Delfin, come Del Vecchio ha pensato allo schema dinastico perfetto per preservare il suo impero

Milleri nominato presidente di EssiLux al suo posto. Leonardo Del Vecchio ha studiato e ristudiato, rivisto, corretto e perfezionato fino a raggiungere, con i suoi legali, lo schema successorio perfetto. Un disegno che permettesse la continuità dei dirigenti a lui più vicini e la prosecuzione della sua visione nel cuore dell’impero, cioè EssiLux, e nelle partecipazioni finanziarie, a cominciare dai sostanziosi pacchetti azionari in Generali e Mediobanca

Roberta Paolini
Il vicepresidente e Ad di Luxottica, Francesco Milleri (s), e il presidente di Luxottica, Leonardo Del Vecchio all'assemblea degli azionisti, Milano 19 aprile 2018. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO
Il vicepresidente e Ad di Luxottica, Francesco Milleri (s), e il presidente di Luxottica, Leonardo Del Vecchio all'assemblea degli azionisti, Milano 19 aprile 2018. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

MILANO. La prima tessera del mosaico da ricomporre dopo la scomparsa di Leonardo Del Vecchio è andata al suo posto. Francesco Milleri sarà il suo erede alla guida di EssiLux. Il fidato manager è stato nominato dal cda nuovo presidente del gruppo delle lenti e degli occhiali per la durata residua del mandato. Milleri mantiene inoltre l’attuale carica di amministratore delegato. Lo annuncia una nota ufficiale, precisando che il consiglio ha anche deciso di prendere in considerazione di nominare un lead director tra i propri Amministratori Indipendenti. «Entro la fine dell'anno verrà presa una decisione definitiva» recita la nota.

Leonardo Del Vecchio ha studiato e ristudiato, rivisto, corretto e perfezionato fino a raggiungere, con i suoi legali, lo schema successorio perfetto. Un disegno che permettesse la continuità dei dirigenti a lui più vicini e la prosecuzione della sua visione nel cuore dell’impero, cioè EssiLux, e nelle partecipazioni finanziarie, a cominciare dai sostanziosi pacchetti azionari in Generali e Mediobanca.

Proprio su quest’ultimo punto ieri le indiscrezioni affermavano che su Mediobanca per ora non si torna indietro e il dossier con la Bce per salire sopra il 20% di piazzetta Cuccia resta aperto. Emerge dunque una prima linea sui possibili orientamenti, anche se questa non è materia di questi giorni di immane tristezza nell’entourage di Del Vecchio.

Il capitale di Delfin, veicolo lussemburghese a capo dell’impero miliardario, verrà ereditato per il 25 per cento dalla moglie Nicoletta Zampillo. Il resto sarà suddiviso equamente tra i sei figli: Claudio, Marisa e Paola, avuti dal primo matrimonio con Luciana Nervi, Leonardo Maria, figlio della seconda e terza moglie (risposata in seconde nozze) Zampillo, Luca e Clemente, nati dalla relazione con Sabina Grossi. Ad ognuno di loro spetterà il 12,5 per cento a testa.

Delfin, come noto, custodisce il 32% di Luxottica, il 26% di Covivio, gli immobili e i vari investimenti: dall’1,9% di Unicredit risalente agli anni ‘90 allo 0,67% di Webuild, fino al 19,5% di Mediobanca e al 9,9% di Generali.

«I miei figli faranno solo gli azionisti» era solito dire Del Vecchio. E in più di un’occasione aveva ribadito che era preferibile la famiglia restasse fuori dalla vita dell’azienda: «Un manager lo puoi sempre licenziare, anche se costa caro: un figlio no».

Ecco perché ha voluto un cda composto da sei amministratori, sovrano nelle scelte della cassaforte, stabilendo per statuto una serie di cose, tra cui la quota di utili da destinare alla fondazione che porta il suo nome. Ma non è tutto, perché le volontà di Del Vecchio, la lettura del file testamentario non è stato ancora fatta e dovrebbe essere effettuata nei prossimi giorni, sono scolpite se non nella pietra, quasi.

L’unico ad avere un incarico a vita in Delfin era per l’appunto Del Vecchio. Tuttavia i suoi due dioscuri Romolo Bardin e Milleri, se come si dice entrerà nella holding al posto del grande imprenditore, avranno senza dubbio un ruolo cruciale nel dare continuità al disegno che aveva immaginato il fondatore di Luxottica.

E poi ci sono due clausole fondamentali. La prima è quella dell’imparzialità dinastica voluta dal capostipite in persona: nessuna decisione sulla governance può essere presa se non con una maggioranza dell’88%, quindi con il consenso pieno di tutti gli eredi.

Lo stesso quartogenito Leonardo Maria Del Vecchio, l’unico di seconda generazione attualmente con incarichi in azienda, in una intervista di qualche tempo fa diceva: «Mio padre ha pensato come sempre solo al bene dell’azienda. In Delfin siamo tutti uguali noi figli, poi chi sia la scelta più giusta a guidare l’azienda, interno alla famiglia o esterno, lo decide il cda di Delfin. Le decisioni vengono prese all’88,5 per cento. Tutti devono essere d’accordo ma questo non comporta nessuna difficoltà nella decisione. Delfin ha un consiglio, ha un amministratore delegato e quindi può operare in maniera indipendente».

Ciò significa anche che se uno dei consiglieri dovesse venire a mancare la famiglia dovrebbe indicare un sostituto che ottenga il pieno appoggio di tutti gli azionisti.

Non è finita, come tutte le holding familiari, lo statuto blinda anche il capitale. Non è infatti possibile il passaggio di quote di Delfin, se uno degli azionisti volesse cedere la propria quota o parte di essa potrebbe farlo solo con il voto favorevole di più dei due terzi del capitale in caso di cessione da un Del Vecchio ad un Del Vecchio e della maggioranza del capitale, oltre l’88% di voti a favore, nel caso di cessione ad una persona esterna alla famiglia.

La linea del sangue è l’unica che conta, anche in un impero da 30 miliardi di valore. —

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