«Ilcam come un distretto, in 300 chilometri una rete capace di battere i cinesi»
Pierluigi Zamò racconta come l’azienda goriziana è diventata leader mondiale delle ante da cucina. Dall’export l’80% delle vendite: oltre alla Germania, Ilcam è molto presente sui mercati anglosassoni e negli Stati Uniti

«Una rete di imprese indipendenti fra loro, unite a noi da una partecipazione azionaria, che rende i rapporti più efficienti e in grado di funzionare meglio».
Pierluigi Zamò, presidente della Ilcam, spiega così una delle caratteristiche dell’azienda di famiglia, uno dei maggiori produttori al mondo di ante per le cucine.
«È un sistema che adottano anche le grandi griffe della moda, penso a Prada e Cucinelli: mostri a un tuo fornitore che hai fiducia in lui, lo aiuti sul piano finanziario acquisendone una partecipazione, anche limitata. In tal modo gli permetti di superare le difficoltà che oggi devono affrontare le piccole imprese, travolte dalla necessità di allinearsi allo standard di certificazioni richieste a tutto campo. Si attua così una vera e propria rete di imprese, flessibile ed efficiente».
Entrare nello stabilimento della Ilcam a Cormòns, ai piedi del Collio goriziano, è uno spettacolo difficile da immaginare per chi non conosce l’industria dell’arredo.
Fondata nel 1959 da Tullio Zamò, inizialmente a Manzano, e guidata oggi da Pierluigi e Silvano, Ilcam rappresenta l’immagine classica della stratificazione della storia industriale italiana.
Nei suoi cambiamenti, così come nei prodotti, si colgono i segni della trasformazione della struttura industriale nordestina, così come i cambiamenti impressi dalla continua evoluzione tecnologica.
Dallo stabilimento escono ogni giorno decine di migliaia di ante per cucina in legno massiccio che, unitamente ai prodotti delle aziende del gruppo nel pordenonese e nel trevigiano, vanno a comporre un’ampia gamma di modelli, differenti per tecnologia e per estetica.
Per i non addetti ai lavori, certe peculiarità dell’alto di gamma sono difficilmente apprezzabili a vista.
Si tratta di sfumature che, però, risultano essenziali per differenziare il prodotto. Ma tant’è.
«È proprio questa complessità che ci mette al riparo dalla concorrenza più spinta. Le ante vanno fatte su misura per i clienti e hanno bisogno di una ripetitività perfetta. Da qui sorge la necessità di una filiera corta, di affidarsi ad aziende in un raggio d’azione di circa 300 chilometri che, grazie ai sistemi di gestione digitali, rendono disponibili i loro materiali nel giro di poche ore», racconta Zamò.
Il gruppo Ilcam è composto oggi da sei aziende, ognuna con le sue particolarità produttive.
È presente in Romania e in Slovenia, due siti per le prime lavorazioni, strategicamente collocati in prossimità delle fonti di approvvigionamento del legname.
Nell’orbita del gruppo, gravitano quei fornitori che danno contemporaneamente flessibilità e certezza alla supply chain, e che Ilcam ha legato a sé grazie all’acquisto di una partecipazione azionaria, la Tps di San Vito al Tagliamento, e la Mobilclan di Calderano di Gaiarine.
Una sorta di distretto racchiuso in un gruppo unico, capace di interagire in tempo reale.
«In Europa siamo gli unici ad offrire tutte le tipologie di ante da cucina ed annoveriamo tra i clienti tutti i grandi gruppi del settore», spiega Zamò, che racconta uno dei suoi progetti: «Lavorare su livelli d’eccellenza come i nostri, tiene la concorrenza lontana ma non è ancora sufficiente per far sì che il cliente finale chieda le ante Ilcam per la sua cucina in negozio. In altri casi della storia industriale, è capitato che alcuni fornitori di componenti abbiano raggiunto questo obiettivo: penso alle cerniere tedesche della Blum per la loro affidabilità oppure ai top da cucina Fenix, che hanno saputo affermarsi sul mercato grazie al lavoro fatto sull’estetica del prodotto. Noi vorremmo arrivare ad obbiettivi simili a questi, se ce la faremo».
Resta il fatto che il gruppo goriziano ha pochi uguali nel mondo.
Le cucine per le abitazioni, nell’universo dell’arredo, rappresentano uno degli ambienti più difficili da trattare a causa dell’usura delle superfici, al variare delle temperature, alla presenza di vapore acqueo che arriva dalla cottura dei cibi.
È per questo motivo che le ante sono tra gli oggetti più delicati e complessi da concepire e realizzare. Avvalersi di tante tecnologie localizzate tra Friuli Venezia Giulia e Veneto, rappresenta per l’azienda goriziana sicuramente un punto di forza.
Dalla visione d’insieme, però, deriva un’azienda a spiccata internazionalizzazione: l’export rappresenta stabilmente l’80% delle vendite.
Oltre alla Germania con i suoi colossi dell’arredo per cucine, l’azienda è molto presente sui mercati anglosassoni e nel 2023 ha acquisito il controllo della OL Frontal Solutions di Jefferson, in Indiana, che produce ante per il mercato americano, negli ultimi tempi un po’ in sofferenza.
Parlando di bilanci, in tutto il settore delle cucine restano difficili da eguagliare i risultati del 2022 quando lo slancio alla domanda impresso dalla pandemia era un fenomeno a livello globale. Ilcam quell’anno aveva raggiunto ricavi per 341 milioni di euro e un margine operativo lordo (Ebitda) di 40,5 milioni.
L’anno successivo, a boom esaurito e con i costruttori di cucine che avevano un livello elevato di scorte da smaltire, i ricavi erano scesi a 254 milioni, con 23,8 milioni di margine operativo lordo.
Per l’esercizio 2024, i dati - non ancora definitivi – vedono i ricavi a quota 273 milioni di euro, con un patrimonio netto di 130 milioni, in ulteriore rafforzamento dai 126 milioni del 2023. «Se però ci considera come sistema, con le imprese partecipate», sottolinea Zamò, «siamo nell’ordine dei 300 milioni di euro di ricavi». —
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