Troppi rischi in pista, Ghedina: «Il pericolo oggi è più elevato rispetto a vent’anni fa»
Gli sci evoluti e i tracciati favoriscono l’alta velocità, ma serve prudenza: «Non si può mettere a repentaglio la vita facendo una cosa così bella»

Una mattanza. Lo sci alpino registra un’escalation di infortuni, più o meno gravi, proprio nell’anno olimpico. Festa già in parte rovinata, dunque, non solo per le nazionali italiane che, a proposito di infortuni gravi, hanno vissuto la tragedia di due giovani vite spezzate, quelle di Matilde Lorenzi prima e di Matteo Franzoso solo due mesi fa.
Quanto basta per interrogarsi, su motivi e cause di una situazione su cui, vero, si è accesa (finalmente) la luce dei riflettori ma, altrettanto vero, ad oggi ancora si fatica a porre un freno (letteralmente).
Velocità
Dal punto di vista agonisitco, sul banco degli imputati è finita prima di tutto la velocità. Oggi una gara di sci registra dati quasi da fare invidia a una gara di Formula 1. Con tutti i rischi del caso. Ci sono poi le pendenze a complicare ulteriormente la situazione.
Altro aspetto meritevole di considerazione è quello della tracciatura delle piste. Su quest’ultimo tema va detto che in Italia il lavoro fatto sui pendii dai professionisti della neve nei giorni di gara è considerato a tutti gli effetti, un’eccellenza del “Made in Italy”.
A detta degli stessi atleti, ma anche di tecnici e addetti ai lavori, non si trovano, infatti, in giro per il mondo, tracciature così perfette. Nessuna località del circo bianco internazionale riesce a ripetere il lavoro fatto in Italia nel rituale sacro della preparazione delle piste di coppa del mondo.
Tracciature che però, è l’altro ago della bilancia, favoriscono ulteriormente la velocità durante la gara, diventata elemento preponderante, sinonimo di show, suspence e adrenalina a vantaggio dell’audience.
Materiali
Un argomento, questo, che riguarda sia gli agonisti, sia gli appassionati di questo sport. Sotto accusa soprattutto gli sci, di qualsiasi marca e modello. La nuova era favorisce in maniera estrema la velocità.
Tecnicamente i nuovi materiali hanno concentrato le proprie attenzioni sulla carvatura, in grado oggi di regalare all’atleta, ma anche allo sciatore amatoriale, una maggiore velocità. Questione di dettagli, su cui le aziende continuano a battere il ferro tanto che la sensazione, ormai concordata ad ampio raggio, è quella che la fatidica linea di demarcazione sia stata già abbondantemente superata e che indietro non sia facile tornare.
Ciao ciao Cortina
Di Federica Brignone ne parliamo a parte. Anche perché le sue condizioni sono in rapida evoluzione tanto che ad oggi non sembra più così impossibile la sua presenza al cancelletto di partenza delle gare olimpiche ampezzane. Eppure gli infortuni registrati in pista da atleti ed atlete professioniste negli ultimi mesi, quelli di preparazione dell’evento a cinque cerchi, sono tantissimi.
Qualche nome? Marta Bassino tanto per rimanere dentro le quattro mura di casa Italia. Come non citare la campionessa elvetica ma friulana di adozione Lara Gut Berhami, considerata a ragion veduta una delle favoritissime nella corsa al medagliere. Ultima in ordine di tempo la giovane promessa statunitense Lauren Macuga vittima solo l’altro ieri di un infortunio in allenamento dall’esito schock: rottura del crociato destro e addio Cortina.
Ghedo: «Investire sula Sicurezza»
Sul tema sicurezza sulle piste da sci ne ha parlato l’idolo di Cortina Kristian Ghedina, uno che di velocità se ne intende abbastanza. Il Ghedo ha rammentato di come «sulla Streif si rischiava la pelle già vent’anni fa, oggi ancora di più, tanto che i controlli in pista quando si corre la Coppa del mondo sono diventati minuziosi».
«È l’evoluzione delle cose che ha portato anche lo sci a cambiare tanto, sia in termini di tecnica che di strumentazione». In pista, in allenamento, ma anche per gli sciatori di tutti i giorni. «La sicurezza è un tema fondamentale, su cui non si possono lesinare forze e investimenti», ha aggiunto il Ghedo.
«Dal punto di vista agonistico i nostri giovani devono sentirsi sicuri di poter lavorare e crescere in pista. La stessa cosa vale per le loro famiglie. Non si può rischiare la vita facendo una cosa così bella come sciare».
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