Commerci marittimi a gonfie vele. Trieste prima nel Mediterraneo

Il rapporto Srm-Intesa Sanpaolo: quest’anno crescita globale dell’1,8% e nel 2024 del 3,1%
Luigi Dell’olio
Una veduta del Porto di Trieste (Ansa)
Una veduta del Porto di Trieste (Ansa)

Il mare è uno degli assi portanti dell’economia mondiale e questo vale a maggior ragione per l’Italia. È una delle sottolineature emerse durante la presentazione del Rapporto 2023 “Italian Maritime Economy”, curato da Srm, centro studi che fa capo al gruppo Intesa Sanpaolo. Un appuntamento che è servito anche a fare il punto su un comparto alle prese con grandi trasformazioni, alcune congiunturali, altre strutturali (basti pensare alla doppia transizione, digitale e ambientale), che chiamano gli operatori di settore e i porti a un ripensamento per non restare indietro.

Un discorso che vale in particolare per l’Alto Adriatico, caratteristico dalla forte crescita di Trieste a fronte delle difficoltà di Venezia legate al bando per le grandi navi. Alessandro Panaro, responsabile Energy & Med di Srm, si è soffermato in particolare sullo short sea shipping (il traffico del trasporto marittimo di corto raggio), eccellenza del nostro Paese, che da solo sviluppa il 40% del traffico globale nel Mediterraneo. Panaro ha citato anche le statistiche Eurostat che collocano Trieste al primo posto tra i porti europei che affacciano sul Mar Mediterraneo con oltre 50 milioni di tonnellate di merci movimentate, superando i più blasonati Marsiglia (Francia) e Algeciras (Spagna). Il tasso di crescita dello short sea giuliano è stato del 41,6% in dieci anni.

Alessandro Panaro, responsabile Energy & Med di Srm, centro studi di intesa sanpaolo
Alessandro Panaro, responsabile Energy & Med di Srm, centro studi di intesa sanpaolo

Quanto allo scenario generale, per l’anno in corso il commercio marittimo globale è atteso a una crescita dell’1,8% rispetto al 2022, a quota 12,2 miliardi di tonnellate. Lo scenario macro, dall’inflazione elevata alle tensioni di carattere geopolitico, dovrebbe zavorrare il comparto ancora per qualche mese, per poi lasciare spazio a una crescita più sostenuta, con il 2024 atteso a un progresso nell’ordine del 3,1%. Indicazioni importanti se si considera che stiamo parlando di un comparto che da solo sviluppa il 12% del Pil mondiale, anche se cambia l’incidenza tra le macroaree.

L’Asia mostra un protagonismo crescente: dei primi 20 porti container del 2022, quattordici sono del Continente Giallo, di cui otto cinesi, per una movimentazione pari al 44% del totale mondiale. Quanto ai noli, sono tornati quasi in linea con i valori pre-pandemia, mentre tra i settori spicca il forte rilancio delle navi Car Carrier, proxy del mercato automotive: il commercio mondiale di autoveicoli via mare crescerà dell'8% nel 2023 (+3% sul 2019). L’esperienza pandemica, con numerosi blocchi nelle catene di approvvigionamento, ha favorito un rimescolamento della globalizzazione, con la crescita delle rotte regionalizzate.

In quest’ottica il Mediterraneo diventa sempre più centrale con la la spinta del Canale di Suez. Restringendo l’orizzonte di osservazione, lo studio sottolinea l’importanza rivestita dai porti per guidare le imprese verso i mercati internazionali. In Italia circa il 40% degli scambi di import-export avviene via mare, per un ammontare di 377 miliardi di euro a fine 2022, con un aumento del 66% nell’arco di un decennio. Gli analisti stimano in circa cinque anni il periodo necessario per fare dell’Italia il ponte Mediterraneo del gas attraverso sette rigassificatori in prossimità dei porti e cinque gasdotti da Sud volti a far transitare circa 50 miliardi di metri cubi di gnl e fino a 90 miliardi di gas (a pieno regime) per un totale di 140 miliardi.

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