Spara al ladro entrato in casa ma non viene indagato, una decisione che divide

Si torna a parlare di legittima difesa dopo il caso di Rovigo, con un pensionato che ha puntato l’arma contro il ladro, ferendolo ma in parti non vitali. Ecco perché la Procura non ha aperto un fascicolo a suo carico. Un magistrato e un avvocato interpretano la decisione

Sabrina Tomè
Legittima difesa, se ne riparla dopo il caso di Rovigo
Legittima difesa, se ne riparla dopo il caso di Rovigo

Il caso che ha riaperto il dibattito sulla legittima difesa è quello del pensionato di Rovigo che ha sparato al ladro entrato nella sua abitazione, ferendolo. La Procura ha spiegato di non averlo indagato in quanto il padrone di casa ha mirato a parti non vitali, con un’arma regolarmente denunciata, per difendersi da un soggetto travisato da passamontagna che si trovava dentro la sua abitazione e che stava cercando di colpirlo nonostante fosse scattato l’allarme e fosse stato avvisato dell’arma.

È l’effetto delle nuove norme sulla legittima difesa, così come detto dalla premier Giorgia Meloni. La legge 36/2019 rafforza la tutela di chi reagisce a un’aggressione nella propria casa o luogo di lavoro. La principale novità è che la difesa in caso di intrusione violenta o minacciosa è considerata sempre proporzionata. È inoltre prevista la non punibilità per chi reagisce in uno stato di grave turbamento emotivo dovuto al pericolo in atto.

La norma esclude la responsabilità civile verso l’aggressore, se l’azione è riconosciuta come legittima difesa. Sono state altresì inasprite le pene per reati come furto in abitazione, violazione di domicilio e rapina. Resta necessario che il pericolo sia attuale e ingiusto e che la reazione sia necessaria per difendersi. La presunzione di proporzionalità vale solo in ambito domiciliare o professionale. Il giudice valuta caso per caso la reale situazione di pericolo.

Il magistrato: «Vale se c’è pericolo e non per vendetta»

Vittorio Borraccetti, ex capo della Procura di Venezia
Vittorio Borraccetti, ex capo della Procura di Venezia

Vittorio Borraccetti, ex capo della Procura di Venezia e in precedenza magistrato all’Antimafia, la riforma del 2019 ha sdoganato il diritto, sempre, alla legittima difesa?

«Ci sono state due modifiche, nel 2006 e nel 2019. La prima ha riguardato il rapporto di proporzione: la legittima difesa è caratterizzata dalla proporzione della risposta all’offesa. È stato poi stabilito che tale rapporto c’è sempre se qualcuno usa armi legittimamente detenute per difendersi da un’aggressione a casa o in luoghi in cui esercita un’attività commerciale. È stata introdotta quindi una presunzione di proporzionalità. E nel 2019 è stata prevista una ulteriore presunzione: la difesa si presume sempre legittima se, nei luoghi di domicilio o equiparati, si usano armi per respingere un’intrusione posta in essere con violenza. È stata pertanto operata in due tempi una doppia modifica, prima dicendo che la proporzionalità tra offesa e difesa c’e sempre in determinate situazioni e poi stabilendo che comunque la difesa è sempre ritenuta legittima quando si reagisce contro un’intrusione violenta e minacciosa da parte di una o più persone. La Procura di Rovigo ha ritenuto che le condizioni in cui la persona ha agito contro il ladro rientrino nelle previsione di presunta proporzionalità e di presunta legittima difesa e quindi nonl’ha indagata. È stata fatta una valutazione».

Condivide lo spirito di queste riforme?

«C’erano stati dei casi limite in cui persone aggredite erano state poi sottoposte a procedimento per verificare se esisteva il requisito della proporzionalità. Le presunzioni possono costituire in taluni casi un problema, veicolando l’idea che si possa reagire in qualsiasi modo. D’altra parte però chi subisce una aggressione si trova in situazioni in cui non è facile decidere come comportarsi. Resto dell’opinione che un vaglio dell’autorità giudiziaria sulle condizioni che legittimano le due presunzioni sia inevitabile; non si può solo prendere atto che qualcosa è successo e passare oltre. Il timore è che possa venirne un’indicazione a fare un uso disinvolto delle armi, anche quando se ne può fare a meno. Va detto che resta fuori del tutto, sia dalla presunzione del rapporto di proporzionalità che da quella della difesa sempre legittima, la reazione di vendetta. Sparare a chi scappa non si può comunque, la difesa serve a prevenire l’offesa».

Su questo punto la legge è chiara?

«Il requisito di base per parlare di legittima difesa è che si sia costretti a difendere un diritto proprio o altrui contro un’offesa ingiusta. Insomma ci deve essere sempre una condotta che reagisce a un’offesa, a un pericolo. La stessa norma che prevede la presunzione di proporzionalità stabilisce che non deve esserci desistenza e che ci deve essere pericolo di aggressione. La difesa è sempre legittima se finalizzata impedire un’aggressione. Rispetto a prima, la riforma non permette di verificare in concreto se questi requisiti di proporzionalità e di esigenza di difesa esistano sempre».

L’avvocato: «Più margini di tutela. Ma il processo è difficile»

L'avvocato Alberto Berardi
L'avvocato Alberto Berardi

Avvocato Alberto Berardi, a Rovigo il padrone di casa che ha sparato al ladro non è stato indagato. Cosa sarebbe successo prima della riforma del 2019?

«Cosa sarebbe successo è molto difficile da ipotizzare. La riforma del 2006 aveva già stabilito che esiste un rapporto di proporzionalità tra aggressione e reazione armata da parte di chi detiene legittimamente un’arma, in caso di violazione di domicilio. Nel 2019 è stata aggiunta l’indicazione che il rapporto di proporzione sussiste sempre tra l’aggressione subita e la reazione armata in caso di utilizzo di arma legittimamente detenuta, quando si difende la propria o l’altrui incolumità oppure i beni propri, quando non c’è desistenza da parte dell’aggressore e c’è pericolo di aggressione. Questa è la prima parte della riforma. La seconda riguarda l’aggiunta di un ultimo comma dell’articolo 52: prevede che agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere una intrusione posta in essere con violenza o con minaccia, con l’uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica da parte di un’altra persona. Quello che cambia con la legge del 2019 è la presunzione legale di proporzionalità tra offesa subìta alla propria o all’altrui incolumità o ai propri beni all’interno del domicilio e la reazione armata da parte di chi detiene legittimamente l’arma. La Procura di Rovigo ha ritenuto non sussistere una notizia di reato valutando il comportamento come ascrivibile all’attuale disciplina del secondo comma, articolo 52».

La riforma ha cambiato gli spazi di manovra dei penalisti?

«La riforma amplia gli spazi per poter sostenere che una reazione con quelle caratteristiche rientra nell’ambito di applicazione di una norma che ha aumentato lo spazio di rilevanza della legittima difesa domiciliare. Ma il processo è complicato allo stesso modo di quello precedente».

E cosa cambierebbe con la proposta di legge che evita l’iscrizione automatica nel registro degli indagati di cittadini e poliziotti che fanno uso legittimo di armi?

«La valutazione della sussistenza di una notizia di reato spetta solo alla Procura e quindi non so se la valutazione sulla sussistenza del reato possa essere esclusa normativamente. Il legislatore declina previsioni generali e astratte: ho qualche perplessità sul fatto che in via generale e astratta si possa precludere alla Procura, che ha l’obbligatorietà dell’azione penale, di valutare se in uno specifico caso concreto sussista o meno la notizia di reato da iscrivere. Rovigo lo dimostra: qui c’è stata una valutazione di merito della Procura. Stabilire a priori quali siano i casi concreti che non possono costituire notizia di reato mi sembra complesso dal punto di visto processuale rispetto al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale. Come componente della commissione Nordio per la riforma della procedura penale, posso dire che il tema della limitazione dell’obbligo di iscrizione nel registro degli indagati non è stato affrontato». 

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