Mps blinda Luigi Lovaglio: «Piena e unanime fiducia. Avanti con Mediobanca»

Il titolo del Monte ha ripreso la discesa: -0,6%, con una capitalizzazione sotto i 23 miliardi. Nelle carte dell’inchiesta l’ad di UniCredit Orcel: «Sorprendente la chiusura rapida del collocamento»

Roberta Paolini

Le coincidenze parallele. Nel giorno in cui si annuncia la risoluzione del rapporto ultraventennale di Alberto Nagel con Mediobanca, il board di Rocca Salimbeni conferma la piena fiducia nel suo ceo Luigi Lovaglio. In realtà nessuna sorpresa da Monte dei Paschi di Siena, il board ha scelto la strada della continuità, blindando il suo ad nel pieno della tempesta scatenata dall’inchiesta che rischia di scuotere (di nuovo) le fondamenta della banca più antica del mondo. Un gesto di fiducia — unanime, categorico — che tenta di riportare ordine nel cuore di un risiko bancario diventato materia per magistrati, regolatori e assetti di potere. Ma mentre Siena fa quadrato, è Milano a dettare il ritmo: l’inchiesta sulla scalata a Mediobanca continua ad allargare il perimetro del sospetto, e i mercati — da giorni — non perdonano. Intanto, Siena fa sapere che sul processo di aggregazione si va avanti e «che l’attività dei gruppi di lavoro, che coinvolgono le risorse professionali di entrambe le banche, prosegue a pieno regime, con l’obiettivo di realizzare in tempi brevi le sinergie industriali e di accelerare la crescita e la creazione di valore».

Una settimana di turbolenze non ha scalfito l’apparenza di normalità con cui Lovaglio ha varcato la soglia del cda di Mps. «Atmosfera di assoluta serenità», assicurano fonti vicine all’amministratore delegato.

Intanto Piazza Affari non smette di essere nervosa. Dopo la breve tregua di mercoledì, il titolo Mps ha ripreso la discesa: -0,6% in chiusura a 7,59 euro, con una capitalizzazione scesa sotto i 23 miliardi. In sofferenza anche Mediobanca (-1,84% a 16,26 euro), mentre su Piazzetta Cuccia pesa lo sviluppo delle indagini e il sequestro dei telefoni del presidente Vittorio Grilli e dell’ad Alessandro Melzi d’Eril. Entrambi non risultano indagati. Anche Banco Bpm e Anima restano sul radar, nella guerra di posizione che ha segnato il risiko bancario dell’ultimo anno.

Sul Monte ha comunque messo un argine Barclays: gli analisti hanno alzato il target price da 7,8 a 8,2 euro, riducendo il costo del capitale dall’11,5% all’11%. Ma la banca d’investimento avverte che «l’incertezza potrebbe persistere» fino a chiarimento pieno dell’inchiesta, pur definendo «interessante» la valutazione di Mps, sia stand alone sia nel perimetro di potenziali aggregazioni.

Per ora l’unica certezza è il calendario regolatorio. Entro marzo Siena dovrà consegnare alla Bce il piano sull’integrazione con Mediobanca e attende il via libera di Francoforte alle modifiche statutarie per introdurre il voto di lista, in vista del rinnovo dell’intero cda previsto in primavera: partita che può decidere anche il futuro di Lovaglio alla guida del Monte.

A far tremare i vetri, più delle oscillazioni in Borsa, sono però le carte dei pm milanesi. Il fulcro dell’inchiesta, come emerge dal decreto di perquisizione, è il collocamento accelerato (ABB) con cui il Tesoro ha iniziato a vendere le proprie azioni Mps. Il Dpcm del 16 ottobre 2020, nel fissare i paletti per la dismissione pubblica, imponeva procedure non discriminatorie, in armonia con il diritto europeo. Una cornice che gli inquirenti ritengono forzata fin dalla prima fase dell’operazione: «Il senso complessivo dell’operazione è stato palesemente quello di destinare una parte cospicua di azioni di Mps di proprietà del Mef a soggetti predeterminati, volendo tuttavia generare all’esterno l’apparenza di una procedura “aperta”».

Una critica che trova sponda nelle dichiarazioni rese al pm dall’ad di UniCredit, Andrea Orcel. L’ex banchiere d’investimento diventato il “guardiano” di UniCredit racconta un interesse strategico coltivato a lungo: prima i contatti istituzionali con il Mef nel 2021, poi — nel 2023 — l’offerta di acquistare la quota pubblica con un premio «nell’ordine del 10%» rispetto al valore di mercato. Tentativi respinti per divergenze sulle valutazioni.

Poi la stagione degli ABB. UniCredit resta ai margini dei primi due collocamenti, in autunno 2023 e marzo 2024. Ma nel terzo collocamento, novembre 2024, la situazione cambia: «Si stava profilando la possibilità di un’operazione strategica tra Bpm e Mps che avrebbe mutato il panorama del settore».

Per questo Orcel incarica il suo braccio destro, Giacomo Marino, di contattare Banca Akros, intermediario unico dell’operazione. La risposta arriva netta: «L’offerta è già chiusa». Un esito «sorprendente», dice l’ad, perché in operazioni di mercato di quel tipo esiste sempre una fase di dialogo prima della chiusura definitiva.

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