Dal furto di Palazzo Ducale al colpo del Louvre: tutto quello che hanno in comune i “ladri del secolo”

Le ipotesi sulla banda delle Pink Panthers gli allarmi che non hanno funzionato, nessuna violenza usata dai banditi. Similitudini e differenze raccontate dall’avvocato Zancani che difese Tomić, il capo della banda di Venezia

Sabrina Tomè
Il ladro in azione in un momento del furto a Palazzo Ducale ripreso dalle telecamere di sicurezza
Il ladro in azione in un momento del furto a Palazzo Ducale ripreso dalle telecamere di sicurezza

Da qualche giorno c’è un cellulare che squilla ininterrottamente. È quello del croato Vinko Tomić. Lo ricordate? Nel suo ramo - quello dei grandi, spettacolari, furti - è sicuramente una star.

È l’uomo che nel gennaio 2018 ha firmato, insieme alla banda che capeggiava, uno dei colpi più clamorosi della recente storia criminale: quello dei gioielli del Maharaja a Palazzo Ducale. I ladri entrarono come normali turisti, comprando il biglietto di ingresso, ma quando uscirono avevano tra le mani un paio di orecchini e una spilla Cartier del valore di 2 milioni di euro. Un anno dopo Tomić e i suoi vennero arrestati, decisiva si rivelò una soffiata.

Condannato a poco più di tre anni, oggi l’uomo è libero cittadino nel suo Paese, gestisce una legalissima attività e non ha alcuna voglia di raccontare i tempi in cui calcava le orme di Lupin o, ancora di più, quelle della Pantera Rosa. Sì perché all’epoca del Ducale si moltiplicavano le voci secondo cui Tomić era uno degli uomini delle Pink Panthers, la leggendaria banda di ladri dei grandi colpi, formata da ex militari e paramilitari serbi e croati. Delle Pink Panthers si è tornato a parlare sette anni dopo, per il funambolico furto di domenica scorsa al Louvre.

Venezia, furto di gioielli a Palazzo Ducale

«Le indagini su Palazzo Ducale misero in dubbio che esistesse davvero un’organizzazione di quel tipo e, sicuramente, Tomić non ne faceva parte», assicura l’avvocato veneziano Simone Zancani che all’epoca difese il ladro croato. L’avvocato quel fascicolo lo ricorda a memoria, dettaglio su dettaglio. E, d’altra parte, come dimenticare un caso tanto clamoroso «che fu una ferita per la città di Venezia, come oggi quello del Louvre lo è per la Francia», dice il legale.

Le affinità tra i due colpi non si fermano qui, gli aspetti in comune sono svariati. C’è la profanazione di palazzi simbolo, scrigni di tesori e ricchezze inestimabili; c’è lo sberleffo a due capitali mondiali dell’arte come lo sono Parigi e Venezia; c’è la maestrìa dei ladri che hanno agito in pieno giorno camuffati da operai e da turisti; c’è l’azione pulita, senza violenza alcuna. Ma c’è dell’altro: attenzione - avverte l’avvocato - a non sopravvalutare l’abilità dei ladri e a sottovalutare l’inadeguatezza delle misure di protezione.

Lui che gli atti di indagine li ha studiati a fondo, precisa: «Quello di Palazzo Ducale non è stato un furto di straordinaria abilità da parte dei ladri nel superare i sistemi di sicurezza e di vigilanza. Al contrario. Come nel caso del Louvre, il furto è stato possibile in corrispondenza a una vigilanza scadente sui gioielli, a un’inadeguatezza degli strumenti di controllo. Al Ducale sono state manomesse le vetrine per lunghissimi minuti senza che l’allarme scattasse; c’è un tema comune con Parigi. Anche al Ducale una vigilanza corretta avrebbe impedito il furto».

IL VIDEO DEL BLITZ AL DUCALE: CLICCA QUI 

Insomma i ladri “del secolo” avrebbero avuto in realtà gioco facile. E forse anche per questo tutto è filato liscio. «In entrambi i casi non c’è stato alcun tipo di violenza. Qui non siamo in presenza di rapinatori», afferma l’avvocato Zancani.

Avvocato Simone Zancani
Avvocato Simone Zancani

Che segnala però anche le differenze tra i due furti: i gioielli sottratti al Ducale erano stati assicurati, tanto che la famiglia Al Thani venne subito risarcita. A Parigi, stando alle prime risultanze, i preziosi non avevano invece alcuna copertura: 88 milioni di euro andati in fumo. O, meglio, diventati il bottino della banda e finiti chissà dove e chissà nelle mani di chi.

Comunque sia andata, comunque finisca, c’è una cosa che accomunerà per sempre i due furti già entrati nella storia: «Rappresentano un danno molto grave per le città colpite», conclude l’avvocato Zancani, «È una sofferenza non solo per le persone che lavorano in queste realtà, ma per tutti. Come veneziano ho sofferto per la ferita subìta». —

 

Riproduzione riservata © il Nord Est