Fondazione Crt esce dal Banco: per l’1,8% incasso di 140 milioni

La notizia dell’uscita di Fondazione Crt ha colto di sorpresa il mercato, con il titolo bancario che ha chiuso la seduta del 15 febbraio in calo del 3,45%
Luigi Dell’olio

L’uscita di Fondazione Crt dal capitale di BancoBpm ha colto di sorpresa il mercato, con il titolo bancario che ha chiuso la seduta del 15 febbraio in calo del 3,45%, spiccando in negativo rispetto al più 1,12% messo a segno dal Ftse Mib.

L’istituto ha confermato le indiscrezioni di stampa, affermando di essere stata informata che l’operazione, riguardante le azioni rappresentative dell'1,8% del capitale, «è stata eseguita in data 13 febbraio».

A farsi portavoce delle preoccupazioni diffuse tra gli investitori è stata per prima Equita Sim, con un report nel quale viene sottolineato che l’uscita potrebbe «modificare gli equilibri azionari del Banco e in particolare influenzare le decisioni di altri soggetti all’interno del patto di consultazione. L’uscita della Fondazione sarebbe una notizia negativa considerando la sua quota nel gruppo, la sua partecipazione al patto di consultazione e che Banco Bpm gioca un ruolo chiave nel consolidamento bancario Italiano», hanno scritto di gli analisti.

Crt era stata tra i promotori di un patto di consultazione tra Fondazioni, enti e casse sull'8,3% del capitale della banca.

L’uscita di un azionista di medio peso non costituisce un fatto così insolito, ma tra gli addetti ai lavori ci si interroga sul perché di un addio a una partecipazione che da sempre si caratterizza per dividendi elevati, che servono a un ente come Crt per sostenere le attività istituzionali nel campo della cultura e di sostegno ai territori.

Dunque è probabile, secondo i rumors, che l’incasso di circa 140 milioni venga impiegato per acquisire una partecipazione in un’altra istituzione finanziaria. L’ente torinese conta già in portafoglio l’1,9% di Unicredit, l’1,61% di Generali (nell’assemblea 2022 si è schierato al fianco del duo Caltagirone-Delfin, opposto alla lista del cda uscente, supportata da Mediobanca e uscita vincente dallo scontro) e l’1,5% di Cdp.

La notizia ha rilanciato le speculazioni sul possibile avvio a breve di un nuovo risiko nel sistema bancario italiano. Nella primavera di due anni fa Crédit Agricole è entrata a sorpresa nel capitale del Banco Bpm con il 9,18%, poi salito al 9,9% anche se il numero uno italiano del gruppo francese, Giampiero Maioli, ha sempre ribadito che non c’è l’intenzione di superare il 10% dell’istituto milanese. Del resto Crédit Agricole e Banco Bpm già da tempo collaboravano nella società del credito al consumo Agos e non è escluso un interesse della banque vertre per la Sgr Anima, di cui ha già il 2% attraverso la partecipata Amundi (Banco Bpm è azionista di riferimento). L’affondo potrebbe arrivare soprattutto qualora non dovesse essere confermata la partnership nel risparmio gestito tra il gruppo francese e UniCredit. E proprio quest’ultimo torna periodicamente come possibile acquirente di Banco Bpm nell’ottica di avvicinare il leader nazionale del credito Intesa Sanpaolo. Il tempo dirà se la mossa di Crt è la prima pedina a muoversi sullo scacchiere politico-finanziario, in vista di nuovi equilibri di potere.

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