Chicco Testa: «Il Paese si trova al top nel riciclo di rifiuti urbani e speciali, ma gli italiani non lo sanno»

Il presidente di Assoambiente: il tasso di recupero è sopra l’80%

Luigi Dell’olio

«L’Italia è leader in Europa nel campo del riciclo di rifiuti urbani e speciali anche se in tanti non lo sanno. I cittadini si sono mostrati propensi a svolgere le attività di raccolta differenziata in questi anni, senza averne nessun beneficio diretto e questo incide sulla fiducia verso le istituzioni». È la convinzione di Chicco Testa, già segretario di Legambiente, attivista a favore del nucleare, presidente di Enel, carica che attualmente ricopre nell’associazione Assoambiente e nella Mw.Fep di Ronchi dei Legionari, azienda nata nel 2007 dalla fusione di due storiche società, la Mw e la Fep, acquisite e poi integrate dalla famiglia Fanelli (Msg group).

Iniziamo dall’attualità. La Corte dei Conti Ue ha di recente parlato di economia circolare al palo in Europa. Come è possibile alla luce delle tante risorse messo in campo su questo fronte?

«La Corte dei Conti Europea in effetti segnala che le strategie e i finanziamenti dell'Ue hanno avuto finora un modesto impatto sulla transizione verso l’economia circolare. A fronte di due piani d’azione, nel 2014 e nel 2020, e di 10 miliardi di euro di stanziamento, la transizione negli Stati membri procede lentamente. Un ritardo che si segnala sia nella scarsa efficacia di misure per la progettazione circolare dei prodotti e dei processi produttivi che nel miglioramento dei tassi di riciclo e circolarità. Il tasso medio di circolarità per tutti gli Stati dell’Ue-27 è aumentato soltanto allo 0,4%. In linea generale condivido questa osservazione preoccupata anche se vanno fatte alcune precisazioni».

A cosa si riferisce?

«Ad esempio l’Italia ha migliorato le sue performance e gli interventi in fase di progettazione dei prodotti, sul riuso, la durabilità e la riciclabilità sono oggetto di provvedimenti europei solo negli ultimi mesi e non possono ancora aver prodotto effetti quantitativi misurabili».

In occasione del recente Ecoforum è stato presentato un sondaggio che segnala un gap di fiducia dei cittadini verso imprese e istituzioni su questo tema. Come superarlo?

«I cittadini italiani hanno dimostrato una radicata convinzione nello svolgere le attività di raccolta differenziata in questi anni senza averne benefici economici diretti, ma solo per una condivisione i valori e obiettivi ambientali. Questi stessi cittadini mostrano una certa sfiducia nei confronti degli enti pubblici e delle imprese private, responsabili probabilmente di non aver fatto un analogo sforzo nella direzione dell’economia circolare. Non hanno tutti i torti».

Cosa la preoccupa maggiormente?

«La scarsa disponibilità verso impianti di riciclo, frutto di una errata comunicazione ambientalista che ha venduto il miraggio che l’economica circolare fosse possibile senza nuovi impianti, facendo sparire i rifiuti per miracolo dentro i processi produttivi. Questa scorciatoia sbagliata nasce in alcune aree del movimento verde e in parte del ceto politico che ha usato questo argomento per non prendersi le sue responsabilità ed evitare di prendere decisioni impopolari».

A che punto è la diffusione dell’economia circolare in Italia, anche alla luce del confronto internazionale?

«L’Italia è il paese leader in Europa nel campo del riciclo di rifiuti urbani e speciali anche se gli italiani non lo sanno. Una dimostrazione di quanto siamo un Paese capace di drammatizzare i problemi (spesso inventandoli) e incapace di comunicare i propri successi. Il tasso di riciclo totale (urbani più speciali) è ormai stabilmente sopra l’80%».

Su quali filoni vi state concentrando in Assoambiente?

«Stiamo contribuendo alla realizzazione di una strategia nazionale sui rifiuti che punti alla realizzazione degli impianti mancanti sia per gli urbani che per gli speciali, in un quadro di mercato e non di finanziamenti pubblici a pioggia e di semplificazione dei processi autorizzativi e dei controlli. Oltre a promuovere il ricorso alle gare per l’assegnazione dei servizi di gestione dei rifiuti urbani, in una logica di mercato, superando i troppo diffusi e spesso inefficienti contratti in house con società interamente pubbliche».

Come nasce la campagna "Impianti aperti"?

«Si tratta di un’iniziativa che Assoambiente organizza da anni, con lo scopo di avvicinare le persone ad impianti considerati nell’immaginario “pericolosi” e che invece sono sicuri, a basso impatto ambientale, rispettosi delle norme, dei limiti e delle condizioni di sicurezza sul lavoro. Un modo per superare una avversione irrazionale agli impianti di gestione dei rifiuti e per facilitare l’accettazione sociale di questi impianti. La sindrome Nimby è ormai diffusa in tutti i settori delle opere pubbliche e in tutti i Paesi sviluppati. Una resistenza che spesso è radicata in minoranze rumorose, capaci però di orientare i decisori politici locali e non solo e quindi di determinare lo stop alle varie iniziative industriali o infrastrutturali. Quello che non è tollerabile è che i decisori politici (locali, regionali o addirittura nazionali) si mettano alla testa di queste proteste con esclusivi fini elettoralistici, dando forza a minoranze rispettabili, ma generando un danno pubblico gravissimo: la perdita di fiducia nelle istituzioni e il blocco di investimenti irrinunciabili».

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