Asiago Dop schiacciato dai rincari, stalle a rischio

Il consorzio di tutela della  denominazione veneto-trentina fa appello a istituzioni e Gdo: «Non è più sostenibile che il peso degli aumenti sia tutto sulle spalle di allevatori, produttori e aziende di trasformazione. La Gdo riconosca i costi aggiuntivi»

La redazione

VICENZA. L’aumento generalizzato delle materie prime necessarie alla produzione di latte e formaggio e il mancato riconoscimento dei costi aggiuntivi da parte della Gdo colpiscono pesantemente la filiera dell’Asiago Dop, simbolo dell’eccellenza casearia italiana prodotto in Veneto e Trentino. La denominazione non è stata risparmiata dalla raffica di aumenti senza precedenti e oggi denuncia il rischio per la stessa «sopravvivenza di tutta la filiera produttiva: fatta di piccoli e medi produttori, espressione di una tradizione millenaria».

ll consorzio di tutela mette racconta la crisi mettendo in fila i numeri che certificano aumenti vertiginosi. A partire da quelli per l’alimentazione delle bovine. «Nel 2021, rispetto al 2020, i costi per l’autoproduzione dei foraggi sono andati alle stelle come quelli dei cereali: il costo del mais è aumentato in media del 54,2% con punte anche del +102,5%. I semi di soia hanno toccato il +45,4%, arrivando anche al +78,7%. A questo si aggiunga che nel 2022 l’energia elettrica è cresciuta del  131% e il gas metano del 94% rispetto al 2021». Risultato: I costi per produrre un litro di latte sono aumentati di 10/12 centesimi, pari a circa il 27% del valore del latte.

«In un contesto così sfavorevole – afferma il Presidente del Consorzio Tutela Formaggio Asiago, Fiorenzo Rigoni – i nostri soci hanno continuato a produrre accollandosi i maggiori costi delle materie prime e, allo stesso tempo, impegnandosi a migliorare la loro efficienza. Oggi, però, non è più sostenibile che il peso di questi continui aumenti sia sulle spalle dei soli allevatori, produttori ed aziende di trasformazione. È arrivato il momento che anche le istituzioni e le catene della Grande Distribuzione Organizzata affrontino il tema dell’inflazione con maggior senso di responsabilità, pena la chiusura di centinaia di allevamenti ed imprese, con la possibile scomparsa di un prodotto che fa parte della nostra tradizione e della nostra storia. Solo pochi mesi fa, durante i mesi più duri della pandemia, abbiamo risposto con senso di responsabilità alle richieste di garantire l’approvvigionamento dei banchi dei supermercati. Ora auspichiamo lo stesso atteggiamento da parte dei nostri partner della distribuzione. Ne va del futuro di tutti».

Il rischio viceversa è che a pagare siano le stalle. Che «l’allevatore chiuda per sempre la sua attività, un presidio territoriale e ambientale unico e insostituibile, un tassello fondamentale dell’economia. Un allevatore che chiude – conclude Rigoni - rende infatti più povero il carrello della spesa di tutti». 

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