Clima, al via la Cop30: ecco come il vertice in Brasile può ridefinire le regole del mercato globale
Andrea Ghianda, responsabile della comunicazione per la think tank italiana Ecco: «L’abbandono delle fonti fossili è il grande “elefante nella stanza”. L’Europa porta alla conferenza mondiale un nuovo piano climatico per ridurre le emissioni dal 66% al 72,5% entro il 2035, ma l’Italia spinge al ribasso»

È ora di decidere: è iniziata lunedì 10 novembre la Cop30 nella città amazzonica di Belém, in Brasile.
Al vertice globale sul clima sono attesi leader da tutto il mondo, attivisti, delegazioni dai vari Stati per negoziare nuove strategie di risposta alla crisi climatica.
Dal 10 al 21 novembre, il Brasile ospita quella che il presidente ospitante Luiz Inácio Lula ha definito «la Cop della verità», mentre per il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres «l'era dei combustibili fossili sta finendo ma dobbiamo procedere molto più velocemente».

2025, anno simbolico
La Cop (Conferenza delle parti sul clima) arriva alla trentesima edizione in un anno simbolico: nel 2025 si celebrano i dieci anni dagli accordi di Parigi, il trattato che chiedeva di limitare l'aumento della temperatura globale, con l'obiettivo di contenerlo a 1,5 °C. Target mancato, lo dicono i numeri e Guterres a pochi giorni dal vertice di Belém non ha usato mezzi termini: «Abbiamo fallito».
Il successo di questo vertice dipende anche dalla capacità di affrontare gli obiettivi fissati a Cop28 sul graduale abbandono delle fonti fossili, un grande «elefante nella stanza» per Andrea Ghianda, responsabile della comunicazione per la think tank italiana ECCO, presente a Belém.
Lo scorso anno il tema è stato quasi interamente «schivato», ma ora il presidente brasiliano Lula chiede delle linee guida concrete per un futuro senza fonti fossili, cioè tutte quelle risorse energetiche non rinnovabili.
Il tema centrale sarà «reindirizzare la finanza, per questo credo che alla Cop dovrebbero partecipare i ministri dell’Economia, non quelli dell’Ambiente» sottolinea Ghianda.

Ghianda: «L’Italia spinge al ribasso»
L’Italia negozierà alla Cop come membro del blocco europeo, uno che arriva al vertice con obiettivi ambiziosi, anche se indeboliti dall’interno anche dal nostro Paese.
«L’Ue porta alla Cop un nuovo piano climatico (l’Ndc ovvero gli obiettivi climatici per ogni Stato, ndr) che è di fatto una forbice: l’obiettivo è ridurre le emissioni dal 66% al 72,5% entro il 2035. Il livello è ambizioso e si lega all’obiettivo del 2040 di riduzione al 90%» spiega Ghianda. Nonostante i ritardi nel presentare il piano climatico, questo accordo «permetterà all’Europa di restare leader in campo climatico» conclude.
A frenare l’ambizione climatica europea c’è soprattutto l’Italia: «Il nostro Paese si è fatto per la prima volta portavoce delle voci contrarie a un aumento dell’acquisto dei crediti di carbonio», sottolinea Ghianda.
Si tratta di un meccanismo che permette all'Ue di integrare crediti di carbonio, entro certi limiti, da progetti esterni per aiutare a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni.
«Stati come Francia e Polonia hanno proposto una soglia maggiore del 10% ma l’Italia ha spinto al ribasso, il 5%, inserendo una flessibilità che indebolisce il target del 2040» sottolinea Ghianda.
Ci sono poi gli investimenti nella biomassa per cui Italia, Brasile, Giappone e India hanno siglato l’accordo “Belém 4x Pledge”: «La biomassa è una risorsa critica – spiega Ghianda – perché è scarsa. Ha poi impatti sugli ecosistemi e a livello di consumo di suolo. L’Italia intende quadriplicare i biocombustibili entro il 2035, rispetto al 2024. Considerando gli aspetti critici di questa risorsa, l’Italia ai tavoli negoziali come quelli della Cop ha perso credibilità».

Promesse non mantenute
Il motivo principale è il mancato rispetto delle promesse date. «Nel 2023 la premier Meloni aveva promesso 100 milioni di euro al Fondo per le Perdite e i danni», nato per fornire assistenza finanziaria ai Paesi più vulnerabili colpiti dagli effetti del cambiamento climatico. «Di questi soldi - sottolinea Ghianda - e di altri 300 milioni, non c’è traccia».
Mancano i soldi promessi ma anche, e soprattutto, figure e leader importanti. «L’assenza degli Stati Uniti significa prima di tutto che l’Europa non negozierà con loro ma, ad esempio, con la Cina» spiega Ghianda. «L’apertura di questa Cop ha registrato una partecipazione di leader abbastanza scarsa, circa una settantina ha partecipato. Mancava anche Meloni che ha mandato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Non essere al tavolo implica che le regole del mercato globale si decidono senza di te: alla Cop si decide il futuro dell’economia globale».
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