«A Cortina comandiamo noi»: cosa dicono le carte sui due fratelli che puntavano a gestire droga e appalti
Dal tentativo di estorsione ad un assessore comunale di Cortina alle minacce ai gestori di locali e agli organizzatori di eventi: le parole del giudice nell’ordinanza che ha portato all’arresto dei fratelli

«Questa è Cortina, qui comandiamo noi». Così i fratelli romani Leopoldo e Alvise Cobianchi, raggiunti da misura cautelare nell'ambito dell’indagine della Dda, minacciavano il gestore di un locale di Cortina per imporre «cocaina, i deejay e le serate».
In base a quanto emerge dall'ordinanza del gip Venezia, i due facevano parte del gruppo ultras della Lazio degli “Irriducibili”, già capeggiato da Fabrizio Piscitelli, ucciso a Roma nell'agosto del 2019. I due sono accusati, tra gli altri reati, di estorsione e rapina aggravate dal metodo mafioso e puntavano ad infiltrarsi negli appalti relativi ai Giochi olimpici invernali di Milano e Cortina.
Il tentativo di estorsione all’assessore
Tra gli episodi contestati ai fratelli Cobianchi, viene citato dal gip anche il tentativo di estorsione nel 2023 ai danni dell'allora assessore del Comune di Cortina Stefano Ghezze per «costringerlo ad assegnare appalti connessi alle Olimpiadi invernali».

I fratelli romani hanno messo in atto pressioni ad un dipendente di Ghezze perché «organizzasse un incontro con lui - è detto nell'ordinanza -,candidato alle elezioni comunali del giugno». Gli indagati lo hanno costretto ad «organizzare l'incontro tra aprile-maggio 2022, prima delle elezioni, presso l'abitazione del dipendente in cui proponevano un voto di scambio in cambio di appalti connessi alle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina».
I due, inoltre, hanno minacciato Ghezze «ad elezione avvenuta e a nomina di assessore conseguita, di ritorsioni in caso di mancato rispetto degli accordi».
L'assessore, aggiunge il gip, non ha ceduto alle richieste dei due.
Le minacce ai gestori dei locali
«Siamo dei mafiosi, non scherzare con noi», uno dei messaggi inviati dai fratelli romani a gestori di locali di Cortina.
Nelle esigenze cautelari, il gip di Venezia afferma che Leopoldo Capobianchi aveva un «ruolo direttivo anche nei confronti di suo fratello e dell'altro indagato».
Per il giudice gli indagati hanno messo in atto, oltre ad estorsioni, anche «una condotta sistematica di spaccio di droga a Cortina (...) avvalendosi di comportamenti evocativi della forza intimidatrice propria delle organizzazioni criminali di stampo mafioso».
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