Falde inquinate lungo la Pedemontana Veneta, sotto inchiesta i vertici delle società: tutti i nomi
Rilevata la presenza eccessiva di Pfba che fa parte della famiglia Pfas. Chi sono gli indagati e di cosa sono accusati

Un inquinamento delle falde acquifere legato ai lavori di costruzione della strada Pedemontana Veneta in territorio vicentino. È quanto emerge dall’inchiesta dei carabinieri, coordinati della Procura di Vicenza che ha chiuso gli accertamenti iscrivendo 12 persone nel registro degli indagati e contestando la violazione del decreto 231/2001 in materia di responsabilità delle società, a Consorzio Stabile Sis e a Superstrada Pedemontana Veneta.
I fatti riguardano i lavori svolti tra il 28 giugno 2021 e il 23 gennaio 2024 nei territori di Castelgomberto, Malo e Montecchio Maggiore. Agli indagati viene contestato il mancato rispetto delle prescrizioni tecniche relative alla composizione del calcestruzzo utilizzato per le due gallerie in sotterraneo, impiegando un additivo accelerante denominato Mapequick AF1000 contenente acido perfluorobutanoico (Pfba) in concentrazioni superiori ai valori soglia indicati dall’Istituto Superiore di Sanità. Questo comportamento avrebbe determinato, secondo la Procura, una contaminazione significativa delle acque superficiali e sotterranee che insistono nelle aree interessate dai lavori. Alle società è contestata invece l’omessa bonifica e il mancato ripristino dei luoghi, nonostante la conoscenza dell’avvenuto inquinamento.
Nella vicenda giudiziaria la Regione Veneto risulta parte lesa; le indagini sono state condotte con la collaborazione dell’Arpav di Vicenza, che ha fornito supporto analitico e scientifico per la caratterizzazione ambientale dei siti interessati.
Tutti gli indagati
Le contestazioni
Il reato di inquinamento ambientale è stato contestato ai vertici della società Consorzio Sis e Spv, con riferimento alla realizzazione di due opere: la Galleria naturale di Malo e quella di Sant’Urbano. Per la prima il riferimento, in particolare, e all’imbocco lato Vicenza in territorio di Castelgomberto e all’imbocco lato Treviso in territorio di Malo.
Gli indagati, stando alle conclusioni della magistratura vicentina, non avrebbero rispettato il capitolato speciale – relativo alle norme tecniche – del progetto definitivo e in particolare la composizione del calcestruzzo proiettato. Le disposizioni prevedevano infatti che il calcestruzzo venisse additivato con acceleranti (necessari alla presa) tipo alcali-free in misura dell’8%, e comunque sempre minore del 12% in peso del cemento stesso.
Secondo la Procura, invece, l’additivante Mapequick Af 1000 sarebbe stato usato in quantità maggiori, oscillanti tra il 10% e il 15,6% rispetto al peso del cemento. Non solo: non ci sarebbe stata una adeguata analisi di conformità ambientale relativamente alle modalità di impiego dei materiali contenenti Pfas e alle possibili interazioni tra i prodotti usati.

I magistrati contestano inoltre la mancata esecuzione dei test da parte dei vertici e dei tecnici delle società, rilevando come le analisi di Arpav sui campioni prelevati abbiano portato alla luce un inquinamento ambientale «con concentrazione significativa» di acido perfluorobutanoico (Pfba) nelle acque superficiali del rio Poscoletta e torrente Poscola, in quelle del torrente Orolo Giara nelle acque sotterranee in aree del Comune di Castelgomberto, in quelle di pozzi abusivi a ridosso dei locali tecnici tra la canna nord e sud della Galleria di Malo. Per quanto riguarda invece la Galleria Sant’Urbano, gli indagati hanno rispettato le quantità limite di materiale con riferimento all’accelerante, ma non avrebbero eseguito i controlli prescritti. Anche in tal caso è stato il monitoraggio di Arpav a rilevare la presenza di un inquinamento ambientale nelle acque sotterranee di drenaggio in uscita dalla galleria con immissione nella roggia Sandri.
La difesa
Nelle prossime ore gli indagati potranno chiarire davanti agli investigatori le loro posizioni. Nel frattempo la difesa dei Dogliani, rappresentata dallo studio dell’avvocato Pierluigi Ciaramella di Torino, precisa come i materiali utilizzati siano stati acquistati dalle più grandi case produttrici al mondo. «Abbiamo certificazioni in questo senso e le schede tecniche sono a disposizione della Procura. Poiché il Mapequick è usato in tutte le grandi opere, compresa l’Alta velocità, vorrebbe dire che tutta l’Italia è inquinata. Vicino alle gallerie sorgeva la Miteni», sottolinea il legale.
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