Pensioni, quando si lascia il lavoro a Nordest? L’età media tra Fvg e Veneto supera i 65 anni

Dati Inps 2024: pubblico a 67 anni, privato oltre 65. Area leggermente sotto la media ma in crescita

Riccardo De Toma

Più di 65 anni per andare in pensione. Non è un requisito di età fissato dalla legge, ma l’età media di pensionamento effettivo oggi in Italia. A dircelo è l’Osservatorio Inps, sulla base delle 446 mila nuove pensioni di vecchiaia e anticipate liquidate dall’istituto nel 2024. L’età media dei beneficiari, per la prima volta, ha superato i 65 anni, segnando una nuova pietra miliare sulla strada dell’aumento dell’età pensionabile.

Questo nell’ambito del lavoro privato, perché l’osservatorio sulle pensioni dei dipendenti pubblici, non incluse nelle 446 mila considerate, ci dice che l’età media dei neopensionati nel pubblico impiego, sempre nel 2024, era di 67,2 anni: due anni in più rispetto al dato medio dei lavoratori privati, dipendenti e autonomi. L’età media continua a crescere, tanto nel privato quanto nel pubblico, nonostante i requisiti anagrafici e contributivi siano fermi al 2019, in vista del prossimo aumento di 3 mesi nel biennio 2027-28, confermato dal disegno di legge finanziaria e dal maxiemendamento del Governo.

 

Veneto e Fvg

 

 

A Nordest si riesce ad andare in pensione prima, perché i sessantenni neopensionati o prossimi alla pensione, in particolare in Veneto, vantano carriere lavorative più lunghe rispetto alla media nazionale. Hanno cominciato a lavorare molto giovani, insomma. Ma l’aumento progressivo dell’età di uscita dal lavoro è un fenomeno ineluttabile. Si difende meglio il Veneto, come detto, con un’età media al pensionamento ancora leggermente al di sotto dei 64 anni (63,9) nel 2024, mentre il dato del Friuli Venezia Giulia, 64,7 anni, non si discosta poi tanto da quello nazionale, lasciando intravedere un imminente superamento della soglia dei 65 anni.

Trasformazione genetica

 

Se l’impatto delle riforme pensionistiche incide anche sull’andamento di breve periodo, come dimostra il forte calo delle pensioni anticipate, scese del 33% a livello nazionale tra il 2021 e il 2024, l’analisi delle pensioni vigenti e delle serie storiche Inps evidenzia una trasformazione genetica del sistema previdenziale in Italia. Un dato che balza agli occhi è quello relativo ai 13.200 pensionati tuttora viventi con pensioni maturate prima del 1981: l’età media di pensionamento, per loro, era inferiore ai 52 anni. Non andò malissimo neppure ai pensionati del 2011: sono 139mila, con un’età media al pensionamento di 55 anni.

E all’alba del nuovo millennio, nel 2001, l’età media di uscita dal lavoro era ancora al di sotto dei 59 anni: 58 per i maschi, 59,2 per le donne. Di riforma in riforma (da Dini a Sacconi, da Maroni alla Fornero) il sistema ha via via rafforzato la stretta, per cercare un difficile equilibrio e garantire la tenuta del sistema pensionistico: nel 2007 l’età di pensionamento media superò per la prima volta i 60 anni, ma è la riforma Fornero del 2011 ad avere posto le basi per una crescita strutturale dell’età.

Pensioni e speranza di vita

In tanti hanno dichiarato battaglia alla riforma Fornero, ma la realtà dimostra che si tratta di slogan elettorali, costretti prima o poi a fare i conti con la realtà. Realtà che impone di mantenere una stretta correlazione tra importo della pensione, contribuzione e speranza di vita. Oggi il sistema è diventato severo, sia nel calcolo degli importi che nei tempi: la durata attesa della pensione, in Italia, è di 21 anni, tra i 22 e i 23 anni a Nordest. Circa la metà, o poco più, rispetto agli anni di contribuzione. Le baby pensioni sembrano preistoria. E la pensione di vecchiaia, che dal 2028 si raggiungerà a 67 anni e 3 mesi, è già la principale strada di uscita per i lavoratori italiani. Con un rapporto di 1,4 lavoratori attivi ogni pensionato, trovare alternative è difficile. E le montagne promesse in campagna elettorale partoriscono topolini.

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