Il coraggio di Sarah, dal buio di infortuni e bulimia all’oro olimpico: la storia di una campionessa di volley
Sarah Fahr, 23 anni, campionessa di pallavolo, star dell’Imoco volley Conegliano e oro olimpico con l’Italia a Parigi. I terribili infortuni, il fantasma della bulimia. Poi l’incontro in treno con un libraio e il cambio di prospettiva, la voglia di rialzarsi. Ebbene, dal 2023 in avanti è la miglior muratrice seriale del pianeta. Ha vinto tutto il possibile. Ecco la sua storia

Ci sarebbe da scomodare l’epica. Una vita di cadute, rovinose, e di mirabolanti successi. Di lacrime, rabbia, delusione, fino all’Olimpo.
Difficile, in una sola esistenza, mettere insieme il percorso compiuto da Sarah Fahr in appena 23 anni. Prima bimba prodigio, poi campionessa olimpica di pallavolo, nel mezzo a combattere con le sue insicurezze, il demone della bulimia, la lontananza dagli affetti, i gravissimi infortuni.
E’ nata a Kulmbach. Google ci dice che è l’opposto di Piombino: se tracciate una linea da Firenze a Stoccolma la trovate proprio in mezzo, al centro della Germania, sopra Norimberga, distante chissà quante ore dal mare.
Lì, dove invece è cresciuta, sul Tirreno, con il papà skipper all’Elba, mentre il nonno (prof di ginnastica) la portava in piscina a nuotare, a maneggio a cavalcare, poi scoppiò l’amore per la ginnastica artistica.
Fugace, prima di scoprire il volley, e prima che il volley scoprisse Sarah Fahr. La spinta, stavolta, fu materna, con la complicità della migliore amica del tempo. Aveva 10 anni.
Un sorriso largo così, che si apre impietoso quando ti guarda dai suoi occhi color del cielo sopra Parigi.
Gli zigomi alti, alla tedesca, la chioma bionda giocoforza raccolta. Ma ciò che più conta sono le mani, oltre ai piedi. Sì, se giochi a pallavolo e come ruolo ti hanno instillato l’urgenza di saltare sottorete, in verticale, cercando di murare a destra e a manca, giocando più da difensore che attaccante, nasce in te uno spirito di sacrificio che ti porti appresso sempre.
Anche quando altri parti del corpo ti abbandonano. Ma le mani devono arrivare al di là del campo, essere invadenti, far capire all’avversaria che no, con lei non si passa.
E per arrivare ad allungare le mani verso il cielo servono due braccia lunghe così, e piedi rapidissimi per spostarsi in un amen da destra a sinistra, da sinistra a destra, sprigionando tutta la potenza benedetta da madre natura da quei muscoli degli arti inferiori che la fanno arrivare sempre più su. Una maledetta macchina da guerra del volley.
I cambi di passo di Sarah Fahr iniziano da lontano. Da quando era un’adolescente. O da prima, quando ha iniziato a parlare. Prima in tedesco, e poi in italiano. Con le estati in Germania, i parenti in Germania, anche l’inizio del percorso scolastico in Germania, il primo aereo preso da sola a 5 anni per andare in Germania... Ma lei è italiana, eh, togliamoci ogni dubbio. Nonostante il bel mix nel sangue.
L’azzurro è nel suo dna, ce l’ha nell’anima. Ma quello stessa maglia ha rischiato di farla deragliare, eccome. Europei 2021, pieno agosto, match contro la Croazia. Rottura del legamento crociato anteriore. Chiunque sarebbe sotto un treno, in un mix tra dolore, dubbi e disperazione.
«Mi portarono subito a Roma, vidi il resto del torneo in televisione. Mi dissero che il crociato era rotto e rimasero lì, quasi con i fazzoletti in mano, ad aspettare che mi mettessi a piangere o qualcosa del genere, ma non accadde. Non mi cascò il mondo addosso, anzi, mi alzai».
Dopo la doccia va a cena con le compagne. Myriam Sylla, futura capitana, non è il tipo da tenersi tutto dentro e la guarda dritta negli occhi: «Oh, ma ci sei o ci fai?».
Sarah c’è, eccome, perché ha deciso di reagire così un’istante dopo. Non si sarebbe fatta abbattere.
«Pensai che stavo giocando proprio bene in quel periodo, che stavo acquisendo sicurezza. Pensai che, se avessi guardato a questo stop in modo positivo, avrei imparato molto su di me: fu proprio così, fu una rinascita. Se potessi tornare indietro con la macchina del tempo, l’infortunio è una cosa che non cambierei».
Era già una giocatrice dell’Imoco Conegliano. Il club più forte del momento, anche nel 2020. Un azzardo, per una ragazzina in mezzo a tante campionesse. Era arrivata nel settembre del Covid, quando il Covid sembrava dover sparire.
Anche il Covid si è preoccupato nel provare a farla deragliare. Per il distanziamento, la mancanza di socialità, i dubbi sul futuro. Voleva alzare il livello, diventare ancora migliore, così ha iniziato un regime rigidissimo di dieta, inadeguato a un’atleta del suo livello. Si vedeva sempre grassa, arrivava agli allenamenti senza mangiare.
E quando c’era il giorno libero – e quindi la libertà di mangiare – si sfogava, salvo poi mettersi due dita in gola. Il suo capolavoro è stato riconoscere i sintomi dei disturbi alimentari, e fermarsi prima che la bulimia prendesse il sopravvento.
Ci ha riflettuto, qualche volta: forse quel primo grave infortunio era uno strascico di un problema di salute mentale. Voleva essere perfetta, non è possibile per nessuno.
Il bivio della vita le si presenta davanti 7-8 mesi dopo. Tornata da una manciata di partite, è ancora in rodaggio. Troppo forse. Crac, di nuovo. Sempre il crociato. Stesso infortunio, stesso ginocchio.
La seconda volta che mi sono rotta il crociato volevo smettere. La prima l’avevo affrontata col sorriso, la seconda ero disperata, svuotata.
Invece arriva un altro incontro, di quelli che ti fanno far click: «Ho incontrato un libraio di Conegliano sul treno per andare a farmi operare — controvoglia — a Roma. Abbiamo iniziato a chiacchierare.
Mi ha detto che era un tifoso dell’Imoco e ho cominciato a vomitargli addosso il mio dolore. Mi aspettavo la sua compassione, invece era impassibile, quasi non gli importasse di quello che stavo raccontando. Poi mi ha detto che era semiparalizzato e che aveva ripreso a camminare dopo 18 anni di fisioterapia. Da allora tutto ha trovato un senso nuovo».
Tutto il male viene per nuocere? Tutt’altro. Sarah si catapulta alle lunghe e noiose sedute di fisioterapia, alle frustranti ore in palestra, al lavoro quotidiano per riallenare corpo e mente. Di fatto per tutto il 2022, dalla primavera all’inverno.
Con il ginocchio non si scherza. Lo sapeva anche Nicolò Gatti, per tutti Jimmy. Gioca a basket, gioca per la Rucker di San Vendemiano, letteralmente a due passi dall’Imoco Village. Gioca, ma sarebbe meglio dire giocava.
Rottura del legamento crociato del ginocchio destro. Gli dei dello sport non ci stanno: uno degli infortuni più micidiali per un atleta basta e avanza, mandiamo il collega che si occupa dell’amore a dare un po’ di sollievo a questi ragazzi.
Così Jimmy e Sarah si incrociano alle ore di fisioterapia, si vedono in palestra, si danno dei consigli. “Mi ha insegnato la pazienza – ha rivelato Sarah – è il mio boyfriend, lo psicologo, il coach”.
Anni dopo, fidanzatissimi e innamoratissimi – per l’anello più prezioso, dicono i rumors, c’è ancora tempo - sceglieranno proprio Conegliano come luogo del cuore. Gli infortuni a lui sono costati la carriera da giocatore – ora allena il Derthona – ma l’hanno portato a sognare un futuro insieme, comprando il terreno dove sorge un casolare (da abbattere) che diventerà il loro bed and breakfast nel cuore delle colline del Prosecco, a San Pietro di Feletto. Lei farà i dolci.
Ma non è l’amore a muovere il ritorno di Sarah. E’ la fame. Quella di vittoria. Non le basta più essere la bella speranza azzurra, la ragazza del futuro.
Vuole diventare protagonista. Il suo cambio di passo, dal 2023 in avanti, è sotto gli occhi di tutti: stiamo scrivendo probabilmente della miglior muratrice seriale del pianeta.
Che dal post infortunio è diventata una cannibale: ha vinto tutto il possibile, compresa l’ultima Champions League (a Istanbul contro Scandicci) e quella prima, ad Antalya contro Milano: tre giorni prima si era scavigliata, ha buttato le stampelle sei ore prima del match, ha fatto in tempo ad alzare la Coppa dei Campioni e poi, alla consueta festa celebrativa a Ca’ del Poggio, le ha posate solo per ballare con le sue compagne, le sue amiche, le sue sorelle. Inevitabile che poi toccasse a lei diventare la luce abbagliante del “qui e ora” velaschiano di Parigi.
C’è da spiegare chi oscurerà la vallata di Serbia, Turchia e Stati Uniti, sfoderando l’abbagliante oro olimpico?
Tra le varie celebrazioni del post-vittoria ha ricevuto l'abbraccio del suo paese natale, Piombino. Ha percepito il calore della sua gente? «Mi sono ritrovata in una bella festa organizzata per me, mancavo da casa da tanti anni, sono sempre a Conegliano e torno poco.
Ogni due passi che facevo qualcuno si congratulava con me, mi ha fatto piacere rivedere persone che hanno fatto parte della mia crescita».
Neanche una lacrimuccia tra Parigi e festa a casa? «Solo a Piombino mi sono davvero lasciata andare.
Sul palco ho versato una lacrimuccia dall’emozione per la prima volta, solo lì ho realizzato in parte quello che stavo vivendo, è stato un momento toccante». Non poteva sapere che l’attendeva un grande slam con i club: 5 trofei vinti su 5, roba da leggenda.
Sarah Fahr festeggerà il compleanno il 12 settembre, sarà appena il suo 24esimo. Le statistiche dicono che è alta 192 cm e pesa 84 kg.
E che ha già vinto 5 scudetti, 5 Coppe Italia, 4 Supercoppe italiane (è stata mvp nel 2024), un Mondiale per Club, tre Champions League. Con L’Italia, invece, ha vinto un oro in Vnl, uno agli Europei del 2021 e uno alle Olimpiadi di Parigi, oltre a un argento mondiale nel 2018 e un bronzo europei del 2019.
«Sono arrivata a Conegliano che ero appena maggiorenne, e ora inizierò la sesta stagione con la maglia dell’Imoco», spiega, «Questa cosa mi riempie d’orgoglio, mai e poi mai avrei immaginato che questa scelta mi potesse portare a questo ambiente, a questa famiglia, a questa società incredibile che per me c’è stata sempre anche nei momenti più difficili. La società ha creduto in me nel momento in cui ero una scommessa per il futuro, ha continuato a credere in me quando ho avuto i due infortuni e tutto era incerto, e c’è adesso che sta andando tutto benissimo.
Spero che questo amore duri il più a lungo possibile, non mi vedo con un’altra maglia in futuro.
Tutti quanti sono in grado di farti sentire a casa, che è come ormai mi piace chiamare Conegliano.
Sono riuscita a entrare nella mentalità del posto, ad apprezzare i luoghi. Però sono ancora giovane, ho ancora fame, ho voglia di continuare a crescere, migliorarmi e dare il tutto per tutto per questa società. Dopo i Mondiali assicuro che tornerò con il coltello fra i denti». Pronta al prossimo cambio di passo.
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