Caldo estivo, torna l’allarme ozono: la pianura padana è maglia nera d’Europa
Dossier di Legambiente: la produzione di metano è tra le cause primarie all’origine degli accumuli atmosferici. Il problema degli allevamenti intensivi e del riso, ma non in Veneto. Solo la Lombardia è messa peggio. Tutti i dati rilevati

Con l’arrivo del caldo estivo in Pianura Padana è sos qualità dell’aria per inquinamento da ozono. Ad essere attenzionati sono i superamenti di livelli di ozono in un’area della Penisola che ha già conquistato un doppio primato negativo. La Pianura padana è maglia nera in Europa per inquinamento da ozono e hotspot emissivo di metano, tra i gas all’origine dell’accumulo atmosferico di ozono.
Un inquinamento troppo spesso sottovalutato con picchi importanti soprattutto in estate e su cui è urgente attivare azioni per la riduzione delle concentrazioni delle sostanze che agiscono da precursori di questo inquinamento. Tra queste sostanze assume un peso crescente il metano, gas serra le cui concentrazioni sono in forte crescita.
A fare un punto su ciò è Legambiente che diffonde oggi i dati del nuovo dossier dal titolo “Inquinamento da ozono-il caso padano” dedicato proprio al ruolo del metano come precursore dell’ozono e in cui l’associazione ambientalista indica le sue proposte per ridurre le emissioni inquinanti come biometano-fatto-bene e transizione agroecologica.
Focus Ozono: Considerando le aree urbane del bacino padano, sono quelle maggiormente impattate a livello nazionale. Infatti, considerando i dati Ispra degli ultimi 3 anni (2022-2024), la quasi totalità (90%) dei capoluoghi di provincia ha registrato più di 25 superamenti dell’obiettivo di lungo termine (OLT) Il 55% dei capoluoghi ha registrato ben più di 50 giorni di superamento dell’OLT, con picchi massimi (oltre 70 superamenti) nelle città di Bergamo (90), Piacenza (78), Vercelli (75), Milano (74), Lecco (73), Lodi (71) e Modena (70).
Solo le località romagnole (Ravenna e Rimini) e quelle alpine (Belluno e Sondrio) rispettano i limiti normativi vigenti (meno di 25 superamenti annui). Nell’ultimo triennio i superamenti della soglia di informazione sono stati cospicui: l’80% delle stazioni urbane ha registrato almeno un superamento nel 2022, il 68% nel 2023, il 38% nel 2024, con un andamento coerente con la meteorologia stagionale.
Solo nel 2023 si è registrato un superamento della soglia di allarme (città di Bergamo). Le città più inquinate, specie quelle pedemontane, non pagano tanto gli effetti dell’inquinamento prodotto nel loro territorio, quanto le conseguenze dell’essere sottovento rispetto alle principali fonti emissive: sono le brezze estive a portare l’aria inquinata da ozono a ridosso dei primi rilievi prealpini e appenninici.
Focus Metano: in Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto si concentra quasi la metà delle emissioni nazionali di metano. Un primato riconducibile in gran parte all’elevata densità di capi bovini presenti negli allevamenti intensivi; ma anche dalla coltivazione del riso, le cui emissioni sono concentrate nei mesi estivi, quando nelle risaie, con acqua calda e povera di ossigeno, l’attività metanigena è massima.
Non va dimenticato, sottolinea Legambiente, che nel nord Italia, nelle province piemontesi e lombarde di Novara, Vercelli, Pavia e Milano, si trova la più importante area di coltivazione del riso presente in Europa, estesa per circa 2200 km2 di monocoltura. I livelli atmosferici di metano sono anche ‘guidati’ dalle concentrazioni atmosferiche medie, che alle nostre latitudini hanno superato le 2000 ppb (parti per bilione) rispetto ad un valore dell’epoca preindustriale di circa 700 ppb: le emissioni locali possono determinare aumenti localizzati delle concentrazioni, e quindi dei processi atmosferici che generano ozono, oltre a contribuire al dato globale.
«Con il primo episodio di caldo torrido, che ha colpito le regioni del Centro Nord, – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente - torna il problema dell’inquinamento da ozono, una sostanza pericolosa anche per la salute, che si forma dagli inquinanti che risiedono nell’atmosfera quando questi sono esposti a intensa radiazione solare. La qualità dell’aria peggiora come abbiamo raccontato nel nostro dossier anche a causa di altri gas precursori, tra cui il metano. Per questo è fondamentale che ogni Paese, a partire dall’Italia, faccia la sua parte per ridurre le emissioni di metano.
«Non va poi dimenticato – aggiunge Zampetti - che la Pianura Padana presenta anche un'elevata presenza di polveri sottili (PM10) e di biossido di azoto, tipico inquinante prodotto dalla combustione dei motori diesel. Lo stop alla circolazione dei veicoli Euro 5 diesel prevista dal 1° ottobre in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna, nei comuni con popolazione superiore ai 30mila abitanti, non deve essere rinviato. Si tratta di una misura tampone che deve, però, essere accompagnata da interventi e politiche strutturali che incidano su tutti i settori corresponsabili dell’inquinamento. Tra le priorità su cui lavorare occorre mettere prima di tutto al centro la mobilità urbana potenziando il trasporto pubblico, creando una rete diffusa di aree pedonali e percorsi ciclopedonali, perseguendo il modello della “città dei 15 minuti”, creando Low Emission Zones e usando politiche come Città30, già attivata con successo a Bologna, Olbia e Treviso».
I danni da ozono
L’ozono è un potente ossidante, con azione tossica in particolare verso le mucose respiratorie e oculari. La tossicità è anche più elevata per i tessuti vegetali che, in presenza di elevate concentrazioni di questo inquinante, accusano rilevanti cali di fotosintesi. Questo significa che al danno per la salute umana si somma anche un danno economico e di produzione alimentare, legato alle perdite di produttività delle colture agrarie, che nei nostri climi aggrava gli effetti delle sempre più frequenti annate siccitose. Come se non bastasse, l’ozono è anche un potente gas serra, responsabile fino ad oggi – secondo l’IPCC – di un incremento di temperatura media globale di 0,23°C, ma con grandi differenze regionali.
«Ad oggi un grosso ostacolo alla riduzione delle emissioni di metano nelle regioni padane – dichiara Damiano Di Simine responsabile scientifico di Legambiente Lombardia - è nei numeri degli allevamenti intensivi, che derivano da decenni di assenza di governo dei processi di concentrazione nella zootecnia, con il risultato di un grande numero di animali allevati in sempre meno aziende di allevamento, sempre più dipendenti dall’importazione di foraggi esteri e sempre meno in grado di gestire le decine di milioni di tonnellate di liquami prodotti. Ridurre il numero dei capi è un elemento dirimente per la sostenibilità zootecnica in Pianura Padana, e lo si deve fare puntando sull’aumento del valore e della qualità delle produzioni, anziché sulla quantità, ma ci sono anche spazi di innovazione per le pratiche agricole, sia dal punto di vista colturale che da quello impiantistico, puntando ad una migliore e più efficace gestione della materia organica»..
In sintesi, per Legambiente è necessario che le migliori pratiche, oggi volontarie, diventino elementi qualificanti per l'accesso agli incentivi sul biometano. I digestori anaerobici, sottolinea Legambiente, possono contribuire a ridurre le emissioni di metano prodotte dagli effluenti zootecnici, sostituendo un equivalente volume di metano fossile, ma devono farlo applicando le migliori pratiche costruttive e gestionali, per evitare di diventare a loro volta fonti emissive’.
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