Nozze Bpm-Crédit Agricole: «Useremo il Golden Power»
Nel mirino del ministro dell’Economia Giorgetti l’operazione tra il Banco e l’istituto francese. «Come l’ho fatto rispettare a UniCredit, lo farò rispettare anche in questo caso»

Il Golden Power torna a dominare la scena bancaria italiana. Lo strumento con cui Palazzo Chigi può intervenire a tutela degli interessi strategici del Paese è infatti il nodo cruciale della possibile fusione tra Crédit Agricole Italia e Banco Bpm, terzo istituto di credito nazionale.
«Io non ho obiezioni politiche, io ho una legge che devo far rispettare», ha dichiarato ieri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti rispondendo in Senato alle domande dei cronisti.
Il riferimento è diretto al Golden Power: «Come l’ho fatto rispettare agli altri, lo farò rispettare anche in questo caso».
Un messaggio chiaro, che lascia intendere come il governo non intenda arretrare rispetto alla linea già adottata sulla precedente offerta di UniCredit proprio per il Banco.
La vicenda ha assunto subito un rilievo politico. In Aula, Matteo Renzi ha accusato Giorgetti di incoerenza: «Avete messo il Golden Power su UniCredit dicendo che difendevate l’Italia. Ora lasciate che la vostra Bpm finisca in mano francese?». Il leader di Italia Viva ha denunciato un governo «impigliato nelle sue stesse trappole».
Secondo alcune indiscrezioni circolate nei giorni scorsi un piano di fusione tra le due banche sarebbe già delineato, con advisor internazionali al lavoro da entrambe le parti. Crédit Agricole, che possiede già il 20% di Banco Bpm e ha il via libera a salire fino al 29,9%, punterebbe a mantenersi sotto la soglia del 25%. Una scelta tecnica per evitare l’obbligo di Opa e, soprattutto, per ridurre il rischio di un intervento governativo.
Lo schema ipotizzato vedrebbe Bpm acquisire il 51% di Crédit Agricole Italia, guidata dall’Ad Hugues Brasseur, valutata circa 6 miliardi, con un mix di azioni Anima, Agos Ducato e una quota del proprio capitale.
In parallelo l’Ad Giuseppe Castagna, destinato a restare al timone per un altro triennio, rileverebbe un ulteriore 14% di Cai dalle fondazioni, rafforzando così il patto degli enti previdenziali italiani fino all’11%. Un modo per bilanciare il peso dell’azionista francese.
Il punto però resta essenzialmente politico.
Nel governo non esisterebbe ancora una posizione unitaria sull’operazione.
E la decisione europea attesa sul decreto relativo al Golden Power su UniCredit potrebbe condizionare l’atteggiamento di Palazzo Chigi: se Bruxelles confermasse i dubbi di abuso sollevati contro Roma, lo spazio per nuovi interventi si ridurrebbe.
Castagna, nei giorni scorsi, aveva definito l’alleanza con Agricole «un’opzione evidente» e «potenzialmente un bene per l’economia italiana», senza però chiudere la porta ad altre strade, incluso un asse con Mps reduce dal successo dell’offerta per Mediobanca.
Dalla sponda francese, il vice ad Jérôme Grivet ha parlato di «diversi scenari possibili».
Gli analisti di Equita hanno sottolineato il «senso industriale» dell’operazione, ma avvertono che la variabile decisiva sarà la politica. All’interno della maggioranza, infatti, non mancano differenze di vedute: la Lega, tradizionalmente vicina al Banco, potrebbe guardare con più favore al progetto, mentre Fratelli d’Italia resta più prudente di fronte al rafforzamento di un player estero nel cuore del sistema bancario nazionale. —
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