Old Wild West e non solo: nuovi locali per Cigierre

Con l’ingresso del fondo QuattroR, la società friulana dei ristoranti a tema torna a investire dopo aver chiuso il 2024 a 545 milioni di ricavi e 64 milioni di Ebitda. Il direttore generale Stefania Criveller: «Dieci nuove aperture nel 2025» 

Maura Delle Case
Stefania Criveller ritratta da Iatosti
Stefania Criveller ritratta da Iatosti

 

Trent’anni dalla fondazione della società. Venti dall’apertura del primo Old Wild West fuori dal Friuli. A festeggiare il doppio anniversario è la friulana Cigierre, la regina dei locali tematici in Italia, una corona che si è guadagnata sul campo, apertura dopo apertura, partita come un esperimento o poco più dalla provincia friulana. Era il 1995 quando Marco Di Giusto inizia a sperimentare, nella cornice del centro commerciale Città Fiera, alle porte di Udine, il format che qualche anno dopo diventerà Old Wild West, il primo e più famoso brand della società che oggi è una consolidata realtà a livello nazionale (e non solo).

Conosciuta per la sua proposta gastronomica e l’ambientazione ispirate al West americano, ma anche per la stagione, da protagonista, giocata nella pallacanestro di A2 da sponsor ufficiale della Lega e in particolare della squadra di Udine, l’Apu, che nei giorni scorsi si è guadagnata la promozione nella massima serie. Momento più che favorevole dunque per Cigierre, nel quale s’innesta l’ingresso del fondo QuattroR a fianco del socio di maggioranza Bc Partner, che porta in dote alla società friulana nuova liquidità, utile a riprendere il percorso di espansione del gruppo, dopo la frenata Covid. «Per il 2025 abbiamo in programma 10 nuove aperture in Italia» fa sapere il direttore generale Stefania Criveller, raccontando i progetti di Cigierre a partire dai risultati messi a segno l’anno scorso.

Dottoressa come avete chiuso il 2024?

«Abbiamo chiuso a 545 milioni di euro, confermando quindi le vendite dell’anno precedente, ma senza il contributo di Temakinho che nel 2024 abbiamo ceduto, e siamo tornati a una forte marginalità, con un Ebitda di 64 milioni che per quest’anno prevediamo arrivi a 66. Grazie all’ingresso di QuattroR, accanto al socio di maggioranza Bc Partner, abbiamo potuto rinegoziare il debito con le banche, contratto a suo tempo per far fronte all’emergenza Covid, e abbiamo messo a punto un piano di nuove aperture – una decina quest’anno – che proseguiremo con ancora maggior determinazione il prossimo».

Aperture di nuovi Old Wild West ma non solo…

«Apriremo anche locali con gli altri marchi. Una famiglia, la nostra, che si è recentemente arricchita di un nuovo format originale: Smashie, il nostro primo fast casual, vale a dire un ristorante senza servizio al tavolo, ispirato ancora una volta al Nord America con una proposta che va dallo smash burger ai milkshake e gelati. Ne abbiamo aperti in centro a Udine, a Roma, in provincia di Caserta e in quella di Catania».

Quanti sono oggi i vostri ristoranti?

«Son in tutto 363 di cui 266 Old Wild West (244 in Italia, 19 in Francia, uno nel Principato di Monaco e due in Svizzera), 35 Pizzikotto, 25 Wiener Haus, 22 America Graffiti, 10 Shi’s e come detto quattro Smashie. Nel 2024 hanno servito 30 milioni di pasti e dato lavoro oltre 5.000 persone».

Ne avete fatta di strada dal primo locale al commerciale Città Fiera...

«Per noi è stato un importantissimo laboratorio. È lì che abbiamo fatto i primi esperimenti, con Pizza in arrivo, Piazza Italia, il Bar de Tapas. E poi con il primo Old Wild West. Pensi che quando abbiamo deciso che era il momento di portare il format fuori, a Milano ci hanno chiuso la porta in faccia. Non credevano che un brand nato in provincia potesse funzionare in una grande città: gli abbiamo dimostrato che si sbagliavano. Abbiamo aperto a Milano Bicocca ed è stato un successo. Era il 2005».

Da lì in avanti la crescita è stata costante, ma da dov’è nata l’idea di Old Wild West?

«Da un viaggio negli Stati Uniti di Marco Di Giusto, che di Cigierre è stato il fondatore e che oggi è l’amministratore delegato. E dal suo incontro con i fratelli Gennaro, che già facevano pub tematizzati e che l’hanno aiutato a dar forma a quello che aveva immaginato di ritorno dagli Stati Uniti: un locale ispirato al West americano. Sono a tutt’oggi i nostri arredatori».

Non sono gli unici a esserci ancora. Quella di Cigierre è una storia nel segno della continuità, il che considerata la presenza ormai ultra decennale dei fondi (il primo è stato Bain Italy nel 2008) non è proprio una cosa scontata.

«Abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto con i fondi. Dico di più. Cigierre non sarebbe quella che è oggi senza di loro che oltre a garantire la finanza di cui la società necessitava per crescere hanno anche capito l’importanza di mantenere il management, che è lo stesso dalle origini, a partire dalla sottoscritta».

Stesso management, stesso territorio. La vostra appartenenza al Friuli non si discute.

«È la nostra casa. Di più. Il nostro laboratorio. Anni fa abbiamo investito su una nuova sede, a Tavagnacco, proprio per evitare che a qualcuno venisse in mente di prenderci e portarci altrove. Ma soprattutto abbiamo sempre utilizzato il territorio, e continuiamo a farlo, come il nostro banco di prova. Nell’arco di pochi chilometri dalla sede, abbiamo tutti i nostri format, perché c’è bisogno di provarli, testarli, vivere l’esperienza, prima di pensare a gestirli a distanza».

Oggi il consumatore è molto più attento ed esigente di un tempo rispetto a quello che mangia. Come rispondente a questa nuova tendenza?

«Puntando sulla qualità e la trasparenza. I nostri hamburger sono fatti di carne italiana, la carne rossa viene importata via aereo dall’Argentina, la pizza è certificata bio, molti prodotti sono Dop. Per le intolleranze al glutine abbiamo certificato le postazioni di lavoro, per rispondere alla richiesta di prodotti senza carne abbiamo introdotto il “no meat”. Abbiamo anche fatto importanti investimenti sui macchinari di cucina come le friggitrici con i sistemi di filtraggio automatico o i forni intelligenti di ultima generazione».

Ciliegina sulla torta di quest’anno, la promozione dell’Apu in serie A1. Avete già confermato la sponsorizzazione anche per il prossimo campionato.

«Sosteniamo l’Apu da moltissimo tempo. È un modo per restituire al territorio un po’ di quel che ci ha dato. La vittoria per noi è una grandissima soddisfazione. Perché siamo di Udine e perché beneficiamo di un importante ritorno d’immagine. Quindi sì, ci saremo».

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