Con l’Opa di Sparkasse su Civibank nascerebbe la banca del Nordest
A dirlo Luigi De Puppi, manager di lungo corso, oggi Ad di Maschio Gaspardo, in passato di FriulAdria ed Electrolux, che rispetto ai timori di perdita dell’ultima banca indipendente del Fvg, rimarca: «Se il territorio avesse voluto un istituto locale l’avrebbe capitalizzato»

UDINE. «Una bella operazione utile a creare una banca del Nordest». Ma rischiando di perdere l’ultimo istituto indipendente del Fvg? «Se il territorio avesse voluto una banca locale, l’avrebbe capitalizzata». Così Luigi De Puppi, manager di lungo corso con molteplici esperienze sia nel settore industriale sia in quello assicurativo-bancario, rispetto all’Opa di CariBolzano su Civibank.
Dottor De Puppi, che idea si fatto dell’operazione Sparkasse su Civibank?
«A me pare sia una bella operazione, in linea con gli obiettivi del momento. Neanche nel mondo del credito piccolo è bello. È necessario invece avere una dimensione adeguata. L’unione tra queste due banche va in quella direzione, ovvero nella nascita di una realtà che ha massa critica sufficiente in grado di servire il territorio, come se non meglio, di come lo stanno già facendo separatamente».
Massa critica, dimensione e...?
«Fare massa critica è un primo risultato perché consente di rivolgersi ad aziende medio-grandi. Benefici arriveranno dalla riduzione dei costi, che ha una grande valenza economica. Non dimenticherei che sono banche che restano radicate nel territorio, a servizio del territorio. Sappiamo che i grandi istituti di credito che hanno rilevato le piccole banche locali offrono servizi che illusoriamente sono identici a quelli di prima perché le decisioni vengono prese altrove. Avere quindi una presenza in regione e Nordest di banche del territorio personalmente mi fa piacere».
Non vede dunque l’Opa come uno “scippo”? In fondo rischia di scomparire l’ultima banca indipendente del Friuli Venezia Giulia...
«No. Il mondo è cambiato e questa operazione non può essere vista come uno scippo per il territorio... Credo che certi confini non esistano più».
C’è chi sente l’esigenza di una banca radicata a Nordest.
«Questo istituto lo sarebbe. Sparkasse nasce in Alto Adige, Civibank in Fvg, due regioni molto simili. E grazie alla dimensione, l’efficienza sarebbe migliore».
Quindi in Fvg nessuna banca locale?
«Se questo è vuol dire che non l’hanno voluta, Il mondo avanza, e se ci fosse stata la volontà di mantenere una banca sul territorio, la si sarebbe dovuta capitalizzare, e il territorio non lo ha fatto. Ricordando un antico adagio, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Quindi se il territorio avesse avuto questa aspirazione, avrebbe fatto altre scelte. È sempre facile, quanto inutile, recriminare...».
Questa è una regione che, in passato ne ha persi di treni sul tema banche.
«Certo, molto tempo fa. Penso al progetto di aggregazione tra FriulAdria e la Popolare di Cividale, ad esempio, che avrebbe potuto estendersi a qualche Bcc. Avrebbe potuto nascere una banca del Nordest con diramazioni anche in Veneto. Un progetto al quale avevo lavorato, poi le cose andarono diversamente, non ci fu la volontà di portarlo avanti. Parliamo di vent’anni fa, oggi non ha senso piangere sul latte versato».
Non per continuare sulla scia del senno di poi, ma c’è qualche rimpianto per la fusione della Popolare udinese con la Popolare di Vicenza?
«Non ho rimpianti, io fui l’unico in consiglio a votare no a quell’aggregazione».
Oggi che ci resta, in Friuli Venezia Giulia, da difendere?
«C’è un compito da portare avanti ed è quello di consentire lo sviluppo delle imprese cercando di cogliere le occasioni che ci sono in questa regione. Ma se non saremo in grado di procedere in fretta, realtà molto belle, ma dimensionalmente piccole, verranno acquisite. Forse è necessario comprendere che se si vuole ottenere qualcosa è necessario investire. Declinare la volontà non basta: bisogna metterci del proprio, investire e rischiare. Ci sono tante bellissime realtà, tecnologicamente all’avanguardia, che devono progredire. O siamo in grado di garantire questi percorsi, oppure arriveranno altri. Ma sarà inutile poi rammaricarsi degli “scippi”».
E quindi?
«Colmare il gap di sotto-capitalizzazione delle aziende, più marcato qui che altrove. Ricordiamoci che l’Italia già conta poco nel mondo, pensare che il Fvg possa alzare la bandiera è un bell’obiettivo, raggiungibile solo se si aggrega, perché solo in quel modo si diventa più forti».
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