competitiva deve essere di milioni di pezzi l'anno. In Italia ci sono delle belle realtà come qualità di prodotto, ma con volumi di produzione sinora molto ridotti». Un importante nome italiano è per esempio Fimer, società in concordato, che a settembre ha annunciato un piano di rilancio con 45 milioni di euro di nuovo supporto finanziario per riavviare la produzione di tecnologie elettroniche per il solare e la mobilità elettrica.

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