Governance Generali: ipotesi direttore generale

La proposta potrebbe essere introdotta al tavolo del cda di lunedì, subito dopo la Barcolana. Il nome che circola con insistenza è quello di Giulio Terzariol, oggi Ceo Insurance del gruppo

Roberta Paolini
Palazzo Berlam a Trieste, uno dei luoghi simbolo di Generali
Palazzo Berlam a Trieste, uno dei luoghi simbolo di Generali

A Trieste, sotto la superficie calma del Gruppo Generali, qualcosa si muove. Dopo il rinnovo del consiglio di amministrazione di aprile, con Philippe Donnet confermato amministratore delegato e Andrea Sironi alla presidenza, potrebbe riaprirsi il cantiere della governance del Leone.

Nella compagnia si starebbe, infatti, ragionando di un cambio della struttura al vertice, ricostituendo sotto la posizione del ceo Donnet quella di direttore generale, che manca dall’inizio del 2017. Dell’argomento si comincerà a discutere nel cda in agenda lunedì 13 ottobre.

Un passaggio che si presta a diversi piani di lettura. Una mossa non improvvisa, ma meditata.

Da tempo Donnet coltiva l’idea di rafforzare la prima linea manageriale. E ora il contesto, mutato dopo il successo dell’Opas del Monte dei Paschi su Mediobanca, ne rende la tempistica più che mai significativa.

Il nuovo assetto azionario ridisegna infatti i rapporti di forza attorno al Leone: con Mps che, attraverso Mediobanca, è oggi il primo azionista di Generali con il 13,1%, e con Delfin e Caltagirone – usciti sconfitti dall’assemblea di aprile – ora soci ancora più forti, come primi azionisti anche del Monte oltre che tra i principali azionisti di Trieste.

In questo quadro, il nome che circola con insistenza è quello di Giulio Terzariol, ex Allianz, oggi Ceo Insurance del gruppo. È un profilo che piace tanto a Donnet quanto ai soci forti, Delfin e Caltagirone.

Un manager di fiducia, di formazione internazionale, capace di garantire continuità e pragmatismo.

La nomina di un direttore generale con il suo profilo, dicono ambienti vicini al dossier, sarebbe un processo condiviso e non un atto di rottura.

Con Donnet al timone Generali ha raggiunto in Borsa negli ultimi cinque anni una performance del 166%, esito in parte legato anche alle prese di posizioni sul capitale avvenute nelle disfide assembleari per il rinnovo del board.

Ma non solo. L’aumento del titolo è, infatti, pure lo specchio di un andamento industriale positivo, dove gli obiettivi promessi nei diversi piani sono sempre stati superati e i dividendi distribuiti hanno ampiamente remunerato i soci e in misura crescente. Se questa è la premessa, esiste oggi un nuovo contesto nel capitale del Leone e questa è faccenda di cui tener conto.

Del resto, la prudenza resta la cifra del momento.

Il cantiere della governance non può trasformarsi nuovamente in un campo di battaglia proprio ora che Trieste si ritrova nel mezzo di un nuovo triangolo del potere finanziario italiano, con i vertici di Mps, Mediobanca e Generali legati da partecipazioni incrociate e interessi convergenti.

Nel frattempo, il protagonista della scalata a Mediobanca, Luigi Lovaglio, ad di Monte dei Paschi, ha scelto la sede istituzionale della Commissione d’inchiesta parlamentare su banche e assicurazioni per definire i contorni della nuova stagione.

«Siamo completamente focalizzati su Mediobanca – ha detto – la velocità è fondamentale». L’Opas è, nelle sue parole, «ampiamente di mercato», e nasce per creare «un campione al servizio del Paese».

Sulle prossime mosse, Lovaglio ha frenato le speculazioni sul risiko: Banco Bpm è «un’ottima banca con cui collaboriamo attraverso Anima», ma «non ci sono distrazioni».

La quota in Generali, ha aggiunto, «è importante, ma sarà gestita in un’ottica esclusivamente industriale».

Si tratta, ha precisato, di un investimento che «diversifica le fonti di reddito e offre opzionalità sulla bancassurance, ma deve dare una redditività positiva rispetto ad altre possibilità di impiego del capitale».

Dietro la freddezza istituzionale, resta però il dato politico-industriale: con Delfin e Caltagirone rafforzati, e con Mps primo azionista, la Trieste di Donnet e Sironi non è più quella di pochi mesi fa. Ed è in questo equilibrio nuovo, più complesso, che la partita sulla governance si giocherà nelle prossime settimane, con un primo passaggio appunto probabilmente al prossimo consiglio di amministrazione.

A Trieste, come noto, le decisioni arrivano senza clamore, ma sono il segno di un cambio della geografia del potere. —

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