Viaggio nel monastero di clausura tra canti, letture e radio vaticana. La badessa: «La nostra grata non separa»
Suor Maria Zavagno racconta la vita nel monastero di Moggio Udinese: Gesù nel cuore, abbiamo lasciato il mondo senza rimpianti. «Preghiamo per chi soffre, in particolare per le genti di Gaza e dell'Ucraina»

La giornata inizia alle 5 e mezzo con la preghiera, il canto dei salmi, la lettura della Bibbia e la meditazione in attesa dell'aurora. È scandita non dall'orologio ma dal suono della campana che chiama alle orazioni, letture dei testi sacri, adorazione del Santissimo e recita del Rosario in un dialogo continuo con il Signore.
Sono nove le clarisse sacramentine del monastero di clausura Santa Maria degli Angeli di Moggio Udinese sorto nel 1985 accanto all'Abbazia di San Gallo, complesso di origine altomedievale, fondato nel XI secolo affacciato sulla valle del Fella.
La comunità è arrivata a contare fino a 40 suore in un edificio con disponibilità di 15 celle, ecco perché negli anni 2000 una parte è sciamata a Attimis. La più giovane ha 37 anni la più anziana 98. Le religiose vestono l'abito marrone simbolo della terra, una tonaca a forma di croce, il tau francescano sul quale il soggolo bianco incornicia il volto.
Il velo nero e l'anello d'argento a forma di croce sono il simbolo della consacrazione perpetua, le novizie infatti lo portano bianco. Dall'aspirantato alla professione solenne perpetua possono trascorrere 9 anni, dipende dal cammino personale, scanditi dal postulandato, noviziato e 5 anni di professione temporanea. Suor Maria Zavagno è la badessa eletta dalle consorelle. Nata a Spilimbergo è entrata nella comunità claustrale nel 1989 dopo un'esperienza di missionaria laica in Africa. Ci riceve nel parlatorio.

Come spiegherebbe la sua scelta a un bambino ?
«Gli parlerei della mia vocazione che risponde a una chiamata del Signore. Lui sa farsi capire attraverso i passaggi della vita, a noi la libertà di rispondere».
La vostra è rinuncia alla libertà?
«Per un bambino è facile capire che Gesù ha piacere di avere qualcuno che pensa solo a lui, così come nella vita la chiamata è per ruoli diversi. Noi seguiamo il santo Vangelo in povertà, castità, obbedienza e clausura, i 4 voti della regola di Santa Chiara, per rimanere sempre in sua compagnia in un rapporto d'amore, per essere il tramite fra lui e gli uomini, per parlargli delle necessità delle persone. In questa unione continua vi è il senso del dono e dell'ascolto».
Quale la motivazione, oltre la fede, della vostra scelta?
«Siamo innamorate di Gesù. Abbiamo lasciato il mondo senza rimpianti perché lui propone qualcosa di più: l'amore. La nostra vocazione è l'amore nel cuore della Chiesa non solo per i battezzati ma per tutti. Siamo chiuse e nascoste come il cuore nel corpo della Chiesa, le nostre rinunce sono un dono a Dio».
Oltre la preghiera, quali sono i vostri impegni?
«A turno ci occupiamo delle incombenze pratiche che vanno dalla pulizia dell'edificio, alla preparazione dei pasti e dedichiamo una parte della giornata all'incontro con chiunque voglia parlare con noi. Fu il vescovo Battisti a chiederci di accoglierci per dare testimonianza della nostra vita di preghiera. Realizziamo anche lavori di ricami e dipinti sacri che doniamo ai nostri benefattori».
Chi chiede di incontrarvi?
«Persone molto diverse, sempre di più in questi tempi di grande vuoto esistenziale e spirituale. Alcuni per trovare conforto a sofferenze del cuore e del corpo, altre per conoscere la preghiera, fra questi molti giovani. Hanno delle curiosità oppure vogliono criticare, cercano comunque delle risposte a una mancanza di senso della vita materiale, desiderano una via verso la vita eterna, una guida per fare delle scelte con coscienza retta. Siamo un dito puntato verso il cielo».
Cosa colpisce la società di oggi?
«La voglia di conoscere è un elemento positivo. La solitudine e il non ascolto sono gli aspetti negativi. Manca il senso di fraternità e comunità, il silenzio, parte della nostra vita, che prepara all'ascolto dell'altro».
Come vivete?
«Viviamo di provvidenza, nel rispetto del voto di povertà assoluta che è sia personale che dell'ordine. Ma non ci è mai mancato nulla, in tanti ci portano non solo cibo ma anche offerte, abbiamo tutto quello che ci serve e il di più per dare a chi ne ha bisogno».
Quali sono i vostri contatti con l'esterno?
«Ascoltiamo la radio, l'emittente vaticana e quella della diocesi, solo durante le ricorrenze importanti nel corso dell'anno. Le sera, prima di coricarci, leggiamo l'Osservatore Romano e la rivista Missioni consolata. Al mattino durante la colazione viene letta la catechesi del Papa. Preghiamo per tutti, per le persone che soffrono, in modo particolare per le genti di Gaza e dell'Ucraina, facendoci carico di prendere la loro grande sofferenza umana e portarla davanti a Gesù. La grata bianca del parlatorio non separa. È il simbolo della vita consacrata a Dio».
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