La Corte dei Conti: «Pubblico e privato insieme per gestire la pista da bob e le opere dopo i Giochi»

Le raccomandazioni della magistratura contabile nella relazione sul Fondo Olimpiadi: «Evitare che a evento finito gli impianti si riducano a cattedrali nel deserto». Nei primi cinque anni l’impianto avrà costi superiori ai ricavi: suggerito il coinvolgimento di enti sportivi nell’attività

Sabrina Tomè
La pista di bob a Cortina
La pista di bob a Cortina

La parola che finora nessuno ha avuto il coraggio di pronunciare per non materializzare timori destinati a raffreddare entusiasmi, l’ha infine scritta la Corte dei Conti: “cattedrali nel deserto”.

La citazione è nella delibera pubblicata lunedì 10 novembre, con la quale la magistratura contabile ha approvato la relazione sul Fondo opere infrastrutturali per le Olimpiadi Invernali Milano-Cortina 2026. Il riferimento, in particolare, è alla pista di bob Monti e alle sue sorti post Giochi. Attenzione però: la Corte dei Conti non parla dell’abbandono come di una prospettiva probabile, bensì come di un rischio evitabile con una semplice mosse.

Quale? Il partenariato con enti sportivi. Con una fondamentale accortezza però: vincolare la destinazione dell’opera per evitare che dopo essere stata costruita con soldi pubblici finisca nelle mani dei soli privati. E se la pista da bob occupa un intero capitolo della relazione di 180 pagine, la Corte dei Conti si sofferma anche sulle opere ferroviarie e stradali snocciolando una serie di raccomandazioni sui tempi di completamento e sulle modalità da seguire per non sperperare soldi pubblici.

La pista di bob

La Corte di Conti ripercorre ideazione, nascita, sviluppo e futuro dell’opera «iconica» delle Olimpiadi, come l’ha battezzata il governatore del Veneto Luca Zaia. E lo fa analizzando per esteso i conti della struttura post Giochi, quelli prudenziali contenuti nel Piano economico finanziario redatto dal Comune di Cortina e quelli più ottimistici della società di revisione Kpmg.

I numeri raccontano un disavanzo gestionale a partire dal 2026 legato da una parte agli alti costi fissi e dall’altra al fatto che si tratta di una disciplina sportiva di diffusione limitata. Secondo il Pef, il passivo toccherà nel primo quinquennio i 560 mila euro ed è poi destinato a ridursi; inizialmente va appianato sia attraverso iniezioni di denaro pubblico, sia attraverso gli introiti garantiti da asset aggiuntivi quali per esempio gli affitti dell’ex Panificio, la destinazione commerciale di piazza Mercato, gli introiti della cabinovia Apollonio Socrepes.

Uno scenario che Kpmg conferma rispetto allo squilibrio, pur ridimensionandolo sensibilmente nei numeri poiché considera un abbattimento dei costi energetici. È da questo doppio dossier che la Corte trae le sue conclusioni. «La gestione della pista dovrà essere oggetto di attento monitoraggio economico dell’operatività post olimpica», premette. E prosegue richiamando le cattedrali nel deserto e indicando la via per scongiurarle per tutte le opere olimpiche e per la pista di bob: «Al fine di alleggerire il conseguente esborso a carico dei soggetti pubblici che diverranno proprietari degli impianti sportivi realizzati a carico della fiscalità generale, potrebbero ipotizzarsi forme di partenariato o contributive da parte di enti sportivi. Ciò al fine di massimizzare le ricadute positive sul territorio evitando che a giochi finiti le opere si riducano in cattedrali nel deserto come avvenuto in passato o costosi impianti sottoutilizzati».

Partenariato, dunque, con chi può e sa far fruttare l’opera. Ma con un ammonimento anti- scorciatoie: «In sede di cessione dell’impianto dal soggetto attuatore all’ente territoriale interessato sarebbe opportuno prevedere nell’atto di trasferimento che l’opera abbia destinazione vincolata al fine di evitare forme di cessione in disponibilità ad altri soggetti (operatori economici privati) che prevedano traslazioni patrimoniali di beni immobili realizzati con risorse pubbliche».

Le opere stradali

La Corte richiama al rispetto dei tempi per le infrastrutture viarie. Lo fa in particolare per la Lombardia, mentre per il Veneto si concentra su due opere stradali: «Le varianti di Longarone e di Cortina sulla ss 51 rappresentano interventi di grande rilievo oltre 1,67 miliardi di euro stimati e presentano sfide esecutive significative in territori montani», per cui «qualsiasi ulteriore ritardo nella loro attuazione rischia di compromettere la viabilità olimpica».

Le raccomandazioni

La Corte chiude la sua analisi con un elenco di raccomandazioni: è definito un «imperativo» il controllo sull’avanzamento delle opere e sulla spesa; quindi il puntuale aggiornamento dei cronoprogrammi, il rispetto dei tempi e il coordinamento interistituzionale «anche alla luce delle difficoltà realizzative incontrate per alcune opere di accesso essenziali e indifferibili»; un’efficace programmazione finanziaria; la piena operatività della nuova governance composta da Simico, Anas e Rfi; la sostenibilità post olimpica delle opere raccomandando la sostenibiltà degli investimenti fatti nel lungo periodo; infine coperture assicurative adeguate per le opere non completate per i Giochi, ma comunque utilizzabili.

La conclusione: «Dopo una fase di programmazione travagliata ma ormai completa è fondamentale passare con urgenza alla concreta attuazione delle opere sfruttando gli strumenti straordinari messi in campo». 

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