A Nordest è record di fusioni e acquisizioni: nel post-pandemia oltre 500 transazioni
L’analisi di Adacta e Equita sul settore delle operazioni straordinarie
Masotti: “Il consolidamento operato soprattutto dai private equity”. Volpe: “Un anno straordinario su tutti i fronti, poiché uscivano da quel momento di crisi molte realtà imprenditoriali”

La stagione delle operazioni di fusione e acquisizione non si è ancora conclusa. Il conflitto e l’instabilità che si porta dietro, i tormenti delle borse mondiali come conseguenza delle incertezze legate ai costi di energia e materie prime e della guerra, appunto, la politica restrittiva delle banche centrali non dovrebbero spegnere la fiammata iniziata nel post pandemia.
La conclusione è contenuta nell’analisi sulle operazioni di M&A a Nordest firmata da Adacta e Equita, che a luglio scorso hanno siglato una partnership proprio su questi ambiti. Ed è motivata anche dal fatto che il ruolo delle imprese industriali è risultato meno consistente, in proporzione, all’intervento dei fondi di private equity.
Andando con ordine e guardando ai numeri, a Nordest le operazioni di M&A sono state nel 2021 in tutto 210, pari al 20 per cento del totale delle operazioni italiane, con una crescita rispetto al dato del prepandemia del 39%, più del corrispondente valore nazionale pari ad un incremento nello stesso periodo del 35 per cento. Nel 2022, fino ad agosto, il numero di operazioni di fusione e acquisizione nelle tre regioni del Nordest ha raggiunto quota 108, pari al 17 per cento del dato nazionale che è stato di 648 operazioni.
Aggregando i dati con il pre-pandemia, dal 2019 al 2022, il totale delle operazioni, pari a 572, mostra come il ruolo dei private equity sul totale è del 41 per cento, il resto invece appartiene ai gruppi industriali. E qui sta l’elemento principale che Paolo Masotti, ad di Adacta Advisory, evidenzia.

Perché «i gruppi che avrebbero la capacità di agire con operazioni di consolidamento sono, in base alle nostre stime, circa 4 mila, di questi potrebbero essere attivi almeno il 30 per cento, quindi 1200 società. E invece dai dati che rileviamo sono inferiori: circa un centinaio sono le società che si dimostrano attive nell’ambito dell’m&a». La sintesi di Masotti è confermata anche dal valore delle operazioni riferibili ai gruppi industriali, circa 6 miliardi di euro a Nordest. Vale a dire all'incirca il 5 del capitale investito delle aziende del territorio (stato patrimoniale), ovvero 130 miliardi. Detto diversamente lo spazio per un maggior interventismo ci sarebbe
«Il 2021 è stato un anno record, anche se bisogna considerare che i processi di m&a - spiega Carlo Andrea Volpe Co-Head Investment Banking Equita - sono spesso lunghi e quindi c’è da considerare che ci sia stata anche una coda di operazioni non concluse. Certamente è stato un anno straordinario su tutti i fronti, poiché uscivano da quel momento di crisi molte realtà imprenditoriali, che sono stati incentivati anche da un momento di mercato favorevole con buoni multipli sia per chi comprava che per chi acquisiva».

L’epoca pandemica ha fatto comprendere come una serie di problematiche vadano risolte anche in aziende con un buon posizionamento di mercato. «Molte realtà imprenditoriali – dice Volpe – hanno capito che lo status quo avrà costi ampi e questo porterà alla scelta di risolvere temi generazionali, di dimensioni etc».
Tra le operazioni più significative del 2022 quelle di consolidamento con il big player Luxottica che ha acquisito Fedon, Lu-Ve su Acc che ha messo fine con una rinversione industriale al commissariamento che durava da anni, Generali su Cattolica, l’operazione di Stevanato che ha acquisito la parte restante del capitale di SVM Automatik, Dolomia acquisita dall’imprenditore Luigi Rossi Luciani , ma anche la cessione agli inglesi di Stelrad di Dl Radiators, azienda di Moimacco (Udine) controllata dalla famiglia De’ Longhi. —
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