Cda Mediobanca, Delfin chiede discontinuità il negoziato con Nagel sempre più in salita

Un ridisegno complessivo della governance di Mediobanca. Un cambiamento vero, considerando che la maggior parte dei membri del consiglio di amministrazione ha all’attivo più mandati.
Questa sarebbe, secondo indiscrezioni non confermate, la richiesta di Delfin al management di Piazzetta Cuccia, in un negoziato che si fa sempre più difficile considerando l’esiguità del tempo a disposizione. Questione di settimane. Il rinnovo del consiglio che verrà votato nell’assemblea in unica convocazione il 28 di ottobre e prevede per la lista del consiglio un anticipo di massimo 30 giorni, 25 giorni invece prima della data dell’assise per le liste di minoranza.
Quindi siamo alle battute finali. Entro il 28 di settembre al massimo il management di Mediobanca dovrà depositare la sua lista. I termini di discussione posti sia dalla holding della famiglia Del Vecchio, che tiene il 20 per cento del capitale dell’istituto milanese (azionista a sua volta con il 12,3 per cento di Generali) e da Mediobanca stessa sono trapelate a più riprese. Nessuna conferma e nessuna smentita per ora da ambo le parti, ma i temi risultano ormai noti.
L’auspicio sul lato di Delfin sarebbe di ridefinire in maniera complessiva la governance, più o meno tre quarti del cda, composto da 15 membri. Ciò non significa che la holding guidata da Francesco Milleri chieda di aver voce in capitolo su 10 consiglieri, ma un ricambio sì: poiché, come emerge dalle statistiche pubblicate dalla stessa Mediobanca, l’87 per cento degli attuali consiglieri del board ha una durata media della carica tra i 4 e i 6 anni, di questi il 47% sopra ai 6 anni, il 13 per cento tra 1 e 3 anni.
Una differenza che spicca rispetto al consiglio del triennio 17-20 dove i novizi erano il 40%, come pure tra il 14-17 (39%). Il board attuale sarebbe, è la tesi circolata, il risultato di vecchi assetti azionari. Per statuto, tuttavia, fanno notare fonti vicine a Mediobanca, molti dei membri devono essere indipendenti e non necessariamente rappresentanza diretta di singoli azionisti.
Inoltre, si rivendicano i risultati, sui quali però Delfin non è mai intervenuta, votando sempre a favore in assemblea i risultati di bilancio e la continuità della gestione. Ad onor del vero, la holding non starebbe mettendo in discussione l’operato del management, guidato da Alberto Nagel senza soluzione di continuità da 15 anni.
Indicazioni più puntuali sono emerse nelle indiscrezioni filtrate in queste settimane. Vale a dire il fatto che la holding della famiglia Del Vecchio punterebbe ad avere 5 consiglieri nel board e ad un ricambio nel nome del presidente, Renato Pagliaro è in quel ruolo dal 2008. Dal canto suo Piazzetta Cuccia starebbe chiedendo un patto di lealtà alla holding, un impegno scritto a non comportarsi da socio attivista, la disponibilità a trattare su una lista unica e condivisa, in cui inserire tra i tre e i quattro rappresentati di Delfin, l’impegno a supportare l’amministratore delegato, il piano per i tre anni di durata del cda e a non votare altre liste.
Un accordo da cristallizzare in un patto parasociale, in totale trasparenza anche con gli altri azionisti. Con i quali, come avvenuto in passato, Alberto Nagel sta parlando, alla luce di un principio per cui la lista del board sia al meglio espressione degli stakeholder.
A tal proposito, per dimostrare la volontà di definire i profili migliori per dare esecuzione ai piani, l’istituto ha dato mandato ad un head hunter, Spencer Stuart, per selezionare componenti per il nuovo board. A ciò si somma anche un ulteriore aspetto, dall’attuale cda di Mediobanca sono in uscita già quattro consiglieri per sopraggiunti limiti di età. È chiaro a tutti che la trattativa sconta una mancanza di fiducia reciproca, ponendo i due schieramenti, vale a dire il management della banca guidata da Nagel e la holding governata da Francesco Milleri su una distanza che, ad oggi, sembra difficile da colmare.
La posta in gioco è alta e si gioca sul filo. Se veramente Delfin andasse con una lista di minoranza lunga esiste l’eventualità che possa battere la lista del consiglio. E Bce non vieta di indicare una lista di minoranza a patto che non si indichi presidente e ceo. Esiste, per contro, anche la possibilità che Delfin perda e si trovi con due consiglieri. Anche se, non sfugge che il valore degli asset della holding del Granducato superi i 30 miliardi e che la partecipazione di Mediobanca ne pesi 2 di miliardi .
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