Boschi schiantati da Vaia Cinesi e certificazioni fanno risalire i prezzi

Dalla tempesta Vaia di fine ottobre, il disastro di maggior impatto per gli ecosistemi forestali mai registrato fino ad oggi in Italia, tante cose sono cambiate. E, come a volte capita nelle disgrazie, dopo il primo periodo di disorientamento, il mondo del legno sta reagendo. Sia sul versante del mercato, superiore alle attese e, pare, sostenuto anche dall'inatteso arrivo dei cinesi, sia su quello della gestione del patrimonio boschivo.
Per quanto riguarda i danni alle foreste, si stima, secondo fonti della Direzione Foreste (Difor) del Ministero per le Politiche agricole, alimentari forestali e del turismo (Mipaaft), che la tempesta abbia danneggiato un'area pari a 42.525 ettari, per un totale di circa 8,5 milioni di metri cubi di legname a terra. Le Regioni maggiormente interessate sono il Veneto e il Trentino Alto Adige, seguiti da Lombardia e Friuli Venezia Giulia. «Così oggi abbiamo a terra 8,5 milioni di metri cubi di alberi – spiega Luca Canzan del Cifor, il Consorzio imprese forestali del Triveneto – un'enormità se si pensa che in un anno si tagliavano in media, in Veneto, 200 mila metri cubi. Al disastro ambientale si è aggiunto, dunque il danno economico, con l'inevitabile tracollo dei prezzi, vista l'enormità dell'offerta».
Canzan, la cui associazione rappresenta 55 aziende di prima e seconda lavorazione, ovvero imprese boschive e segherie, tratteggia il quadro. «I milioni di metri cubi schiantati devono essere rapidamente recuperati perché c'è il rischio della proliferazione del bostrico (un insetto nocivo, ndr) che potrebbe propagarsi anche alle piante ancora in piedi e tuttora sane; poi sono in ballo il recupero del maggiore valore economico del legname di pregio, la difesa idrogeologica e la qualità paesaggistica e del patrimonio forestale».
Le operazioni di vendita sono iniziate, ma rispetto alle previsioni più pessimistiche c'è stato un rialzo delle quotazioni. Cosa è accaduto? «Sul mercato - racconta un operatore - si sono affacciati player con mandati d'acquisto molto importanti; così in alcuni casi, partiti da una base d'asta di 13/14 euro al metro cubo, si è giunti a una media di 26 euro. Si tratta di intermediari che lavorano per imprese cinesi. Il motivo dell'offerta al rialzo? Duplice: da un lato i cinesi sono alla costante ricerca di materia prima in ogni parte del mondo; in secondo luogo hanno migliaia di container che dovrebbero ritornare in Cina vuoti, dopo aver portato da noi merce di ogni tipo, e che adesso possono essere stipati di legname di buona qualità».
«Cinesi io non ne ho visti – commenta Fabrizio Stella, il braccio destro del Governatore del Veneto Luca Zaia come soggetto attuatore per il rilievo e le opere agricolo-forestali post Vaia – ma se sono interessati ben vengano, per me è un'ottima notizia. Sono comunque molto soddisfatto perché in Val Visdende e in Cadore il legno è andato venduto con quotazioni ben superiori alla base d'asta. E appena la stagione lo consentirà si vedranno migliaia di camion trasportare verso le loro destinazioni i tronchi schiantati dalla tempesta di ottobre».
«Dinanzi al disastro della tempesta Vaia – sottolinea Antonio Brunori, segretario generale di Pefc Italia – abbiamo avuto l'idea di certificare quel legno schiantato e convincere l'industria a comprarlo». Pefc è l'ente europeo che garantisce la provenienza del legno da foreste gestite in modo sostenibile. «E noi abbiamo aderito a questa campagna, acquistando il faggio del Cansiglio – fa eco Patrizio dei Tos, titolare della trevigiana Itlas di Cordignano – a prezzi superiori alle quotazioni del mercato».
L'Italia, secondo il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) ha circa 12 miliardi di alberi, ma l'80% del legno che lavora è importato dall'estero; l'industria italiana del legno è prima in Europa e seconda al mondo dopo la Cina per valore delle esportazioni; nel 1936 i boschi occupavano il 19,4% del territorio nazionale, nel 1990 il 36,5%, oggi superano il 39%. Insomma, compriamo tanta legna straniera e poi non sappiamo come usare la tantissima legna nostra. La crescita è avvenuta ad un ritmo di 42 mila ettari l'anno e le foreste stanno tornando alla dimensione di mille anni fa; ma questa espansione va gestita, altrimenti può generare dissesti. Come ha evidenziato proprio la tempesta Vaia. «E questo perché – spiega Antonio Brunori – negli ultimi anni, in tutta Europa, le foreste sono diventate più vulnerabili al vento perché sono aumentate la loro superficie, la biomassa per superficie, l'età media e l'altezza media. Ora dunque si tratta di ridurre la nostra dipendenza e imparare a gestire meglio il nostro patrimonio».—
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