Orcel: «Nessuna scalata a Generali. L’Ops su Bpm così è a rischio»
Le dichiarazioni del ceo di UniCredit al Consiglio della Fabi. Le condizioni poste dal governo comportano «ostacoli legali e un aumento dei costi economici» ha detto Orcel che ha aggiunto: «Il nostro ricorso al Tar è una questione di chiarezza, non di combattimento»

Chiusura netta a ogni ipotesi di scalata su Generali e paletti ben definiti per portare avanti l’Offerta pubblica di scambio su Banco Bpm. Intervenuto all’assemblea della Fabi (il principale sindacato dei bancari), il ceo di UniCredit Andrea Orcel ha voluto sgombrare il campo da una serie di voci circolate nelle ultime settimane.
Quanto al futuro del gruppo assicurativo triestino, occorre fare una premessa. Nel corso dello stesso appuntamento, lunedì il group ceo di Intesa Sanpaolo aveva lanciato una provocazione: «Se Unicredit decide di scalare Generali, chiamerei Andrea Orcel e gli direi fermati». Una dichiarazione accompagnata dalla considerazione che «UniCredit ha già contemporaneamente due operazioni in corso».
Interrogato su questa volontà, ieri Orcel ha assicurato che «non c’è la possibilità», cioè la possibilità che arrivi mai una chiamata del genere, semplicemente perché la compagnia non interessa alla banca di Piazza Gae Aulenti. Al numero uno della banca milanese è stato chiesto, in veste di azionista del gruppo Generali, come vede l’Ops lanciata da Mediobanca su Banca Generali. «Vedremo come va a finire», ha risposto. Per poi ricordare che la società guidata da Gian Maria Mossa e attiva nella gestione dei patrimoni «è un ottimo canale di distribuzione e se fossi Generali non rinuncerei a quella rete».
Considerazioni, ha chiarito, che tuttavia non impattano sulla decisione, dato che «non verrà chiesto agli azionisti questo passaggio, passa direttamente in consiglio», ha aggiunto il banchiere.
Orcel non si è tirato indietro in merito alle domande sull’Ops promossa su Banco Bpm, che da qualche giorno è stata sospesa, su richiesta dell’offerta raccolta dalla Consob, alla luce delle condizioni poste dal Governo. Tra le altre, l’uscita dal mercato russo entro sette mesi e l’impegno a non ridurre le filiali all’esito della fusione.
L’aggregazione tra UniCredit e Banco Bpm è «un’operazione valida industrialmente, valida strategicamente, però si scontra su visioni diverse che rendono l’operazione de facto non economica», ha sottolineato Orcel. Le condizioni poste dall’esecutivo, ha aggiunto «comportano ostacoli legali» e «un aumento del costo economico per fare l’operazione».
Parole che sarebbe forzato leggere come un addio all’operazione, ma che indicano una profonda riflessione in corso in merito alla possibilità di andare avanti o meno. Per altro, UniCredit sta giocando la carta dei tribunali. «Il nostro ricorso al Tar è una questione di chiarezza, non di combattimento», ha sottolineato il top manager, ma «il percorso Tar-Consiglio di Stato non arriverà in tempo per darci certezza della chiusura dell’operazione», ha aggiunto Orcel, ammettendo che l’Ops, «potrebbe decadere». Fermo restando, ha concluso, che «può essere sempre riproposta».
Orcel non ha parlato esplicitamente dell’altra partita nella quale è impegnata la sua banca, quella tedesca per il controllo di Commerzbank, ma ha voluto chiarire di non vivere la crescita per linee esterne come un’ossessione. UniCredit, ha sottolinea, non ha bisogno di fare m&a «fine a se stessa…si fa qualcosa se aggiunge valore a quello che abbiamo». Quindi ha rimarcato che «se non ci saranno le condizioni, non le faremo (le operazioni straordinarie, ndr) e ritorneremo su una traiettoria che è già la migliore che esiste in Europa», ha aggiunto.
Il top banker ha parlato dell’Unione bancaria, prospettiva a più riprese evidenziata negli ultimi tempi come necessaria per ridare competitività al Vecchio Continente, che altrimenti rischia di essere schiacciato dal braccio tra le superpotenze di Stati Uniti e Cina. C'è bisogno di banche veramente paneuropee, di banche che possono dare le stesse condizioni e seguire le imprese alla stessa maniera, sia che siano in Francia, in Italia, in Germania o altrove, è il concetto espresso da Orcel. Accompagnato dalla descrizione di un presente molto lontano da questa ambizione, tanto che si assiste a differenze importanti «in merito al prezzo del credito in Germania rispetto all’Italia». Una situazione dovuta alla maggiore solidità del bilancio tedesco.
«Se vi fosse una banca paneuropea, il costo del credito tenderebbe a omogeneizzarsi». Il non detto è che UniCredit, la più internazionale tra le banche italiane, vorrebbe candidarsi a un ruolo da kingmaker nell’area euro e il suo timoniere si sta muovendo chiaramente in quella direzione. Resta da capire se normativa e rappresentanti delle istituzioni glielo consentiranno.
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