Il compito dell'alunno di dieci anni e il giudizio della maestra finito nella bufera
Il compito dell'alunno di dieci anni e il giudizio della maestra finito nella bufera

«Se fai errori puoi stare a casa»: il caso della maestra severa che ha fatto il giro d’Italia

La valutazione di una insegnante di quinta di una scuola primaria in provincia di Treviso diventa un caso. L’alunno ha cambiato istituto dopo aver dovuto affrontare crisi d’ansia e vomito, i genitori lo difendono: «Metodologia di insegnamento che ricorda i racconti dei nostri nonni»

Rubina Bon

La pagina a quadretti, la scrittura in stampatello minuscolo un po’ incerta. Dev’essere il quaderno di geografia. Si passano in rassegna le regioni d’Italia, ognuna ricordata per qualcosa. Tocca al Molise: l’alunno di quinta della scuola primaria scrive, con alcune aggiunte, che “Ad Agnone c’è la più grande fonderia di campane d’Italia”.

A seguire la valutazione della maestra, penna rossa di ordinanza: “Sinceramente sono stufa di correggere innumerevoli correzioni di verifica scritte con i piedi, piene zeppe di errori ortografici gravi e di inesattezze – scrive testualmente la docente – Se la tua idea è di continuare così, per me puoi stare a casa!”.

Succede in una scuola della provincia di Treviso, tra la zona di Castelfranco e l’Asolano, a metà maggio. Ma i genitori dell’alunno hanno voluto far emergere sulla tribuna di Treviso la vicenda solo nei giorni scorsi. E il caso è diventato nazionale.

Secondo quanto riferito dalla mamma e dal papà dell’alunno, il giudizio sul compito delle regioni era stato solo l’apice di un accanimento nei confronti del figlio passato per la punizione di restare in piedi in un angolo durante la ricreazione e la minaccia di fargli saltare la recita di fine anno

La reazione psicosomatica

«Una metodologia di insegnamento che ricorda i racconti dei nostri nonni, quando i maestri bacchettavano i bambini o li facevano sedere sui ceci», hanno spiegato i genitori alla tribuna di Treviso, «Un comportamento della docente che esula a nostro modo di vedere da qualsivoglia finalità educativa e si trasforma in una vera e propria fonte di ansia e inquietudine, fino a provocare malesseri fisici negli alunni, com’è è accaduto a nostro figlio che ha accusato manifestazioni psicosomatiche».

Risultato? Il bambino ha iniziato a non voler più andare a scuola, a dire di stare male ogni mattina con attacchi d’ansia e vomito. Così la famiglia ha chiesto consiglio ai carabinieri e poi interessato la dirigenza della scuola primaria e i vertici dell’istituto a Roma. 

«Quando il metodo pedagogico scade e si confonde con un’azione disciplinare fine a se stessa, praticata senza un obiettivo formativo, allora la scuola diventa un’attività vuota e priva di significato, il bambino smette di imparare e inizia a preoccuparsi soltanto di non far arrabbiare la maestra», continuano i genitori, «Se poi il bambino che commette una piccola infrazione viene umiliato, esposto come cattivo esempio davanti alla classe intera, finisce per perdere l’autostima, la fiducia in se stesso e la voglia di proseguire nel percorso didattico. Quello che vorremmo sollevare è una presa di coscienza del ruolo della scuola nel mondo odierno».

Il cambio di scuola

Nel frattempo è maturata nei genitori la scelta di cambiare il figlio di scuola, per garantirne la serenità. A settembre inizierà la prima media in un altro istituto.

E durante l’estate seguirà, come spiega la famiglia, «un percorso di supporto in un centro per l’età evolutiva, volto a offrirgli uno spazio di ascolto e terapia di dialogo per alleviare il suo malessere».

E la scuola? La posizione della dirigenza scolastica è stata affidata a una manciata di parole: «Dispiace che si sia deciso di far emergere questa vicenda che era stata debitamente affrontata e attenzionata».

Peraltro, spiega ancora la famiglia, «Dopo aver coinvolto i livelli superiori dell’amministrazione scolastica, abbiamo riscontrato un improvviso cambio di atteggiamento da parte della maestra: nostro figlio è stato reintegrato nella classe (dove fino a quel momento veniva escluso durante le ore della docente), è stato rimosso il provvedimento punitivo che lo obbligava a restare seduto durante la ricreazione senza poter socializzare né interagire con i compagni, ed è stato riammesso alla partecipazione alla recita di fine anno della classe quinta».

Favorevoli e contrari

Il caso da Treviso è rimbalzato sui media di tutta Italia e ha riacceso il dibattito sull’opportunità o meno di giudizi con parole tanto severe per un bambino di dieci anni. Ma anche utilizzando punizioni del tutto discutibili.

Molte le parole di condanna verso l’insegnante, ma anche il sostegno di chi afferma come stare dietro alla cattedra, al giorno d’oggi, stia diventando sempre più complesso. 

La gita in regalo

La fonderia di campane più grande d’Italia citata dal bambino nel compito che ha fatto il giro d’Italia evidentemente si è sentita tirata in ballo.

Ed è così che la Pontificia Fonderia Marinelli di Agnone, in provincia di Isernia, nelle scorse ore ha invitato l’alunno ed i suoi compagni a visitare la fabbrica in Molise. Si tratta della più antica azienda che costruisce campane in Italia e che detiene anche il primato come azienda artigiana a conduzione familiare più antica del mondo: ventisette, infatti, le generazioni della dinastia Marinelli che si sono succedute al lavoro.

«Sono in molti a sostenere», affermano i titolari, «che si sia trattato di un vero e proprio atto di bullismo da parte dell’insegnante ed è un fatto che ci ha visti indirettamente coinvolti, perché la nostra azienda è citata dal bambino nel compito “incriminato”. Abbiamo così deciso di fare un piccolo gesto simbolico di vicinanza e supporto: invitiamo lui e tutta la sua classe da noi in fonderia, saranno nostri ospiti, e potranno vedere con i loro occhi la nostra fabbrica di campane».

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