Mediobanca alza il muro contro il rialzo di Mps: «Rischi per gli azionisti»

Il Cda di Piazzetta Cuccia denuncia i rischi di distruzione di valore e di governance. Ora la battaglia si sposta sulla quota del 13% che l’istituto milanese ha in Generali

 

Giorgio Barbieri

Nonostante il rilancio di 0,9 euro per azione annunciato lunedì da Luigi Lovaglio, il consiglio di amministrazione di Mediobanca ha bocciato nuovamente l’offerta del Monte dei Paschi.

La decisione, presa con il voto contrario di Sandro Panizza e l’astensione della vicepresidente Sabrina Pucci - entrambi espressione della lista Delfin - è stata netta: l’Opas è giudicata «priva di razionale industriale e di convenienza per gli azionisti».

Il consiglio di amministrazione dell’istituto milanese rileva che, anche sulla base del supporto dei propri advisor finanziari, «il nuovo corrispettivo esprime una valorizzazione di Mediobanca che non riconosce in maniera adeguata il valore intrinseco dell’azione di Mediobanca anche alla luce della prospettiva del Piano One Brand-One Culture esteso al 2028 e non remunera adeguatamente il contributo che Mediobanca darebbe al valore della combined entity. Nonché, anche alla luce dell’entità della componente in azioni del nuovo corrispettivo rispetto alla componente in denaro, continua a porre a carico degli azionisti di Mediobanca gran parte dei rischi connessi al raggiungimento degli obiettivi strategici dell'offerta definiti da Mps».

Per l’istituto di Piazzetta Cuccia «il nuovo corrispettivo non è dunque di per sé sufficiente, anche alla luce dei rischi di dissinergie e di distruzione di valore che caratterizzano l’offerta, a mutare la precedente valutazione di non congruità e inadeguatezza del corrispettivo».

Il board «rileva inoltre che la rinuncia alla “condizione Soglia” conferma e avvalora tutte le criticità già evidenziate segnalando in maniera inequivocabile, a dispetto della dichiarata finalità di massimizzare le adesioni all’offerta perseguita con il suddetto incremento del corrispettivo, la volontà di Mps di assumere il controllo, anche di fatto, di Mediobanca, anche dinanzi ai rilevanti rischi di dissinergie e di distruzione di valore».

Sullo sfondo dello scontro sui termini e sul valore dell’offerta, resta l’obiettivo che da tempo si sono posti due dei grandi azionisti della banca d’affari e poi del Monte, la holding Delfin della famiglia Del Vecchio e il costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone: la conquista delle Assicurazioni Generali, il cui controllo passa attraverso il pacchetto del 13% di Generali che Mediobanca custodisce da vent’anni e che ne ha storicamente garantito il ruolo di regista sulla compagnia triestina.

La partita sul Leone si intreccia infatti con i rapporti tra i grandi soci: da una parte il governo, che attraverso il ministero dell’Economia e delle Finanze ha salvato Mps e ne resta comunque azionista, seppur minoritario dopo l’Opas su Mediobanca, dall’altra Delfin e Caltagirone, sempre più determinati a prendere il controllo di Generali ma anche vincolati dalla Bce a non esercitare un controllo congiunto su Mediobanca.

Una variabile destinata a pesare sarà la scelta del futuro vertice di Mediobanca, che l’ad di Mps Luigi Lovaglio ha già annunciato di voler sostituire quando avrà il controllo: il nome che circola con maggiore insistenza per la presidenza è quello di Vittorio Grilli, ex ministro del governo Monti oggi in J.P. Morgan.

Mentre in lizza per la successione ad Alberto Nagel ci sarebbero Mauro Micillo (Banca Imi) e Marco Morelli (Axa Im). L’offerta di Siena scadrà l’8 settembre, ma ha già raccolto il 40,4% delle adesioni, superando la soglia del 35% che la rende valida. La strada sembra quindi segnata, in attesa anche di capire le mosse della Procura di Milano che sta indagando sulla privatizzazione di una quota di Mps.

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