Funerale dei carabinieri uccisi: l’umanità di Mattarella che rompe il protocollo per consolare tutti
La solidarietà del presidente della Repubblica: «Anche io vi sono vicino». Il capo dello Stato è l’unica autorità che è stata applaudita all’arrivo in Basilica

Tutto è iniziato quando tutto è finito. Il lungo silenzio dopo la cerimonia, il fiato sospeso di migliaia di persone radunate intorno al sagrato. Lo sguardo puntato sulla porta della Basilica. Finché le tre bare non ne sono uscite, una dopo l’altra. Poi l’applauso. Lunghissimo. Quindi è accaduto qualcosa che nessuno si sarebbe aspettato di vedere venerdì pomeriggio.
Tra lo stupore della piazza, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, uscito da quella stessa porta, si è diretto verso i feretri.
Con passo dolce ha attraversato il piazzale, con fare gentile si è avvicinato ai familiari dei tre carabinieri. Quindi, come un padre affettuoso che abbraccia i propri figli in un momento di dolore, il Capo dello Stato ha allargato le braccia e ha stretto a sé il ventiseienne Christian Daprà.
È il figlio del brigadiere capo dell’Arma Valerio Daprà, caduto martedì mattina nella strage che ha ucciso i tre militari a Castel d’Azzano, nel Veronese. Un abbraccio infinito, cui sono seguite delle parole di conforto. Inutili per colmare il vuoto e il lutto di quella giornata, ma potenti nella reazione suscitata.
Dal volto trasfigurato dal dolore del giovane, si è poi levato un timido sguardo di speranza.
Il presidente Mattarella ha proseguito con quel rituale, giunto in modo del tutto inaspettato a giudicare dallo stupore stampato nelle espressioni dei padovani presenti, ripetendo quel gesto carico di potenza emotiva con tutti i familiari del brigadiere residente a Paltana, quartiere a Sudovest di Padova.
Di lacrime non se ne sono risparmiate. Il capo dello Stato ha così tentato di consolare con poche parole madri, padri, compagne e figli dei carabinieri caduti.
Già gli ultimi raggi sole dorati del tramonto si dileguavano a oriente tra i tetti dei palazzi di Prato della Valle, quando un grido si è poi stagliato sopra la massa di testimoni – per lo più padovani, arrivati per dimostrare solidarietà ai propri concittadini. «Presenti!», ha gridato un uomo, probabilmente un ex militare. Un gesto al quale è seguito poi un lungo applauso che ha interrotto quel surreale silenzio che si era creato.
«Le parole di Mattarella ci sono state di grande conforto», ha riferito poi uno dei familiari del brigadiere capo Daprà, in uscita dal sagrato. Il padre dell’appuntato scelto Davide Bernardello, Fredile, ha raccontato poi di come il presidente abbia scelto parole di grande peso per dimostrare la propria solidarietà.
«Ci ha detto che ci è vicino in questo momento di lutto», ha spiegato il familiare.
Così il presidente, con una dignità e solennità che ha trovato il rispetto di tutti i presenti – tanto che è l’unica carica dello Stato ad essere stata applaudita all’arrivo e all’uscita dal sagrato – ha stretto nel suo abbraccio tutti i familiari dei carabinieri uccisi nel Veronese.
Una scena simile a quanto già era avvenuto in chiesa appena due ore prima, all’inizio del funerale, quando il presidente aveva già salutato i parenti seduti ai primi banchi di una gremita (come poche altre volte) Basilica di Santa Giustina. Ma è forse proprio perché il gesto si è ripetuto in pubblico, dimostrando così l’affetto di cui si è reso capace Mattarella, a sollevare il grande stupore della piazza.
Non si contavano i commenti di chi, testimone di quell’immenso gesto di umanità, ha sospirato: «Mattarella è il nostro presidente». Frasi sussurrate, ma che hanno trovato consensi tra la folla compatta, radunata intorno alla Basilica. Che era poi il secondo abbraccio ai familiari dei carabinieri: dopo quello del capo dello Stato, anche quello di oltre tremila persone riunite in quel luogo, per la sola volontà di esserci. E di dimostrare così che è stata una tragedia in grado di colpire una comunità intera.
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