Mediobanca, ora tocca a Nagel respingere l’assalto del Monte Paschi
Se fallisse la scalata tentata da Siena cadrebbe la necessità di fare l’assemblea

La mossa di ieri di Mediobanca e del suo amministratore delegato Alberto Nagel ricorda il modo con cui Muhammad Alì descriveva la propria boxe: «Pungi come un’ape, vola come una farfalla».
Quando la compagine guidata dal costruttore Francesco Gaetano Caltagirone pensava di essere vicina a sferrare il colpo del ko, bocciando in assemblea la proposta di acquisto di Banca Generali e affossando di conseguenza le speranze di Mediobanca di evitare di essere divorata dal Monte dei Paschi di Siena, il consiglio di amministrazione dell’istituto ha rinviato al 25 settembre il momento in cui riunire i soci. Uno scarto di lato che ha sottratto il bersaglio a Caltagirone, rinviando il momento del confronto.
Uno degli elementi che ha spinto gli amministratori di Mediobanca a prendere tempo è quanto accaduto in Borsa nelle ultime settimane. Da quando il 28 aprile ha annunciata l’Offerta pubblica di scambio su Banca Generali, in Piazza Affari è stato rastrellato oltre l’11 per cento del capitale di Mediobanca.
A comprare, talvolta con strumenti derivati costruiti apposta per l’assemblea che si sarebbe dovuta tenere oggi, è stato Caltagirone stesso, arrivato alla soglia del 10 per cento dei diritti di voto, una serie di casse previdenziali, tra le quali quelle dei medici (Enpam) e degli agenti di commercio (Enasarco), UniCredit, forse per conto di alcuni clienti, e infine - stando a indiscrezioni non smentite - due banche d’affari come Jefferies e JP Morgan, advisor di Mps nel tentativo di scalata di Mediobanca.
Era dunque forte il rischio che la decisione sulla validità del progetto di Mediobanca fosse bocciata da un fronte che sta giocando su più tavoli contemporaneamente, con il fine ultimo di permettere a Caltagirone & C. di mettere le mani sulle Generali.
Il supplemento di tempo, dunque, dovrà servire per tentare di convincere alcuni azionisti che oggi si sarebbero astenuti, a cominciare da Delfin e forse Benetton, perché interessati a capire quali possono essere i benefici dell’operazione congegnata da Nagel anche per Generali.
Di qui a settembre, tuttavia, il quadro potrebbe essere cambiato anche sotto altri aspetti. L’assemblea rinviata oggi, infatti, era resa necessaria dal fatto che, dopo l’offerta di scambio lanciata da Mps, Mediobanca è sotto passivity rule.
Se però l’Ops senese non andasse a buon fine, il cda dell’istituto milanese sarebbe libero di decidere anche senza assemblea di procedere nell’operazione su Banca Generali.
È qui, dunque, che il management di Mediobanca dovrà dimostrare di essere capace anche di pungere come un’ape, come sapeva fare il grande Muhammad Alì, convincendo almeno il 51 per cento del proprio azionariato a non consegnare le azioni a Mps.
Le basi ci sono, perché nonostante il grande lavorio e il coinvolgimento di soggetti come le casse previdenziali, che nel risiko finanziario sembrano usare i soldi delle pensioni dei loro iscritti come farebbe un hedge fund invece che un investitore istituzionale, il fronte Caltagirone anche ieri si era fermato al 40 per cento del capitale. — © RIPRODUZIONE RISERVATA
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