L’avvocato Gentile: «Giulia ha segnato un confine, nuova coscienza sui femminicidi»
Il presidente di Penelope, traccia un bilancio a due anni dalla morte della studentessa uccisa da Turetta

«Ho vissuto la vicenda di Giulia Cecchettin come una pesante sconfitta umana. Ora però mi sento meno scombussolato per la definizione della vicenda e per i passi avanti che sono stati compiuti in questi due anni per cercare di capire le reali cause dei femminicidi. La rinuncia dell’appello da parte di Turetta e della Procura? Ora la famiglia di Giulia potrà voltare davvero pagina».
Negli ultimi ventiquattro mesi, l’avvocato Nicodemo Gentile non ha mai smesso di far sentire la propria voce nella lotta alla piaga italiana dei femminicidi.
Lo ha fatto come presidente di Penelope, associazione nazionale dei familiari e amici delle persone scomparse. Lo ha fatto come rappresentante legale della sorella di Giulia, Elena, nel processo a Filippo Turetta, condannato all’ergastolo per l’omicidio premeditato di Giulia Cecchettin, uccisa l’11 novembre del 2023 a Vigonovo e trovata senza vita una settimana più tardi nei pressi del lago di Barcis. Una storia che ha commosso l’Italia intera, provocando un movimento trasversale contro il femminicidio.
Avvocato Gentile, qual è oggi il suo stato d’animo?
«Sereno, finalmente. All’inizio di questa storia provavo un forte disagio morale nonostante l’esperienza maturata in questi anni. L’aver vissuto in presa diretta un evento così drammatico, pesante e crudele l’ho vissuto come cittadino come una sorta di pensante sconfitta umana. Provavo disagio emotivo perché si trattava di due ragazzi giovanissimi, puliti, e ancora una volta mi sono sentito sconfitto. Avevo vissuto sette anni prima storia di Sara Di Pietrantonio, uccisa dal fidanzato, ho avuto la sensazione che quei 7 anni erano serviti a nulla».
Cosa è cambiato dal suo punto di vista in questi due anni?
«Sono stati fatti passi in avanti sotto il profilo tecnico. In tema di indagini, ad esempio. Anche i processi hanno una velocità contenuta in tempi ragionevoli. Basti pensare che a breve sarebbe stato celebrato il secondo grado di giudizio».
Ecco, appunto. Dopo quella di Turetta dal carcere, ora anche la Procura generale ha rinunciato all’appello per il riconoscimento delle aggravanti dello stalking e della crudeltà. Cosa ne pensa?
«Dobbiamo prenderne atto e ritenere corretto il contegno avuto dalla Procura generale. Lo condividiamo alla luce dell’atteggiamento legittimi avuto da Turetta. Le polveri del contraddittorio e dell’agone tecnico sono bagnate, non ha più senso insistere in un contraddittorio quando ormai si sono stabilizzate alcune verità. Certo, la corretta qualificazione giuridica del fatto sarebbe stato importante ma ci sono una serie di ragioni giuridiche per le quali è giusto che la priorità vada data alla scelta di voltare pagina e chiudere un percorso giudiziario che inevitabilmente avrebbe generato nuovo dolore alle persone offese. Questa definizione anticipata consente alla famiglia Cecchettin di staccare le attenzioni da una vicenda giudiziaria che ha comunque riconosciuto che Giulia è stata punita per la sua voglia di voltare pagina. È giusto che ora la famiglia costruisca un percorso nuovo nel suo ricordo allo scopo di sensibilizzare su un fenomeno che continua ad avere numeri che lasciano basiti. La violenza di genere non può essere considerata una tragedia privata ma è ormai problema pubblico e sociale. Giulia nel 2023 è stata vittima numero 105 , 98 maturate in ambito affettivo familiare».
I casi continuano ad essere tanti, troppi. Da dove arriva allora il suo ottimismo?
«Sono stati messi tanti semi che iniziano a dare germogli verso percorso di nuove consapevolezze: la storia di Giulia è stata una linea di confine. Si sta iniziando a ragionare in modo serissimo sulle ragioni del femminicidio e sulle cause di questo fenomeno ormai strutturale. È sbagliato accontentarsi dell’inasprimento delle pene. Serve un percorso a ritroso, di natura culturale e affettivo. Vedo un fermento nella costruzione di un lessico nuovo e di una nuova grammatica dei sentimenti. Scontiamo un analfabetismo affettivo che poi genera comportamenti e sopraffazione che a loro volta sfociano in violenza e atti eclatanti».
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