Mediobanca stronca Mps: «Ops ostile e inadeguata. Azionisti penalizzati»

Per il Cda di Piazzetta Cuccia il corrispettivo offerto non è congruo ed è del tutto inadeguato: «L'integrazione comporterebbe rilevanti dissinergie, fino a 665 milioni in assenza di fusione»

Giorgio Barbieri
Rocca Salimbeni, edificio trecentesco che ospita la sede storica del Monte dei Paschi di Siena
Rocca Salimbeni, edificio trecentesco che ospita la sede storica del Monte dei Paschi di Siena

Da Piazzetta Cuccia, sede di Mediobanca, arriva un secco no all’offerta pubblica di scambio di Monte dei Paschi di Siena. Un giudizio che sembra essere senza appello: l’offerta è considerata «ostile, non concordata, priva di convenienza industriale e non congrua dal punto di vista finanziario».

Un’offerta “a sconto”, per la quale il consiglio di amministrazione di Mediobanca individua rischi significativi, potenziali perdite di valore e un impatto negativo sulla strategia futura del gruppo.

La prima critica del Cda riguarda il corrispettivo offerto da Rocca Salimbeni, interamente composto da azioni dell’istituto senese. Il rapporto di scambio proposto (2,533 azioni Mps per ogni azione Mediobanca) viene definito «del tutto inadeguato» e presenta uno sconto del 32% rispetto al valore equo stimato da Mediobanca.

Inoltre, gli azionisti di Piazzetta Cuccia sarebbero esposti alla performance futura di Mps, una banca «con una storia segnata da fragilità patrimoniale e reddituale», e agli eventuali fallimenti nel raggiungimento degli obiettivi strategici.

In un’eventuale integrazione, Mediobanca rappresenterebbe oltre il 60% della realtà combinata, pur non esercitando il controllo. Questo squilibrio strutturale è indicato come un’anomalia che penalizzerebbe gli attuali azionisti di Piazzetta Cuccia spostando i rischi e i costi dell’operazione proprio su chi oggi detiene il valore.

A motivare la fermezza della risposta è anche la consapevolezza della solidità del modello di business di Mediobanca, «unica nel panorama bancario italiano per l’equilibrio tra Corporate & Investment Banking, Wealth Management e Consumer Finance». La strategia delineata nel piano “One Brand – One Culture”, aggiornato fino al 2028, prevede ricavi per 4,4 miliardi di euro, utili netti per 1,9 miliardi, un ritorno sul capitale (RoTE) del 20% e una remunerazione totale per gli azionisti pari a 4,9 miliardi di euro.

A confronto, si sottolinea, l’offerta di Mps non solo non garantisce alcun vantaggio competitivo, ma, secondo Mediobanca, rischia di compromettere la capacità della banca di creare valore in modo autonomo e sostenibile.

Il documento esamina poi in dettaglio anche quelle che vengono considerate le debolezze di Mps: un modello bancario tradizionale, poco diversificato, storicamente dipendente da interventi pubblici (oltre 25 miliardi in vent’anni), con redditività modesta, qualità del credito inferiore alla media del sistema e una forte esposizione ai rischi di mercato.

«L’integrazione tra le due realtà», afferma il Cda, «comporterebbe rilevanti dissinergie, stimate per un totale di circa 460 milioni di euro in caso di fusione tra le due entità bancarie e fino a 665 milioni in assenza di fusione». A tutto ciò si aggiunge la perdita delle opportunità connesse all’offerta su Banca Generali, ritenuta «strategicamente coerente e altamente sinergica per Mediobanca».

Non meno rilevanti, viene sottolineato, sono i rischi di governance derivanti dalla presenza incrociata di azionisti rilevanti (Delfin della famiglia Del Vecchio e Caltagirone) sia in Mediobanca che in Monte dei Paschi che, secondo la banca guidata da Alberto Nagel, potrebbero perseguire interessi non allineati a quelli dell’intera base azionaria. Inoltre, si legge nella nota, il documento di offerta di Mps non chiarisce né la futura struttura proprietaria né le autorizzazioni regolamentari ottenute, né contiene una visione industriale coerente. «L’assenza di un piano industriale per l’entità combinata e l’esperienza limitata di Mps in operazioni complesse», aggiunge il Cda, «accrescono il rischio di fallimenti nell’integrazione. A ciò si sommano pendenze legali per circa 3 miliardi di euro e procedimenti penali in corso a carico di ex manager Mps, non menzionati nei documenti dell’offerta».

Infine, il Cda sottolinea l’ambiguità delle soglie minime fissate da Mps (35% e 66,67%), che denotano «opacità in ordine alle reali finalità dell'offerta». Il messaggio da Piazzetta Cuccia è dunque chiaro: Mediobanca intende difendere il proprio modello, la propria autonomia e il valore per i suoi azionisti.

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